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giovedì 27 aprile 2017

Luigi Natoli: 27 aprile 1860 muore Francesco Riso


La città, più sicura nei giudizi, ne pianse la morte, e allora e poi l'onorò pel martirio, che segnò la irre­vocabile caduta dei Borboni e l'unità della patria.
Luigi Natoli
 
Nella foto: Lapide a Francesco Riso a Palermo, nel cortile della Gancia, via 4 aprile.  
 

Luigi Natoli: 27 aprile 1860, muore Francesco Riso. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Il 27 aprile moriva Francesco Riso. Trasportato sopra un carretto all'ospedale, vi subiva un primo interrogatorio dal commissario di polizia Carrega, che al cavaliere Balsano, deputato del pio luogo, testimoniava essersi il Riso “battuto come un leone”. Interrogato il domani dal giudice Uzzo, onesto magistrato, serbò il silenzio: la polizia tentò aver nelle mani il ferito, per sottoporlo chi sa a quali torture, non l’ebbe per la ferma resistenza di quei sanitari. Ciò non distolse il Maniscalco dal tormentare il Riso, non solo con gli inter­rogatori processuali, ma con mentite promesse e tristi lusinghe di liberargli il padre, già fucilato. E il 16 lo sottopose a lungo stanchevole esame, in segreto; col quale fece di poi compilare in ufficio un verbale dal giu­dice Prestipino, uomo di pochi scrupoli, sostituito all'Uzzo, giudicato onesto: il qual verbale allora e poi, diffusa ad arte la voce di gravi rivelazioni, offuscando il nome dell'eroico popolano, servì a discreditare gli uomini della rivoluzione.
Il Riso ebbe sentore delle dicerie, e qualche giorno prima di morire, se ne dolse amaramente, dicendole infamie; e si afferma aver richiesto una pistola per uccidere Maniscalco appena ripresentatosi. Ora, poichè, non ostante un vano divieto, del processo furono già estratte alcune copie, e qualcuna pubblicata, non sarà inutile fermarsi a parlarne con serenità. Gli interro­gatori che figurano nel processo sono tre: il primo è del 5 aprile, e il Riso serbò un rigoroso silenzio; l'ul­timo è del 17, compilato, cioè, dopo il colloquio col Ma­niscalco dal giudice Prestipino, per ordine del governo, come si rileva da una lettera del luogotenente generale dello stesso 17. Ora tra la relazione del direttore di polizia, riprodotta nella citata lettera, e il verbale del giudice Prestipino vi sono notevoli differenze: e soltanto si accordano nei nomi dei creduti componenti del comi­tato segreto; i quali, si noti bene, erano già noti alla polizia, ed erano quelli delle persone arrestate già fra il 7 e il 12, prima ancora, cioè, che il Riso avesse fatte le volute rivelazioni. Nessun altro nome vi figura; pure il Riso avrebbe potuto denunziare il Bruno-Gior­dano, il Tondù, i De Benedetto, il Marinuzzi, il Corteg­giani, l'Albanese, avrebbe potuto rivelare come e dove s'eran preparate le armi; avrebbe potuto dire il nome di chi aveva ferito il Direttore di Polizia. Le rivela­zioni non aggiungevano nulla a ciò che la polizia sapeva da altre fonti; e principalmente da G. Battista d'Angelo uno dei congiurati, che, preso il 4, non resistendo alle torture, fece propalazioni, indicò dov'erano nascoste le armi, fu cagione che la polizia mettesse a prezzo la testa del Bruno; e di lì a non molto fu trovato impic­cato alla inferriata del carcere. Rimorso o giustizia.
Il documento e per le singolari condizioni onde venne redatto, e per la mancanza di forme legali e sopratutto della firma dell'interrogato, che pur sapeva leg­gere e scrivere, dà adito a non ingiustificati sospetti sulla sua autenticità e veridicità, in un tempo in cui la polizia creava anche documenti; e con uomini, conte il Maniscalco, che anelavano raccogliere prove o fabbri­carne, per procedere con estremi rigori contro gli arre­stati, e segnatamente i nobili.
Ho voluto indugiare su queste accuse per scrupo­losità di storico, e per ristabilire la verità; non sti­mando equo, per altro, il rigido giudizio di chi, credendo alle confessioni del Riso od esagerandone la portata, vorrebbe anche disconoscerne il sacrificio. Nessuno di coloro che all'ospedale gli stettero vicini lo credette pro­palatore, anzi il cav. Balsano, il cappellano Chiarenza e i medici curanti, che avevano stabilito intorno al ferito un servizio di quasi spionaggio, negano con testi­monianze scritte, che il Riso abbia fatto le rivelazioni che gli si attribuiscono.
 
 
 
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
Prezzo di copertina € 24,00 - Sconto del 20% se acquistato direttamente dal catalogo prodotti della casa editrice. Disponibile in tutti i siti di vendita online e a Palermo, nelle librerie indicate nel sito www.ibuonicuginieditori.it
 

martedì 25 aprile 2017

Luigi Natoli e la Rivoluzione siciliana


Questo libro vuol essere una rapida narrazione dei rivolgimenti siciliani del 1860, e segnatamente di Palermo; non critico dunque, non discuto: pure molte cose inesattamente narrate fin qui o alterate o taciute, dico e procuro correggere secondo verità; e tutta quella parte che i nostri vi ebbero dal 15 maggio in poi, la quale ordinariamente non apparisce nelle storie, ho cercato di lumeggiare nelle sue giuste proporzioni, parendomi non soltanto ingiustizia, ma anche ingratitudine lasciar nell’ombra o menomar le opere e i sacrifici dei nostri, che prepararono prima, e spianarono, resero possibile poi e vittoriosa la spedizione garibaldina dei Mille e l’unità nazionale. Non apologie, né esagerazioni: ma neppure silenzi, e peggio, menzogne e ingiurie, di che si compiacquero anche recenti narratori.
Affermo però nel modo più assoluto, che quanto io narro, e come lo narro, risulta oltreché dal confronto e dalla critica delle varie storie e biografie stampate dal 1860 in qua, anche da testimonianze dei tempi, da opuscoli rari e poco noti, da note, memorie, lettere, e in genere manoscritti ancora inediti, e principalmente dai documenti officiali dell’Archivio di Stato, specialmente di fonte borbonica, dai giornali del tempo, dai fogli volanti (di cui una ricchissima collezione raccolse il compianto dottor G. Lodi e donò alla Società di Storia Patria) e da memorie particolari raccolte dalla viva voce; e tutto ho messo in riscontro; perché la verità scaturisca limpidamente senza postume ire né inutili apoteosi, che oramai non son più di stagione.



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00 - Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice.
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Luigi Natoli

venerdì 21 aprile 2017

Luigi Natoli e la sua raccolta Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


 
Quali gli intendimenti che m'indussero a com­porne un libro, il lettore vedrà da sè; e gli farei un torto se mi trattenessi a illustrarglieli. Dirò soltanto che que­sti scritti nacquero dalla mia passione per la Sicilia e specialmente per Palermo mia città natale: passione che invece di affievolirsi con gli anni, è divenuta più intensa via via che mi sono addentrato – quanto è pos­sibile a una vita umana assillata dai bisogni della vita cotidiana – nello studio della storia; e mi sono accorto degli errori, dei pregiudizi, della superficialità e anche dell'ignoranza di che son pieni scrittori, anche valorosi, quando parlano e giudicano delle cose siciliane. Delle quali non si può parlare con tanta facilità e leggerezza; così vasta, molteplice, ricca di cose ancora ignote, ine­splorate è la nostra storia; tanti problemi sono ancora insoluti: e non soltanto della preistoria e dell'epoca greca, ma anche delle epoche posteriori e più vicine a noi. V'è negli archivi pubblici e privati ancora grande materiale da esplorare: v'è nelle biblioteche altro mate­riale accumulato nel corso dei secoli dal paziente lavoro di uomini oscuri, frugato in parte dagli studiosi; ai quali, più che s’avanzano nelle ricerche, e più ampio si rivela il campo di esse.
Gli scritti qui raccolti non pretendono neppur lon­tanamente sfiorare uno degli aspetti di questo otto­cento siciliano: nacquero per ribattere accuse, correg­gere errori; per istinto di difesa e amore di verità e di giustizia. Pure tra essi appresi qualche spiraglio; come dalle fessure dello steccato i fanciulli ficcando gli occhi vedono l’arena del circo, così da esso può qualcuno scoprire 1'ampiezza del campo ancora non dissodato, e invogliarsi a entrarci, con la fervida volontà di rivan­garlo, e trarne alla luce e a vita nuova e più rigo­gliosa messe di gloria pei nostri vecchi dimenticati e per la nostra isola.
 
 
 
 
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
Prezzo di copertina € 24,00 - Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice.
Disponibile in tutti i siti di vendita online e a Palermo nelle librerie indicate al sito www.ibuonicuginieditori.it

venerdì 14 aprile 2017

Luigi Natoli: Il 14 aprile 1860


Ma il 14 la città era funestata da una tragedia, com­piuta anche contro la volontà del re Francesco. Il quale, informato subito del moto di Palermo, accogliendo il suggerimento del ministro Cassisi, che non convenisse tingere di sangue i gradini del trono alla sua prima ascensione, e che la grazia avrebbe prodotto un eccel­lente effetto in Sicilia, ordinava fosse telegrafato al Salzano, che ove il consiglio di guerra dovesse pronun­ziare sentenze capitali contro gli arrestati del 4 aprile, si fossero sospese, e se ne facesse rapporto per le ri­soluzioni. E il telegramma, perché avesse tutta la pub­blicità, anzi che in cifra, fu subito spedito nell’ordinario linguaggio, così da essere conosciuto in tutta la linea sino a Palermo.
Ma il governo di Sicilia tenne occulto l’ordine del re; e spingendo alacremente gli atti processuali, dava chia­ramente a vedere quali fossero le sue mire selvagge; onde il re nuovamente faceva scrivere delucidando che la sospensiva della sentenza si riferisse a coloro, che avevano preso parte agli avvenimenti del 4 aprile. In­vano. Il Maniscalco, più realista del re, credendo per le agitazioni cresciute più salutare un esempio di cru­deltà, faceva dal consiglio di guerra, il 13 aprile, pronun­ciare sentenza di morte contro tredici fra i prigionieri, “nella supposizione – dice la sentenza che sieno essi i promotori e complici” del delitto di insurrezione. E la sentenza, fra lo scoramento e il lutto della città, fu eseguita il 14, verso il mezzodì a porta S. Giorgio. Dei tredici fucilati dieci erano degli arrestati del 4, tre furono i presi nei conflitti, come narrammo.
La città ne raccolse i nomi, e decretò loro onore di monumento per tramandar la memoria del sacrificio; ora ne ha raccolto gli avanzi e tumulati con civili ono­ranze. Furono Sebastiano Camarrone, Domenico Cuciflotta, Pietro Vassallo, Michele Fanaro, Andrea Coffaro preso in Bagheria, Giovanni Riso, Giuseppe Teresi preso alla Guadagna, Francesco Ventimiglia, Michelan­gelo Barone, Nicolò di Lorenzo, Gaetano Calandra, Cono Cangeri e Liborio Vallone preso a Monreale.
Tanta strage, se strinse i cuori di cordoglio, non disanimò i cittadini. Già il giorno innanzi, promossa da un monaco basiliano, Giuseppe Gustarelli, e da giovani animosi, studenti i più, fra i quali Ignazio Eliodoro Lombardo, felice verseggiatore , i fratelli Francesco e Gaetano Borghese, Filippo e Salvatore Bozzetti, Pietro Porcelli ed altri, era avvenuta una dimostrazione al grido di Viva la libertà, dispersa dalla polizia con fe­rimenti. Ne seguirono arresti e ordini che vietavano gli aggruppamenti e perfino il portar barba: quest’or­dine ridicolo dava alla polizia pretesto a barbare vio­lenze. La città rispondeva ora con un silenzio e una solitudine di necropoli, ora con improvvise e impetuose dimostrazioni.
 
 
 
Luigi Natoli: La rivoluzione siciliana del 1860.
Inclusa nel volume: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
Sconto del 20% se acquistato presso il catalogo prodotti della casa editrice: www.ibuonicuginieditori.it
Nella foto: Monumento alle 13 vittime ubicato nella omonima piazza a Palermo.