I volumi sono disponibili dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it. (consegna a mezzo corriere in tutta Italia) Invia un messaggio Whatsapp al 3894697296, contattaci al cell. 3457416697 o alla mail: ibuonicugini@libero.it
In vendita su tutti gli store online. In libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133), La nuova bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Nuova Ipsa Editori (Piazza Leoni 60), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele 423) Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56) Libreria Macaione Spazio Cultura (Via Marchese di Villabianca 102)

venerdì 14 luglio 2017

Luigi Natoli: I figli della Libertà e la Battaglia di Milazzo. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Sceso sulla strada, il Gene­rale ordinò al Missori di spingere all'assalto parte del battaglione Dunne, i giovanetti figli della Libertà, che fremevano, come puledri che urtano allo stabio, per cor­rere nei campi.
Al batter della carica, quei giovinetti si lanciarono contro la mitraglia. Il fuoco del nemico si concentrò sopra di loro, seminando la morte nelle loro file; ma nulla tratteneva quei lioncelli, l’ardimento dei quali parve mirabile allo stesso Garibaldi. Qualche mese in­nanzi, laceri, sporchi, oziosi, predestinati al carcere o all'ospedale, alunni del vizio, quei giovanetti, di cui i più vecchi non toccavano ancora diciotto anni, erra­vano per le vie e le piazze di Palermo; la rivoluzione li redimeva, li nobilitava, insegnava loro la grande virtù del sacrificio, ne faceva degli eroi. Superando siepi e canneti, arrampicandosi sui muri, lasciando parte di loro per la via, respinsero i vecchi e fieri cacciatori, si impadronirono del cannone.
Qui avvenne l'episodio della cavalleria, variamente raccontato dagli storici, nel quale ogni attore vide e magnificò il proprio gesto. Raccogliendo le varie redazioni, parmi poter qui ristabilire la verità, dando a ciascuno il suo.
Per incoraggiare i giovani volontari siciliani, Gari­baldi era disceso a piedi sulla strada, con Missori, che era ritornato al suo fianco. Non è vero che c'era anche Statella; Statella, ferito poco innanzi, era stato portato nelle ambulanze. I giovanetti e i cacciatori siculi si affrettavano a trainare il cannone, quando le file bor­boniche si aprirono, e diedero il passo allo squadrone della cavalleria, che si lanciò all'assalto per riprendere il pezzo. Nuovi, anzi inesperti alla scherma contro la cavalleria, i volontari presi da momentaneo sgomento, invece di opporre un forte gruppo, si aprirono in due, forse con l'intenzione di sbandarsi ai lati dello stradale: ma lo stradale era fiancheggiato da fitte siepi di fichi d'India, che impedirono la fuga; costretti da questo ostacolo, per difendersi si voltarono; la voce dei capi, li incoraggiò.
I cacciatori a cavallo, per l'angustia della strada non potevano galoppare a squadrone serrato, ma un dietro l'altro.
Giunsero tra le due file, e i primi non potendo per l'impeto del galoppo, frenare in tempo i cavalli, tra­scorsero oltre le linee; ma da una parte e da l’altra le scariche dei giovani volontari, atterrando cavalli e cava­lieri impedirono al resto d'avanzarsi. Circa venticinque cacciatori col capitano Giuliani e il luogotenente Faraone rimasti tagliati fuori, si affrettarono a tornare indietro. Il tenente Rammacca si para innanzi per affrontarli; il capitano Giuliani gli cala un fendente, che vien parato da un cacciatore siculo. Il sergente Santi Tumminello affronta il tenente Faraone, e con un colpo di baionetta alla gola lo rovescia da cavallo, gli toglie la spada, il revolver e il cavallo.
Il Giuliani, si lancia sopra Garibaldi, e alla intima­zione di arrendersi risponde con un fendente, Garibaldi para il colpo, e afferrato il cavallo per la briglia, dà un colpo di punta alla gola del Giuliani e l’uccide. Mis­sori fa fuoco col suo revolver sopra due altri cavalieri, e li atterra, sebbene i documenti borbonici affermino in modo assoluto, che i cacciatori a cavallo uccisi in quell'episodio furono tutti feriti di arma bianca.
La storia raccolse il gesto del Missori, per la noto­rietà del prode e audace comandante delle guide: non raccolse quello degl’ignoti giovanetti di Corrao e di Dunne, di quei “Picciotti” che aspettano ancora lo sto­rico il quale raccolga, illustri e glorifichi gli episodi di valore e d'eroismo da loro offerti in gran copia, e senza vanità. Eppure la lettera del Dumas al Carini non tace quel che essi fecero; ed essa è confermata dalle rela­zioni Corrao e Rammacca, scritte allora allora. Si vegga dunque quanto sia veritiera l’epigrafe dettata dal Pascoli.
Stupirono i figli della Libertà per lo slan­cio all'assalto e per la resistenza al fuoco. Quando due mesi dopo Garibaldi si apparecchiava per muovere sopra Capua, volle con sè due battaglioni dei nostri giovinetti, e li fece trarre dall'istituto eretto in Palermo nel giu­gno e diretto allora da Alberto Mario.
- A Milazzo – disse al Mario – ho veduto come si battono questi demoni....
E fino agli ultimi suoi anni il valoroso sir Dunne ricordava i “Picciotti” del suo battaglione; e venendo in Italia non tralasciava di domandare se ve ne fos­sero ancora vivi. Fino a pochi anni or sono ce n'erano ancora, e nell'ombra dell'oblio e della povertà si gloria­vano d'essere stati di quel battaglione; e uno dei super­stiti era un Raimondi, reso popolare da un giornaletto, che ignorava forse come pel valore spiegato a Milazzo, il piccolo Raimondi era stato promosso caporale sul campo.
Ma nessuno fuor del Dumas ha consacrato una parola agli eroici giovinetti di Dunne mietuti dalla mitraglia, nè ai cacciatori di Corrao, tre volte ostina­tamente andati all'assalto, e alle cui baionette si deve se Garibaldi non cadde sotto l’impeto della cavalleria borbonica.
Non un marmo dedicato alla virtù di questi oscuri eroi, che la nostra irriconoscenza, la nostra inferiorità civile, ha lasciato sepolti nell'ignoranza! E soltanto per questo, narrando della giornata di Milazzo, io mi son trattenuto a rievocare la parte presavi dai Siciliani, non lieve, nè secondaria. E non per gretto campanilismo, ma per sentimento di giustizia, tanto più doveroso, in quanto anche oggi, con tanto lume di documenti, si ripetono e si consacrano errori, e si perpetuano omissioni e silenzi imperdonabili.



 Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Prezzo di copertina € 24,00 - Pagine 575
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Disegno di Niccolò Pizzorno tratto dalla descrizione di Luigi Natoli sulla divisa de I Figli della libertà. 

Luigi Natoli: I Figli della Libertà o Il battaglione Dunne. Tratto da: La rivoluzione siciliana nel 1860


Già altre milizie nel fervore di quei giorni s’an­davan formando; e a preparar futuri soldati e sottouf­ficiali volgeva l’animo il Dittatore fra le cure del go­verno.
Essendo giunto in quei giorni Alberto Mario con la moglie Jessie Withe, Garibaldi gli diede incarico di istituire un istituto o collegio militare, per raccogliervi tutti i ragazzi orfani o randagi o abbandonati a sé stessi; destinati forse ad accrescere il numero dei delinquenti, salvati o redenti ora dal nobile fine a cui Garibaldi li chiamava. Il Mario si mise all’opera alacremente, e ben presto il collegio accolse un migliaio di giovanetti, i più vecchi dei quali non avevano diciassette anni: li vestì, li disciplinò, li istruì. Il collegio prosperò; un mese dopo accoglieva altri mille giovanetti, ne formò due battaglioni che diedero esempio maraviglioso di eroismo.

Contemporaneamente l’inglese Dunne, grande e fer­vido amico dell’Italia, a sue spese costituiva un bat­taglione di ragazzi e giovinetti della strada, che chiamò “i figli della Libertà”  e li vestì di bianco, li armò di fucili scelti, e ogni giorno li conduceva al campo, eser­citandoli; sicché in breve di quei giovanetti, fin allora vissuti nell’ozio e nell’ignavia, fece dei cittadini e soldati che stupivano per arditezza d’aspetto e spirito di di­sciplina, e che più tardi a Milazzo fecero prodigi di valore...


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 

venerdì 7 luglio 2017

Luigi Natoli: Il concorso delle squadre siciliane nei tre giorni della presa di Palermo, dal 27 al 31 maggio 1860. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Io non mi sarei tanto indugiato a raccogliere prove e testimonianze, e a ristabilire la verità storica, se si fosse trattato di uno scrittorello insignificante; ma poichè le antiche e stolide accuse, spiegabili in tempi di passioni e di gelosie, nei quali pareva non poter affer­mare i propri meriti verso la Patria, se non avvilendo gli altri (prova ne sia la guerra invereconda di cui fu vittima Giuseppe La Masa) poichè, dico, queste accuse, vengono sempre rimesse in giro, dopo tanto tempo, e tanto lume di critica, e da uomini che, in fatto di storia, sono tenuti meritatamente autorevoli, era dove­roso ribatterle.
L' ho fatto con serenità; e, più che servirmi di sto­rici moderni, facendo riudire le voci di quelli che furon testimoni dei fatti, e che il Luzio stesso cita. Se avessi voluto, avrei potuto moltiplicare queste voci; e avrei potuto raccogliere nuove e più dolorose prove di male­voglienze e di ingiurie e di falsità; avrei anche potuto ribattere ingiurie con ingiurie. Ma nè io, nè alcuno degli scrittori siciliani pensarono mai di rilevare gli atti di viltà che fecero giudicare diciannove dei volontari salpati da Quarto, indegni di fregiarsi della medaglia commemorativa. Nè le colpe di costoro, nè la fuga di qualche capitano a bordo di una nave francese, generalizzammo a danno e scherno di tutti; come per la istantanea con­fusione di pochi picciotti inesperti di guerra, fecero contro tutte le squadriglie, anzi contro tutto il contri­buto di forze dato dalla Sicilia alla campagna del 1860, alcuni scrittori del continente.
L'opera delle squadre, le condizioni di Palermo, i fattori del successo, la parte presa dalla città all'alba del 27 maggio, ho già dimostrata. Potrei qui continuare narrando quel che il popolo di Palermo e le squadre fecero in tre giorni di combattimento; e far sapere, a chi non lo sa, o ricordarlo a chi l’ha dimenticato, che tutti gli episodi svoltisi nei vari punti della città, e nei quali i narratori non videro che solamente i legionari di Garibaldi, ebbero il concorso eroico del braccio e del cuore siciliano.
I legionari da soli non avrebbero potuto far nulla. Scrive sul proposito l’Eber:
“La città era troppo grande e i guerrieri che dalla penisola condusse Garibaldi, sono troppo pochi per mandarsi in tutti i punti, e la loro vita è troppo preziosa per esporla, tranne nei momenti di assoluto bisogno. Per la qual cosa sono gli insorti quelli che formano il grosso dei combattenti nella più parte dei luoghi”.
E appresso:
“I giovani Siciliani sembra che provino un gran diletto nello snidare i soldati dalle loro posizioni e lo facevano con una ostinazione di volontà tale da mostrare un talento per la tattica; giovandosi d'ogni destro per girarli e prendere alle spalle le loro posizioni”.
Non vi era un piano prestabilito di attacchi; questi erano suggeriti dal bisogno. Si sapeva di dover respin­gere i regi, e tenerli lontani dal quartier generale di Garibaldi; si sapeva che bisognava espugnare il Palazzo Reale, sede del nemico. La necessità e l’importanza di questa espugnazione era nella tradizione rivoluzionaria di Palermo. Dal 1647 in poi, tutte le rivoluzioni ebbero questo obbiettivo principale: impadronirsi del Palazzo Reale. Così si fece al 1820, così al 1848; così bisognava fare al 1860; e così tentossi anche nella infausta som­mossa del 1866...


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Prezzo di copertina € 24,00 - Pagine 575.
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it



Luigi Natoli: Statistiche sull'opera delle squadre siciliane nella rivoluzione del 1860. Tratto da Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Se le statistiche e i documenti valgono a qualche cosa, io richiamo l’attenzione degli storici su questi dati: dei volontari, nei vari combattimenti di Palermo, mori­rono 35; dei cittadini e delle squadre sono parecchie centinaia. Il 22 e il 23 novembre del 1860 il governo concedeva la pensione a ben 110 tra vedove, o madri, di Siciliani “prodi caduti combattendo per la causa nazionale dal 27 al 29 maggio”. Altre furono concedute prima, moltissime dopo; un numero grande di caduti, in quei giorni rimase ignoto. Le squadre e il popolo di Palermo, dunque, diedero un grande contributo di morti. Le statistiche compilate dall'ufficio di Stato Civile di Palermo, l’8 giugno 1860, per ordine del Dittatore, por­tano il numero dei morti per ferita, dal 27 al 29 e fino al 4 giugno, a 290, dai quali, tolte le donne, e i fan­ciulli, e i vecchi oltre i 60 anni, e i volontari dei Mille, morti tutti in quel periodo, i soldati borbonici Paler­mitani (e perciò dichiarati al Comune di Palermo) e i morti per bomba conosciuti fin allora, rimangono poco più di 200 cittadini morti di ferite; e sono soltanto i Palermitani; quelli delle squadre dei comuni, furon di­chiarati nei rispettivi municipi.
Non minore fu il contributo dei morti dato nel resto della campagna di Sicilia. Gli storici del continente parlano di divisione Medici, brigata Cosenz, ecc....; e a leggere le storie, sembra per esempio che il combatti­mento di Milazzo sia stato sostenuto dai volontari venuti col Medici e col Cosenz dal continente.
Mettiamo anche qui la verità a posto.
Le spedizioni del continente furono: la prima, quella di Garibaldi, sbarcò a Marsala un migliaio di uomini, di cui 44 siciliani; quella di Agnetta, 63 uomini, di cui 16 siciliani; quella del barone Prinzi, 110 uomini tutti del distretto di Trapani; quella di Medici 2500 uomini, molti siciliani fra essi di numero incerto; quella di Cosenz, 1500; del Sacchi, 2500; il battaglione Corte, 800: in tutto, il contributo dato dal continente superò di poco i 9700 uomini. Ora i Siciliani, i soli siciliani che ebbero diritto alla medaglia commemorativa della cam­pagna di Sicilia del 1860, come risulta dal registro che si trova all'Archivio di Stato di Palermo, sono 4735, e non si contano quelli delle squadriglie che, per cattivi precedenti, o perchè non seppero mai nulla, o perchè non continuarono in tutta la campagna, non ebbero la medaglia commemorativa ; coi quali si giungerebbe alle sei migliaia.
Questo per coloro che scrissero non aver l'Isola dato un serio contributo.
A Milazzo le forze garibaldine si componevano così: 1.a linea: Malenchini, con 3 battaglioni e 3 compagnie; Medici, 3 battaglioni e 3 compagnie, i carabinieri geno­vesi e le guide; Fabrizi, con 2 battaglioni e tre com­pagnie; 2.a linea: Cosenz, con battaglioni Dunne, Corte, Vacchieri, Corrao; riserva, Guerzoni. Ora i battaglioni Corrao, Fabrizi, Dunne, questo di giovanetti da quin­dici a diciassette anni e le compagnie Interdonato erano tutti di siciliani.
Ma di questo mi occuperò a parte, chè anche qui c'è da raddrizzare qualche cosa. E che non c'è da rad­drizzare nella storia del Risorgimento? E specialmente nei riguardi di questa povera Sicilia, che ha conosciuti tutti i sacrifici, e in compenso s'è vista strappar tutto, anche la gloria dei sacrifici compiuti?



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
prezzo di copertina € 24,00 - pagine 575
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it