I volumi sono disponibili dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it. (consegna a mezzo corriere in tutta Italia) Invia un messaggio Whatsapp al 3894697296, contattaci al cell. 3457416697 o alla mail: ibuonicugini@libero.it
In vendita su tutti gli store online. In libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133), La nuova bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Nuova Ipsa Editori (Piazza Leoni 60), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele 423) Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56) Libreria Macaione Spazio Cultura (Via Marchese di Villabianca 102)

venerdì 26 aprile 2024

Giuseppe Ernesto Nuccio: Tutto il popolo conosceva il cuor dell'eroe e fremeva per la sua morte... Tratto da: Picciotti e Garibaldini. Romanzo storico siciliano

 
Per favorir l’infamia di Maniscalco aggiungeva che, dopo un momento, il morente avea rivelato i nomi di una parte dei suoi compagni. 
A quel modo Maniscalco credeva d’infamar la memoria di Francesco Riso, e, perché nessun cittadino potesse far testimonianza della incorruttibitilità dell’eroe, gli tenne al capezzale, notte e giorno, un birro, il quale doveva vietare a chicchessia d’avvicinarglisi. Ci riuscì invece don Calogero Chiarenza, cappellano dell’ospedale, e, poiché Francesco Riso, lo scongiurava affinchè gli desse notizie del padre, una notte, mentre il birro russava, gli mostrò la copia del Giornale di Sicilia che riferiva la fucilazione dei tredici e quindi del padre suo. 
L’anima del morente dovette gridar l’ultimo ruggito di dolore e quel suo cuore grande dovette scoppiare; e dovette provare il più violento odio e il più viscido ribrezzo che uomo provò mai contro quel vilissimo sgherro di Maniscalco. Onde scongiurò il cappellano perché lo fornisse di una pistola: doveva egli, con le sue mani fatte vacillanti, uccidere quel vilissimo. 
E due giorni passarono, due giorni nei quali il dolore per la morte del padre straziò e contorse in uno spasimo inenarrabile il morente. Il cappellano recò la pistola che doveva, uccidendo Maniscalco, rompere d’un colpo la catena d’infamie senza nome. 
Maniscalco tornò con quella maschera di mansuetudine sul volto e Francesco Riso strinse sotto le coltri la pistola. E come Maniscalco si voltò per allontanarsi, Francesco Riso levò l’arma; ma quelle mani, che aveano saputo impugnare saldamente il fucile contro un’orda innumerevole di soldati, non seppero impugnar a tradimento l’arma contro uno che volgeva le spalle, e ricaddero abbandonatamente. E non passò molto che la rigidità della morte prese l’eroe per sempre. 
Pure l’infamia di Maniscalco era stata completa, poiché Francesco Riso era morto col cordoglio vivo di sapersi infamato delatore! 
Ma tutti, tutto il popolo che conosceva il cuor dell’eroe, e fremeva per la sua morte, mandava un suo ruggito di vendetta in una epigrafe manoscritta e passata di mano in mano come una piccola face accesa: 

A
FRANCESCO RISO
MARTIRE INFELICE DELLA LIBERTA’ DELLA PATRIA
NON SOSPIRI DI LETARGO
NON PIANTI DI VILTA’
MA FIERI GIURAMENTI DI SANGUE
FREMITI DI VENDETTA ATROCE

Nella foto: Lapide posta dalla città il 04 aprile 1861 nel cortile della Gancia. 


Giuseppe Ernesto Nuccio: Picciotti e Garibaldini. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1860, al tempo della rivoluzione.
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato nel 1919 con la casa editrice Bemporad e arricchito dalle illustrazioni dell'epoca di Alberto Della Valle.
Pagine 520 - prezzo di copertina € 22,00
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Giuseppe Ernesto Nuccio: Sì, Francesco Riso era morto... Tratto da: Picciotti e Garibaldini. Romanzo storico siciliano

- È morto Francesco Riso. Hanno arrestato Ferraù; non vediamo Pispisedda da molto tempo.
Sì, Francesco Riso era morto e correva pel popolo la nuova dell’infamia commessa da Maniscalco su quel popolano finito eroicamente, ma con l’animo straziato. Maniscalco era andato egli stesso più e più volte a sedersi al capezzale di Francesco Riso e, sforzandosi di dare alla faccia una espressione di pietà fraterna e sollecita, aveva cercato d’indurlo a rivelare i nomi dei compagni di congiura.
Ma Francesco Riso era rimasto sempre muto, come una statua. Frattanto era avvenuta la fucilazione delle tredici vittime fra le quali il padre di Francesco Riso.Eppure Maniscalco aveva avuto cuore di tornare a tentar l’eroe, usando una di quelle infami e vilissime astuzie, che, soltanto negli animi degli sgherri e dei tiranni possono germinare: gli prometteva che se egli avesse fatta tutta la rivelazione, avrebbe liberato il vecchio padre innocente.
Ma Francesco Riso, sebbene credesse che il padre fosse ancor vivo, rimase con quelle labbra serrate e con l’aggrottamento delle ciglia, che denotavan manifestamente la repulsione a far da delatore, repulsione più viva dell’attaccamento alla propria vita, più forte dell’amore filiale.
Maniscalco però tornava torvo nell’animo e mellifluo nel viso a sedersi accanto al morente, a succhiargli, come fosse il genio del male, quello che di più puro l’eroe stava per donare alla città sua e alle sue genti; il sagrifizio della vita, dei suoi affetti, sagrifizio consumato giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto.
“Tornerete” diceva Maniscalco, ritessendo cento volte l’insidia “tornerete libero e risanato fra le braccia del padre vostro, nella vostra famiglia e in compenso non dovete che dirmi i nomi di quelli che vi trassero nel male”.
Ma Francesco Riso si rifugiava come in una torre inespugnabile, nel suo grande disdegno; e serrava la bocca e gli occhi: forse vedeva la bandiera, con quei suoi tre colori squillanti, svettar sul campanile della Gancia, mentre i birri e gli sgherri del re Borbone fuggivano incalzati dai cittadini levati in arme dal rombo della campana, che univa i suoi squilli allo sventolìo della bandiera.
Maniscalco però non si perdeva d’animo e spiava il morente; chi sa non rivelasse tutto negli accessi febbrili! Ma, stanco alfine, per sfogar l’odio rabbioso che infuriava nella sua anima contro l’eroe, faceva divulgare pel popolo che Francesco Riso avea rivelato i compagni di congiura; e per dar veste di verità alla menzogna infame, scovava un giudice più tristo di lui e, insieme, tramavano un verbale, nel quale, pure l’animo tremebondo del giudice non potea non dettare queste verità che scottavano: Riso non risponde che di essere egli l’autore del movimento: essere suoi complici tutti i siciliani: essere scopo dei suoi il vedere la Sicilia far parte del regno d’Italia: essere dolente di morire prima che avesse veduta la patria redenta. 
Questa la risposta dettata dall’anima salda di Francesco Riso: anima che tuttavia ruggiva dentro il corpo roso da quattro piaghe inciprignite; questa la risposta che il tremebondo giudice non aveva potuto nascondere; ma per favorir l’infamia di Maniscalco aggiungeva che, dopo un momento, il morente avea rivelato i nomi di una parte dei suoi compagni...


Giuseppe Ernesto Nuccio: Picciotti e Garibaldini. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1860, al tempo della rivoluzione.
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato nel 1919 con la casa editrice Bemporad e arricchito dalle illustrazioni dell'epoca di Alberto Della Valle.
Pagine 520 - prezzo di copertina € 22,00
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Dal diario dei fratelli Borghese: 24° e 25° giorno della rivoluzione, 27 e 28 aprile 1860. Tratto da: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860

Se Maniscalco e Salzano mostravano terribile ostinazione, il popolo più di loro la mostrava. L'impegno grande che tali due uomini sposavano in quelle circostanze, noi lo crediamo figlio di personale interesse, e delle proprie passioni, non mai del dovere di difendere il loro padrone; figlio del corrivo, dell'odio, e della loro prava indole: oggi la lotta non era tra Francesco Borbone, ed i Siciliani, ma sibbene tra i Palermitani, e Maniscalco e Lanza. 
Essi simulavano, e dissimulavano col re di Napoli, e sino ad oggi costui non conosceva la natura, e lo stato della rivoluzione di Sicilia.
E' vero che Maniscalco da principio la tenne come il fatto di Bentivegna, e quel di Villabbate, e di fatti il giorno 4 aprile dopo dispersi gl'insorti della Gancia esclamò; ho afferrata la rivoluzione pei capelli; ma al presente aveva dovuto correggere la sua opinione. 
Le squadre si trovavano parte a Ferrocavallo, e parte a Misilmeri, e dintorni. 
Il 27 moriva Francesco Riso!
(Nella foto: Salvatore Maniscalco) 



Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
Il Comitato era costituito da: Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Alfonso Sansone, Pipitone Federico, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga (Segretario). Il presente volume è la riproduzione anastatica di quello pubblicato nel 1910 dal suddetto Comitato, in occasione del 50° anniversario del 27 maggio.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
La prima parte comprende i documenti della rivoluzione, anteriori e posteriori al 4 aprile 1860 e fino al 27 maggio. La seconda, una scelta degli atti della Dittatura, quelli cioè che propriamente riguardano il periodo rivoluzionario, il rinnovamento politico-amministrativo della Sicilia e uomini e fatti della rivoluzione; la terza, più varia, comprende atti della rappresentanza civica, documenti riferibili alle spedizioni, diari del tempo, memorie, poesie, fra cui le memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese, il diario inedito di Enrico Albanese, le lettere di Giuseppe Bracco al conte Michele Amari, il diario di Antonio Beninati.

Luigi Natoli: Il 27 aprile moriva Francesco Riso... Tratto da: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento

Il 27 aprile moriva Francesco Riso. Trasportato sopra un carretto all’ospedale, vi subiva un primo interrogatorio dal commissario di polizia Carrega, che al cavaliere Balsano, deputato del pio luogo, testimoniava essersi il Riso “battuto come un leone”. Interrogato il domani dal giudice Uzzo, onesto magistrato, serbò il silenzio: la polizia tentò aver nelle mani il ferito, per sottoporlo chi sa a quali torture, non l’ebbe per la ferma resistenza di quei sanitari. Ciò non distolse il Maniscalco dal tormentare il Riso, non solo con gli interrogatori processuali, ma con mentite promesse e tristi lusinghe di liberargli il padre, già fucilato. E il 16 lo sottopose a lungo stanchevole esame, in segreto; col quale fece di poi compilare in ufficio un verbale dal giudice Prestipino, uomo di pochi scrupoli, sostituito all’Uzzo, giudicato onesto: il qual verbale allora e poi, diffusa ad arte la voce di gravi rivelazioni, offuscando il nome dell’eroico popolano, servì a discreditare gli uomini della rivoluzione.
Il Riso ebbe sentore delle dicerie, e qualche giorno prima di morire, se ne dolse amaramente, dicendole infamie; e si afferma aver richiesto una pistola per uccidere Maniscalco appena ripresentatosi. Ora, poichè, non ostante un vano divieto, del processo furono già estratte alcune copie, e qualcuna pubblicata, non sarà inutile fermarsi a parlarne con serenità. Gli interrogatori che figurano nel processo sono tre: il primo è del 5 aprile, e il Riso serbò un rigoroso silenzio; l’ultimo è del 17, compilato, cioè, dopo il colloquio col Maniscalco dal giudice Prestipino, per ordine del governo, come si rileva da una lettera del luogotenente generale dello stesso 17. Ora tra la relazione del direttore di polizia, riprodotta nella citata lettera, e il verbale del giudice Prestipino vi sono notevoli differenze: e soltanto si accordano nei nomi dei creduti componenti del comitato segreto; i quali, si noti bene, erano già noti alla polizia, ed erano quelli delle persone arrestate già fra il 7 e il 12, prima ancora, cioè, che il Riso avesse fatte le volute rivelazioni. Nessun altro nome vi figura; pure il Riso avrebbe potuto denunziare il Bruno-Giordano, il Tondù, i De Benedetto, il Marinuzzi, il Corteggiani, l’Albanese, avrebbe potuto rivelare come e dove s’eran preparate le armi; avrebbe potuto dire il nome di chi aveva ferito il Direttore di Polizia. Le rivelazioni non aggiungevano nulla a ciò che la polizia sapeva da altre fonti; e principalmente da G. Battista d’Angelo uno dei congiurati, che, preso il 4, non resistendo alle torture, fece propalazioni, indicò dov’erano nascoste le armi, fu cagione che la polizia mettesse a prezzo la testa del Bruno; e di lì a non molto fu trovato impiccato alla inferriata del carcere. Rimorso o giustizia.

Il documento e per le singolari condizioni onde venne redatto, e per la mancanza di forme legali e sopratutto della firma dell’interrogato, che pur sapeva leggere e scrivere, dà adito a non ingiustificati sospetti sulla sua autenticità e veridicità, in un tempo in cui la polizia creava anche documenti; e con uomini, come il Maniscalco, che anelavano raccogliere prove o fabbricarne, per procedere con estremi rigori contro gli arrestati, e segnatamente i nobili.
Ho voluto indugiare su queste accuse per scrupolosità di storico, e per ristabilire la verità; non stimando equo, per altro, il rigido giudizio di chi, credendo alle confessioni del Riso od esagerandone la portata, vorrebbe anche disconoscerne il sacrificio. Nessuno di coloro che all’ospedale gli stettero vicini lo credette propalatore, anzi il cav. Balsano, il cappellano Chiarenza e i medici curanti, che avevano stabilito intorno al ferito un servizio di quasi spionaggio, negano con testimonianze scritte, che il Riso abbia fatto le rivelazioni che gli si attribuiscono.
La città, più sicura nei giudizi, ne pianse la morte, e allora e poi l’onorò pel martirio, che segnò la irrevocabile caduta dei Borboni e l’unità della patria.
Intanto che questi avvenimenti si svolgevano in Sicilia, due uomini solcavano il mare per venire a capitanare la rivoluzione: Rosolino Pilo e Giovanni Corrao...


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

martedì 23 aprile 2024

Luigi Natoli: Le dimostrazioni del 23 e 24 aprile nel Cassaro. Tratto da: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento

Due altre dimostrazioni avvennero il 23 e il 24 aprile; chiuse le botteghe della via Toledo o Cassaro, una fiumana di popolo qui e in altre contrade; birri e gendarmi lanciati sul popolo; altri arresti. Il luogotenente generale non stimandosi più sicuro ricoverava nel Castello; e Maniscalco che il 4 aprile aveva esclamato: ho afferrato la rivoluzione pei capelli, s’accorgeva che aveva in pugno soltanto una parrucca! Sentiva che da un momento all’altro la città avrebbe ripreso le armi, e ordinava che si murassero finestre e balconi prospicienti ai bastioni e al Castello. 

Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Dal diario dei fratelli Borghese: 23 aprile, 20° giorno di rivoluzione. Tratto da: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860

Il silenzio dei giorni precedenti persuadeva ai regi che le cose andavano raffreddandosi, e che le squadre andavano a sciogliersi. Si apparecchiavano a togliere Io stato di assedio, a cantare il Te Deum,. a, ritirare la truppa nei rispettivi quartieri, a sgombrare i posti presi alle porte, e dentro la Città istessa. Però non appena il popolo sentiva tanto, si preparava alla reazione: ad ore 16 una strepitosa dimostrazione nel Toledo atterrava le ipotesi congegnate da Salzano, e Maniscalco. Sbucavano poco dopo torrenti di birri e gendarmi quali segugi che ormano l'imboscata fiera, e fiutando vicoli, strade, portoni arrestavano a dritta, e a manca. Fino ad oggi gli arresti politici fatti dopo il 4 aprile ascendevano a poco men di duemila; e duemila circa era il totale dei morti, e feriti regi. Ad ore 20 arrivarono tre legni, une Piemontese, uno americano, ed uno francese.

Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
Il Comitato era costituito da: Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Alfonso Sansone, Pipitone Federico, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga (Segretario). Il presente volume è la riproduzione anastatica di quello pubblicato nel 1910 dal suddetto Comitato, in occasione del 50° anniversario del 27 maggio.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
La prima parte comprende i documenti della rivoluzione, anteriori e posteriori al 4 aprile 1860 e fino al 27 maggio. La seconda, una scelta degli atti della Dittatura, quelli cioè che propriamente riguardano il periodo rivoluzionario, il rinnovamento politico-amministrativo della Sicilia e uomini e fatti della rivoluzione; la terza, più varia, comprende atti della rappresentanza civica, documenti riferibili alle spedizioni, diari del tempo, memorie, poesie, fra cui le memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese, il diario inedito di Enrico Albanese, le lettere di Giuseppe Bracco al conte Michele Amari, il diario di Antonio Beninati.

giovedì 18 aprile 2024

Dal diario dei fratelli Filippo e Gaetano Borghese: 18 aprile 1860, il giorno dell'eccidio di Carini. Fa parte di: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana nel 1860.


Questo fu il giorno dell'eccidio di Carini. Ebbe azione la colonna mobile che pergiungeva da Partinico, 55 6000 uomini, quattro cannoni, 80 compagni di armi, e 100 di cavalleria; una compagnia partita da Monreale, e le tre da Palermo. I nostri fecero prove di estremo valore, coprendo il terreno di 200 regi tra feriti, e morti; poscia soprafatti dal numero fecero alto nei monti.
Allora i vandali borbonici entrarono in Carini, ed incendiarono, rubarono, uccisero 10 inermi, e vecchi. Fin da questo giorno si disse avvenuto un disbarco di emigrati a Terranova.
La truppa trovavasi abbattutissima e per la continua attività e per le diverse marcie: gran parte di essa formavasi da reclute venute da fresco dalle Calabrie; uno di costoro nel quartiero S. Giacomo non potendo più soffrire il militare rigore troncossi volontariamente la vita.
I regi respinsero le squadre da Monreale, le quali ora battevansi nei monti.



Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
Il Comitato era costituito da: Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Alfonso Sansone, Pipitone Federico, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga (Segretario). Il presente volume è la riproduzione anastatica di quello pubblicato nel 1910 dal suddetto Comitato, in occasione del 50° anniversario del 27 maggio.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
La prima parte comprende i documenti della rivoluzione, anteriori e posteriori al 4 aprile 1860 e fino al 27 maggio. La seconda, una scelta degli atti della Dittatura, quelli cioè che propriamente riguardano il periodo rivoluzionario, il rinnovamento politico-amministrativo della Sicilia e uomini e fatti della rivoluzione; la terza, più varia, comprende atti della rappresentanza civica, documenti riferibili alle spedizioni, diari del tempo, memorie, poesie, fra cui le memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese, il diario inedito di Enrico Albanese, le lettere di Giuseppe Bracco al conte Michele Amari, il diario di Antonio Beninati.  

Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia, sconto 15%)
Su tutti gli store online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60) Mondadori Point di Giovanni Montesanto (Via M. Stabile 233)


Luigi Natoli: La riorganizzazione delle squadre siciliane con Rosolino Pilo capo supremo. Tratto da: La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione

 
I tre valorosi, dopo una breve sosta al monastero di S. Martino, si ritirarono sull’altipiano dell’Inserra, che a cavallo di due vallate, dominava le strade e i sentieri, e offriva modo di scoprire ogni movimento delle truppe, e tenersi in facili comunicazioni coi comuni che maggior contributo avevano dato alla rivoluzione. Di là spedirono messi ai capi delle squadre, al comitato; rincorando i dubitosi, infondendo fiducia, promettendo il prossimo sbarco di due spedizioni una da Malta, l’altra da Genova con Garibaldi; le quali il Pilo, che vi credeva fermamente, sollecitava con lettere impetuose e forse esagerate.
Convocato un consiglio, deliberato di riorganizzare le disperse squadre per riprendere l’offensiva o almeno le molestie per stancar le truppe, Rosolino Pilo che aveva già sottoscritta una cambiale di sei mila lire, per aver danari, attese a eseguire quanto si era deliberato. Si stabilì il quartiere generale a Carini, non domata dagli incendi e dalle stragi delle truppe, generosa e pronta sempre; ed ivi si ordinò il corpo di operazione: Rosolino Pilo capo supremo, Corrao comandante di tutte le squadre, Pietro Tondù alla sopraintendenza, Giuseppe Bruno-Giordano all’ispezione dei corrieri e delle guide, Giovan Battista Marinuzzi ufficiale pagatore, i preti carinesi Calderone e Misseri, che si erano battuti in quei giorni, cappellani. Ogni paesetto dei dintorni mandò il suo contributo d’uomini e denari; Torretta quarantaquattro uomini e cento onze (1275 lire); Montelepre cinquanta uomini e cent’onze; quattrocento uomini i Colli di Palermo e Capaci; centocinquanta con la musica la Favarotta, cinquanta Tommaso Natale e Sferracavallo. Si aspettavano le ricostituite squadre di Partinico, Alcamo, Piana, Corleone, Misilmeri, Marineo. Corrao a mano a mano divideva queste forze in squadre di dieci uomini con un caporale; ogni dieci squadre formavano una centuria con un capo e un sotto capo. Tra il maggio odoroso, e tra’colli e i giardini verdeggianti, il sole mirava quelle schiere esercitarsi alle prossime lotte. E intanto solcavano già il mar di Sicilia i due navigli che portavano Garibaldi e i Mille, la fortuna, la gloria della rivoluzione, l’unità della patria, il compimento di un sogno al quale, immolandosi, avevano aperta la via centinaia di martiri.
Tra il primo convegno a Piana e il concentramento delle squadre a Carini, piccoli gruppi d’insorti, o di propria iniziativa o per accordi presi molestavano continuamente le truppe; che se nessun fatto d’arme notevole avvenne dopo quello di Carini e fino allo sbarco di Garibaldi, non mancarono scaramucce e infastidimenti. 





Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Luigi Natoli: 18 aprile 1860. La strage di Carini. Tratto da: La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione

 
Il comando militare, concertata un’azione simultanea delle varie colonne mobili, diede ordini di assalire gli insorti, che, indietreggiando dinanzi al soverchiare dei regi, si concentravano a Carini. La colonna Cataldo movendo da Partinico, quella del Bosco per Torretta e Montelepre, quella del Torrebruna, rinforzata da altre milizie per la via di Capaci dovevano prendere in un cerchio le squadre. Il 18 infatti gli insorti sono assaliti; si combatte accanitamente per parecchie ore tra forze ineguali: Carini vien presa dai regi del Cataldo, che si abbandonano al saccheggio e alla carneficina. Ma il movimento aggirante, per imperizia del Torrebruna, e per non essere arrivata in tempo un’altra colonna col tenente colonnello Perrone, non riesce: gl’insorti giungono ad aprirsi un varco e a ritirarsi sulle montagne, sebbene fulminati dai borbonici. Gl’incendi, le stragi di Carini indegnarono anche il re, che censurò vivamente la indisciplinatezza e la barbarie delle truppe; segnarono un altro debito verso la vendetta popolare.
Dopo la presa di Carini, i comuni dei dintorni di Palermo ritornarono all’obbedienza; e la più parte degli uomini delle squadre, disanimati da una guerra senza speranza di vittoria, non vedendo giungere gli aiuti che erano stati promessi, non sorretti dalla fede nell’idea dell’unità che essi non capivano, adescati dall’indulto, gittavan le armi e ritornavano sottomessi nelle loro case. La causa della rivoluzione pareva perduta; quando il 20, Rosolino Pilo e Giovanni Corrao giungevano a Piana dei Greci, e con le rinate speranze riaccendevano il fuoco, non ancor domo. Pietro Piediscalzi, infaticabile, ardente, si unì tosto con loro e ricostituì la squadra, che poi tenne, fino alla morte, ai suoi ordini, pagandola del suo.
Spediti messi sicuri al comitato di Palermo, e ricevuti soccorsi di denaro e promesse, Pilo convocò i principali e più vicini capi di squadriglie; e tosto convennero il La Porta, il Firmaturi, il barone di S. Anna, e poco dopo anche Pietro Lo Squiglio, già valoroso combattente in Palermo, e legionario siciliano in Lombardia nel 1848, scampato il 18 aprile al combattimento di Carini, serbato a più gloriosa morte dinanzi le mura di Palermo. 
Presi gli accordi e separatisi da quei capi, il Pilo, il Corrao e il Lo Squiglio qualche giorno dopo lasciarono Piana dei Greci, in tempo per sfuggire a una sorpresa. E difatti i cartelli sediziosi sparsi dal Comitato segreto di Palermo, nei quali si annunciava l’arrivo “dei prodi emigrati”; il ripreso coraggio dei “tristi”, come avvisava il luogotenente generale, che “si presentavano a una nuova riscossa”; le notizie delle spie, forse, avevano indotto il governo a ordinare l’occupazione di Piana dei Greci nella notte sopra il 25 aprile.



Fa parte di:
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

martedì 16 aprile 2024

Luigi Natoli: Rispose fieramente il Corrao di non esser venuti in Sicilia per tornare indietro... Tratto da: La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione

 
Pilo e Corrao partirono il 12 aprile in pellegrinaggio di propaganda, non temendo le compagnie d’armi e le colonne mobili e i birri, che la polizia avvertita del loro sbarco, avrebbe sguinzagliato sulle loro tracce. La polizia già da qualche tempo innanzi era stata avvisata dai suoi agenti; e sul finire del ‘59 il luogotenente generale aveva scritto al sotto-intendente di Termini, di un prossimo sbarco del “noto agente mazziniano Rosolino Pilo associato a uno dei fratelli Orlando”. Non di meno nulla seppe per allora dell’avvenuto sbarco, e i due audaci poteron procedere indisturbati nel loro cammino. A Barcellona un vecchio liberale, pauroso degli apparati del governo, li consigliò di non proseguire, comunicando che la rivoluzione di Palermo era fallita: rispose fieramente il Corrao di non esser venuti in Sicilia per ritornare indietro, e che avrebbero preferito consegnar la testa al carnefice, piuttosto che esular novamente: eran venuti per la rivoluzione e l’avrebbero fatta, tanto più che forse in quell’ora Garibaldi si apprestava a venire. Pilo abbracciò il compagno. 
Ripreso il cammino, per dove passavano, convocavano i giovani, li esortavano a prendere le armi, insegnavano a costruire bombe; accendevan dovunque fiamme di libertà; e d’ogni cosa ragguagliavano con lettere ardentissime i fratelli Orlando, Garibaldi, Bertani, Fabrizi.
Più s’avvicinavano a Palermo, e più visibili erano i segni della rivoluzione. Cinque bande d’insorti tenevano principalmente il campo, e contrastavano cotidianamente coi regi: quella di Alcamo comandata dai Sant’Anna, quella di Partinico con a capo Damiano e Tomaso Gianì, (questi ancor vive ottantenne) quella di Piana dei Greci capitanata da Pietro Piediscalzi e da Luigi Zalapì, quella di Corleone condotta dal marchese Firmaturi, alla quale si erano aggregati Domenico Corteggiani e Giovan Battista Marinuzzi; quella di Cerda e di Ciminna guidata da Luigi La Porta. V’erano inoltre le squadre della contrada dei Colli, di Carini, Cinisi, Torretta, a capo delle quali erano il d’Ischia, il Bruno-Giordano. Pietro Tondù, i due fratelli Ajello, il padre Messeri, i fratelli De Benedetto.
Le squadre di Carini, di Cinisi, dei Colli, dopo i combattimenti di San Lorenzo si erano ritirate sull’Inserra; quella di Partinico unitasi con quella d’Alcamo, errava sui monti sopra Monreale; quella di Piana, dopo gli scontri sostenuti, si era ritirata a Piana per rinforzarsi, ed ivi infatti era stata raggiunta dalla squadra di Corleone e da molti animosi dei comuni vicini; coi quali, ripresa l’offensiva, sollevati Misilmeri e Belmonte aveva rioccupato il convento di Gibilrossa.
Contro queste squadriglie, che formavano un semicerchio intorno alla città, molestando continuamente gli avamposti e le pattuglie e i piccoli distaccamenti, il governo dell’isola, sollecitato da quello di Napoli e più propriamente dal re, spedì alcune forti colonne mobili. Al generale Cataldo fu assegnato il compito di sloggiare gl’insorti da Gibilrossa, occupare Villabate, Misilmeri, Marineo, spingersi sopra Piana dei Greci, S. Giuseppe delle Mortelle e fermarsi a Partinico. Al maggiore Bosco e al maggiore Morgante, era dato incarico di osteggiare le squadriglie tra Monreale e Boccadifalco; mentre altra colonna sotto gli ordini del tenente colonnello Torrebruna doveva spazzare le campagne dei Colli, fino a Carini. La colonna Cataldo si mosse l’11 di aprile;ma senza mai venire a una vera e propria fazione. Si capì che la tattica delle squadre, era “di non farsi raggiungere mai dalle regie truppe, a solo fine di stancarle, protrarre l’agitazione, e ritardare... il ristabilimento dell’ordine”. Per il che, a troncar una guerra faticosa e senza risultati, il re di Napoli mandava segrete istruzioni per la distruzione delle bande, con la forza da una parte, con gli indulti e spargendo la diffidenza e il tradimento, dall’altra.


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Luigi Natoli: Sbarcano a Messina Rosolino Pilo e Giovanni Corrao... Tratto da: La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione


Fin dal novembre del 1848, da Malta, Giovanni Corrao aveva scritto a Rosolino Pilo, proponendogli di accompagnarsi a lui per uno sbarco nell’isola, ad accendervi e capitanarvi la rivoluzione. Tutti e due repubblicani e mazziniani, esuli, noti per la parte presa nella rivoluzione del 1848, prodi, audaci, fervidi nel cospirare, pronti nell’agire, fidenti l’un dall’altro, si intesero.
Rosolino Pilo e Gioeni, dei conti di Capaci, biondo e bello e di gentile aspetto, cuor di leone in gracile petto, aveva sempre caldeggiato una spedizione in Sicilia, o per lo meno in qualche parte del regno di Napoli; e d’accordo con Mazzini, aveva sul proposito da Londra, da Genova, da Malta, spronato con lettere i patriotti dell’isola. A Genova, come narrammo, aveva già fin dal 1855 concertato con gli altri esuli e con Garibaldi uno sbarco in Sicilia, che la timidezza o se vuolsi la prudenza di molti non fece mandare a effetto: onde, accolto con calore il disegno di Carlo Pisacane, gli si era fatto compagno, e gli era stato valido aiuto nella preparazione. Ma, per colpa non sua, gli era fallito accompagnarlo nella spedizione finita così tragicamente a Sapri: forse perché il fato riserbavagli morire nella terra natale, sotto il sole che lo scaldò giovinetto. Costretto a fuggire in Malta, perché temuto dal governo piemontese come pericoloso mazziniano, e poi a Londra, s’era dato a concertare col Mazzini, col Crispi e con altri di parte democratica i mezzi per promuovere l’insurrezione siciliana.

Giovanni Corrao, popolano, nerissimo di capelli e di barba, volto tagliente e fiero; rude, incolto; coraggio senza pari, risolutezza ignara di indugi, aveva durante la rivoluzione del 1848 meritato onorevole decreto dal Parlamento siciliano. Esule dopo la caduta di Palermo, ritornato poco dopo illuso, come il Garzilli, che si potesse ritentare una insurrezione, era stato arrestato e relegato in Ustica; donde, dopo un tentativo fallito di evasione, fu trasportato in Messina. Ed ivi aveva languito fino al 1855, quando liberato ed espulso aveva ripreso la via dell’esilio e delle cospirazioni.
Incalzando gli avvenimenti, e stimandosi prossima la insurrezione di Palermo, Rosolino Pilo chiese a Garibaldi armi, munizioni e denaro, per correre in Sicilia e mettersi alla testa del movimento; sperando che il Comitato nazionale pel Milione di fucili, avrebbe fornito ogni cosa; che a lui si sarebbero associati Nino Bixio e Giacomo Medici; e che Garibaldi, cui facevano capo gli esuli siciliani, a un avviso, sarebbe corso in Sicilia, come aveva promesso. Ma Garibaldi, non credendo maturi i tempi, lo dissuase. La sua lettera è del 15 marzo 1860. Rosolino Pilo non ebbe nulla dal Comitato, né un fucile né un soldo; e non ebbe il concorso degli amici: ebbe invece lettere da Palermo che l’avvertivano tutto esser pronto. E il 26 marzo egli e Giovanni Corrao, soli, senz’altre armi che le loro rivoltelle, delle bombe tascabili e pochi fucili; con poco denaro fornito da Mazzini e dagli Orlando; soli col loro coraggio, con la loro fede, con la virtù del sacrificio; nella paranza di Silvestro Palmarini, pilota Raffaele Motto, salparono argonauti della libertà, da Genova, affrontarono le tempeste del Tirreno, videro la piccola nave minacciata, rischiarono di cadere su le spiagge napoletane; stettero quindici giorni tra cielo e mare con la morte sospesa sopra di loro. Rosalia Montmasson moglie di F. Crispi, era andata in Messina prima di loro, per avvertire e concertare con gli Agresta ogni cosa per lo sbarco; ma per ragione delle tempeste, sbarcati con grande ritardo, il 10 di aprile, a Grotte sul lido messinese non vi trovarono chi secondo il convenuto doveva aspettarli. Videro però i cannoni regi della cittadella bombardare Messina.
Già alla notizia della insurrezione di Palermo, la città aveva con grandi dimostrazioni minacciato di insorgere: ignorando ancora che quel movimento era fallito, e credendo a esagerate notizie di vittorie popolari, ora si levava; avvenivano conflitti con la sbirraglia; le truppe prendevano posto di combattimento; i forti cannoneggiarono; e senza le vigorose proteste di consoli, il Borbone avrebbe forse scritto nella storia della sua casa un’altra pagina di sangue. Il Pilo e il Corrao veduto qualcuno del comitato messinese, sbarcate e nascoste le poche armi in luogo sicuro, raccolte notizie da Catania e dai dintorni, mossero alla volta di Palermo...


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

venerdì 12 aprile 2024

Giuseppe Ernesto Nuccio: Il poeta Camarrone è vivo! Tratto da: Picciotti e Garibaldini. Romanzo

Passavano ora i condannati fiancheggiati dai tredici cittadini spinti da De Simone e fiancheggiati dai tredici crociferi. Ma i condannati avevan diritta e rigida l’andatura; e levavano alti i piedi quasi tentassero di salir degli scalini: la benda stretta e spessa sui loro occhi doveva far cupo il buio, cupo come la morte imminente. Certo avvertivano quel mormorìo indistinto; forse sentivano su loro gli sguardi rigidi di occhi sbarrati, e camminavano saldi verso la morte.
- Che fanno. Li fucileranno, qui? – si chiedea spasmodicamente Pispisedda. Similmente forse ciascun cittadino si ripetea la medesima domanda, con lo stesso spasimo folle nell’animo.
E quando i condannati quasi toccarono il muro furono disposti in linea orizzontale: una fila nera, cupa come di fantasmi.
S’udì un ordine e la fila nera s’abbassò d’un tratto dimezzata. Pispisedda si rizzava sulle punte dei piedi e sbarrava gli occhi – quasi avesse voluto vincere un sonno pesante – e guardava ostinatamente. I condannati ora stavano in ginocchio. A uno a uno gli accompagnatori e i preti si staccarono, stentatamente e vennero avanti con quella grande croce rossa, sulla tunica nera, che pareva una larga macchia di sangue.
E la fila nera dei condannati parve ingigantirsi, allungarsi infinitamente, come se lo spazio si fosse raddoppiato, come se le case stesse si fossero arretrate improvvisamente.
E si fece un silenzio alto, cupo, come se i cuori stessi si fossero fermati.
E, quasi sbucassero improvvisamente dal suolo, tre file di tredici soldati, uno dietro l’altro, si piantarono nello spazio, di fronte alla fila nera dei condannati.
E il silenzio si fece più alto ancora e su tutti passò rapida, una zaffata di vento ghiaccio che gelò i cuori.
S’udì alle spalle un trotto rapido, alto. Un soldato a cavallo irruppe nello spazio, recando un plico.
Pispisedda non seppe chieder più nulla a se stesso.
Ecco davanti a lui la fila nera, cupa, che doveva essere abbattuta d’un colpo; e non ebbe la forza di serrar gli occhi per non vedere, o di tapparsi gli orecchi per non udire: restò sulle punte dei piedi, irrigidito, con gli occhi sbarrati.
Egli vide, vide i soldati a prender la mira coi fucili; vide l’ufficiale a dar il segno con la spada; vide tre nugoli di fumo scattar da le canne; udì uno scroscio simultaneo e vide che, dopo lo sparo, la prima fila di soldati balzò addietro. E vide altri tredici nugoli di fumo scattar da altre canne di fucili e s’udì un altro scroscio e vide la fila, la fila nera abbattersi di schianto, tutta insieme come se il terreno fosse affondato improvvisamente.
S’udirono alti singhiozzi.
- È vivo, è vivo! – gridò qualcuno a un tratto.
- Il poeta Camarrone, è salvo!
- Ora lo graziano, ora lo graziano!
Un infermiere e un crocifero accorsero.
- Sono vivo! – grida Camarrone tentando di levarsi.
Ma subito, il prete e l’infermiere arretrano. È stato dato un ordine. Altri tredici nugoli di fumo scattano, un altro scroscio e anche l’ultimo martire cade riverso, accanto agli altri colpiti che dànno gli ultimi strattoni tra fiamme e fumo.
- Bruciano, bruciano! Hanno usato le palle infocate! – grida qualcuno, esterrefatto.
- Spegnete, spegnete il foco, assassini! – urla qualcuno. Ed ecco che alcune donne accorrono e versano, pietosamente, secchiate d’acqua e terriccio sui morti. Ma i soldati danno la carica, spingono le donne per far largo ai tre carri recanti le casse da morto.
- Li portano al camposanto, ora.
Il cigolìo e lo stridìo dei carri è rotto soltanto da scoppi di singhiozzi mal repressi.
E Pispisedda tornò a guardare. A uno a uno, i cadaveri vennero gettati nelle vaste casse. Si intravedeva nell’aria un corpo con le braccia, le gambe e il capo penzolanti; e s’udiva il tonfo alto, cupo del cadavere buttato nella cassa. Sulle casse poscia fu gettato un incerato largo; ma l’ultima, ch’aveva cinque cadaveri invece di quattro, mostrava anche sotto l’incerato la forma d’un corpo.
E il tristissimo corteo si mosse.
Come i carri passavano, le donne sbottavano in singhiozzi e mormoravano alto: “O figli, figli, figli!”. E gli uomini, i pochi uomini che avevano potuto resistere, facendosi bianchi e cupi in viso, si scoprivano...



Giuseppe Ernesto Nuccio: Picciotti e Garibaldini. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1860, al tempo della rivoluzione.
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato nel 1919 con la casa editrice Bemporad e arricchito dalle illustrazioni dell'epoca di Alberto Della Valle.
Pagine 520 - prezzo di copertina € 22,00
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Giuseppe Ernesto Nuccio: Le trecidi vittime, andavano con quel loro atteggiamento che urlava la sfida! Tratto da: Picciotti e Garibaldini. Romanzo storico siciliano

S’udì tosto un tonfo alto di passi.
- Attraversano il ponte... Eccoli. Sono i condannati – gemette Pispisedda scolorandosi in viso e sentendosi mancar la voce.
Sulla porta comparve un drappello di soldati a cavallo, seguito da un altro di soldati a piedi, che chiudeva tre file di uomini: a destra, una di preti con una gran croce rossa sul petto; nel mezzo, la fila dei condannati, coperti dal sacco, bendati gli occhi, legate le braccia alla schiena; a sinistra la fila dei tredici uomini chiamati un momento avanti dallo sbirro De Simone tra i quali c’erano lo zoppo e il villanello. Ai fianchi e alle spalle, i soldati a piedi e a cavallo con le baionette inastate.
- Li fucilano! – gemè Pispisedda con un soffio di voce.
I soldati avanzavano tutti con le schiene curve, le fronti chine. I condannati, invece, andavano eretti tutti e tredici e con quel loro atteggiamento che urlava ancora la sfida!
Pispisedda e Ferraù si mossero, fiancheggiando il corteo con l’animo straziato, quasi essi stessi fossero portati alla fucilazione.
Il corteo entrò nella via Piedigrotta. Gente s’affacciava spiando dai balconi, dalle finestre e tosto arretrava smarrita. E una dopo l’altra, tutte le imposte, tutte le porte si rinserravano. S’udiva alto ancora il salmodiare tristissimo dei crociferi, e il trepestìo uguale, soffocato s’accompagnava al mormorìo. Poca gente aveva animo di seguire il corteo.
- Don Giovanni Riso – disse qualcuno, con voce strozzata accanto a Pispisedda.
- Il poeta Camarrone – aggiunse un altro.
Così, uno dopo l’altro, a traverso il fitto velo nero, i condannati venivan riconosciuti dalla gente; e i nomi eran mormorati sommessamente come se la voce uscisse dalla gola smorzata dall’ambascia.
- Dove li portano, dove li portano? – gemeva Pispisedda andando cecamente, senza coscienza. Svoltarono a sinistra. Lo spiazzo di Porta San Giorgio era già zeppo di soldati i quali, come il corteo comparve, sospinsero la poca gente addietro, facendo il vuoto dal muro fino alla carraia.
- Qui li fucileranno? – fece Pispisedda, atterrito.
Il drappello dei soldati a cavallo, che precedeva il corteo, si allineò ad arco, dalla proda dell’altro marciapiede al muro delle case, gettando addietro qualche cittadino il quale si lasciava sospingere e quasi schiacciare come se avesse perduto ogni coscienza. Non s’udiva alcuna voce, alcun richiamo, alcuna protesta: parea un gruppo sperso di muti o di mentecatti, con occhi e bocche spalancati e braccia e gambe dinoccolate; ombre addossate le une alle altre, quasi a sostenersi.
Accadeva improvvisamente un fatto talmente straordinario che le menti sconvolte, disfrenate in un arrovellìo di pensieri tumultuanti erano cadute in un assopimento grave.
La realtà del momento era così incomprensibile da perdere i suoi veri aspetti.
- Che fanno? Li fucileranno, qui? – si chiedeva spasmodicamente Pispisedda stringendo il braccio destro di Ferraù. Ma quello, ciondolando, andava avanti e addietro, che pareva un ebbro; un ebbro tutto chiuso in un cupo pensiero...


Giuseppe Ernesto Nuccio: Picciotti e Garibaldini. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1860, al tempo della rivoluzione.
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato nel 1919 con la casa editrice Bemporad e arricchito dalle illustrazioni dell'epoca di Alberto Della Valle.
Pagine 520 - prezzo di copertina € 22,00
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Luigi Natoli: 14 aprile 1860. La sentenza di morte contro 13 fra i prigionieri del 4 aprile. Tratto da: La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione.

Ma il 14 la città era funestata da una tragedia, compiuta anche contro la volontà del re Francesco. Il quale, informato subito del moto di Palermo, accogliendo il suggerimento del ministro Cassisi, che non convenisse tingere di sangue i gradini del trono alla sua prima ascensione, e che la grazia avrebbe prodotto un eccellente effetto in Sicilia, ordinava fosse telegrafato al Salzano, che ove il consiglio di guerra dovesse pronunziare sentenze capitali contro gli arrestati del 4 aprile, si fossero sospese, e se ne facesse rapporto per le risoluzioni. E il telegramma, perché avesse tutta la pubblicità, anzi che in cifra, fu subito spedito nell’ordinario linguaggio, così da essere conosciuto in tutta la linea sino a Palermo.
Ma il governo di Sicilia tenne occulto l’ordine del re; e spingendo alacremente gli atti processuali, dava chiaramente a vedere quali fossero le sue mire selvagge; onde il re nuovamente faceva scrivere delucidando che la sospensiva della sentenza si riferisse a coloro, che avevano preso parte agli avvenimenti del 4 aprile. Invano. Il Maniscalco, più realista del re, credendo per le agitazioni cresciute più salutare un esempio di crudeltà, faceva dal consiglio di guerra, il 13 aprile, pronunciare sentenza di morte contro tredici fra i prigionieri, “nella supposizione – dice la sentenza – che sieno essi i promotori e complici” del delitto di insurrezione. E la sentenza, fra lo scoramento e il lutto della città, fu eseguita il 14, verso il mezzodì a porta S. Giorgio. Dei tredici fucilati dieci erano degli arrestati del 4, tre furono i presi nei conflitti, come narrammo.
La città ne raccolse i nomi, e decretò loro onore di monumento per tramandar la memoria del sacrificio; ora ne ha raccolto gli avanzi e tumulati con civili onoranze. Furono Sebastiano Camarrone, Domenico Cucinotta, Pietro Vassallo, Michele Fanaro, Andrea Coffaro preso in Bagheria, Giovanni Riso, Giuseppe Teresi preso alla Guadagna, Francesco Ventimiglia, Michelangelo Barone, Nicolò di Lorenzo, Gaetano Calandra, Cono Cangeri e Liborio Vallone preso a Monreale.
Tanta strage, se strinse i cuori di cordoglio, non disanimò i cittadini... La sera dopo fu tentato un altro assalto alla VI Casa e vi perdettero la vita due birri e un trombettiere. 
Successero alcuni giorni di tregua apparente. 
(Nella foto: Piazza XIII vittime in una foto del 1905)



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store di vendita online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Mondadori Point di G. Montesanto (Via M. Stabile 233) La Nuova Bancarella (Via Cavour)

Dal diario dei fratelli Filippo e Gaetano Borghese: 13 aprile 1860. Ad ore 22 nel Toledo fra' Giuseppe Gustarelli cominciava pel primo a gridare libertà... Tratto da: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860

Le squadriglie che trovavansi nei dintorni di Misilmeri molestate dalle continue colonne mobili che da Palermo mandavansi, e ponderata meglio la lor posizione, stimarono opportuno riunirsi a quelle che occupavano le alture di Monreale. In questo giorno istesso attaccavansi con i soldati, i quali sfrontatamente mandarono a Palermo per rinforzo: al momento partiva una compagnia la quale ebbe la peggio.
Il pensiero di eseguire la dimostrazione era oramai maturato. La manifestazione del pensiero di Palermo era necessariissima pel diportamento di tutti i paesi dell'Isola, pei quali la capitale era come di faro ai loro sguardi. E non solo pei paesi dell'isola, ma ancora la dimostrazione giovava ad ingagliardire gli animi delle squadriglie; giovava a sollecitare, e meritare gli ajuti dei generosi fratelli d'Italia. — Epperò se gli scontri dei coraggiosi insorti nei monti sostenevansi a prezzo d'immensi sacrifici, e sangue, non era d'altro verso prive di grandi pericoli l'eseguimento di una dimostrazione. In vero le strade tutte quante popolate da spie e birri, capaci di metterti le mani addosso per un gesto, uno sguardo, un mal represso sospiro; e poi il nerbo, la corda, i bagni freddi, la bajonetta, e peggio! Pertanto dai più la dimostrazione in simile posizione estimavasi come mezzo sicurissimo di cadere negli artigli della polizia. Mancavano adunque i fautori: e le persone che vantavano probità, ed ascendente sul popolo non solo negavnnsi, ma ben anco la sconsigliavano assolutamente. Soltanto pochi giovani ebbri nell'amar di patria giurarono imperterriti di gridare libertà nell'orrendo volto dei birri. Ad ore 22 nel Toledo Giuseppe Gustarelli da Messina, frate Basiliano cominciava pel primo a gridare libertà, accompagnato da altri giovani, che or noi nomineremo per loro gloria. Tal possente grido fu elettrica scintilla pe' liberi cittadini; fulmine pei birri. L'inerme trionfava sull'armato, e lo incadaveriva per la paura, e pel terrore. La vile sbirraglia estrerrefatta restò inchiodata a' posti. Dopo le acclamazioni fitte nel Toledo si usci pel vico Sant'Antonio, e spuntando a' Crucilèri si gridò nella strada Macqueda: si entrò poscia nella strada Candelai, ove le donne da' balconi egregiamente corrisposero alla sublime voce di libertà. Si tornò di nuovo nella Macqueda. e si proseguì sino al vico Scesa dei Giovenchi. L'ora era ormai tarda, e fu forza arrestarsi. Poco dopo Maniscalco accompagnato da altri infamissimi satelliti passeggiò lentamente la strada Macqueda, quasiché volesse avvelenare con la sua presenza quell'aria, che momenti prima era stata purificata dalle voci de' liberi petti. Invano la bava del serpente asperse il germogliante fiore: da quel fiore doveva necessariamente prodursi il frutto.
Ecco i nomi di quelli che organizzarono, ed eseguirono la dimostrazione: Giuseppe Gustarelli, Ignazio Eliodoro Lombardo, Gaetano e Filippo Borghese, Rosario Ferrara, Salvatore e Filippo Bozzetti, Giuseppe Tagliavia, Antonino, e Giovanni Orlando, Antonino Stancanelli, S'incenzo Piccolo, Giuseppe, ed Angelo Busà, Scipione Perrone, Pietro Porcelli, ed altri.


Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
Il Comitato era costituito da: Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Alfonso Sansone, Pipitone Federico, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga (Segretario). Il presente volume è la riproduzione anastatica di quello pubblicato nel 1910 dal suddetto Comitato, in occasione del 50° anniversario del 27 maggio.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia, sconto 15%)
Su tutti gli store online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60) Mondadori Point di Giovanni Montesanto (Via M. Stabile 233)

Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860: Memorie storiche dei fratelli Filippo e Gaetano Borghese.I 65 giorni della Rivoluzione di Palermo nell'anno 1860. Avvertenza.

I fratelli Filippo e Gaetano Borghese da Novara di Sicilia, nell’anno 1860, si trovarono in Palermo; il primo come professore di filosofia e lettere, il secondo quale studente di medicina. Essi presero viva parte nei memorandi fatti di quell’anno, tanto nel periodo della cospirazione quanto in quello della rivoluzione, ed ebbero la felice idea di notare giorno per giorno quanto avvenne d’importante.
Entrato Garibaldi in Palermo, corsero fra i primi alle barricate, ove combatterono finchè non arrise la vittoria. Sgombrate le truppe borboniche della città, essi ricordarono frettolosamente le raccolte note e le pubblicarono nei primi di Giugno 1860 in mille copie, delle quali 700 si vendettero in una settimana. Dopo ciò il fratello maggiore, Filippo, ritornò al paese natale, dedicato sempre nell’insegnamento; il minore, Gaetano, si arruolò volontario nei Cacciatori delle Alpi e seguì Garibaldi nella campagna del 1860-61.
Più tardi entrò, come medico militare, nell’esercito regolare, dal quale si ritirò dopo 25 anni di servizio. Ora, tenente colonnello medico a riposo, si trova nella sua Novara che ha illustrato con otto lavori di soggetto diverso, non contando altre pregevoli pubblicazioni, fra le quali, di notevole interesse, quello sulla Dittatura e sul Suicidio nei civili e nei militari.
È appunto il Diario di questi fratelli Borghese che ora viene ripubblicato nella sua integrità e che porta per titolo: I 65 giorni di rivoluzione a Palermo nel 1860.
Nel libretto, contro l’usanza, gli autori vollero mettere, oltre che l’anno (1860) anche il mese (Giugno) onde far vedere la precocità dell’opera.
 
Palermo, Marzo 1910

Tratto da: Documenti e memorie del 27 maggio 1860 a cura del Comitato Cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860. Il Comitato era costituito da: Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Alfonso Sansone, Pipitone Federico, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga (Segretario). Il presente volume è la riproduzione anastatica di quello pubblicato nel 1910 dal suddetto Comitato, in occasione del 50° anniversario del 27 maggio.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia, sconto 15%)
Su tutti gli store online e in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60) Mondadori Point di Giovanni Montesanto (Via M. Stabile 233)