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mercoledì 27 aprile 2022

Luigi Natoli: Il 27 maggio 1860 moriva Francesco Riso, l'eroe che diede inizio alla rivoluzione della Gancia. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860

 
Il 27 aprile moriva Francesco Riso. Trasportato sopra un carretto all'ospedale, vi subiva un primo interrogatorio dal commissario di polizia Carrega, che al cavaliere Balsano, deputato del pio luogo, testimoniava essersi il Riso “battuto come un leone”. Interrogato il domani dal giudice Uzzo, onesto magistrato, serbò il silenzio: la polizia tentò aver nelle mani il ferito, per sottoporlo chi sa a quali torture, non l’ebbe per la ferma resistenza di quei sanitari. Ciò non distolse il Maniscalco dal tormentare il Riso, non solo con gli inter­rogatori processuali, ma con mentite promesse e tristi lusinghe di liberargli il padre, già fucilato. E il 16 lo sottopose a lungo stanchevole esame, in segreto; col quale fece di poi compilare in ufficio un verbale dal giu­dice Prestipino, uomo di pochi scrupoli, sostituito all' Uzzo, giudicato onesto: il qual verbale allora e poi, diffusa ad arte la voce di gravi rivelazioni, offuscando il nome dell'eroico popolano, servì a discreditare gli uomini della rivoluzione.
Il Riso ebbe sentore delle dicerie, e qualche giorno prima di morire, se ne dolse amaramente, dicendole infamie; e si afferma aver richiesto una pistola per uccidere Maniscalco appena ripresentatosi. Ora, poichè, non ostante un vano divieto, del processo furono già estratte alcune copie, e qualcuna pubblicata, non sarà inutile fermarsi a parlarne con serenità. Gli interro­gatori che figurano nel processo sono tre: il primo è del 5 aprile, e il Riso serbò un rigoroso silenzio; l'ul­timo è del 17, compilato, cioè, dopo il colloquio col Ma­niscalco dal giudice Prestipino, per ordine del governo, come si rileva da una lettera del luogotenente generale dello stesso 17. Ora tra la relazione del direttore di polizia, riprodotta nella citata lettera, e il verbale del giudice Prestipino vi sono notevoli differenze: e soltanto si accordano nei nomi dei creduti componenti del comi­tato segreto; i quali, si noti bene, erano già noti alla polizia, ed erano quelli delle persone arrestate già fra il 7 e il 12, prima ancora, cioè, che il Riso avesse fatte le volute rivelazioni. Nessun altro nome vi figura; pure il Riso avrebbe potuto denunziare il Bruno-Gior­dano, il Tondù, i De Benedetto, il Marinuzzi, il Corteg­giani, l'Albanese, avrebbe potuto rivelare come e dove s'eran preparate le armi; avrebbe potuto dire il nome di chi aveva ferito il Direttore di Polizia. Le rivela­zioni non aggiungevano nulla a ciò che la polizia sapeva da altre fonti; e principalmente da G. Battista d'Angelo uno dei congiurati, che, preso il 4, non resistendo alle torture, fece propalazioni, indicò dov'erano nascoste le armi, fu cagione che la polizia mettesse a prezzo la testa del Bruno; e di lì a non molto fu trovato impic­cato alla inferriata del carcere. Rimorso o giustizia. 
Il documento e per le singolari condizioni onde venne redatto, e per la mancanza di forme legali e soprattutto della firma dell'interrogato, che pur sapeva leg­gere e scrivere, dà adito a non ingiustificati sospetti sulla sua autenticità e veridicità, in un tempo in cui la polizia creava anche documenti; e con uomini, conte il Maniscalco, che anelavano raccogliere prove o fabbri­carne, per procedere con estremi rigori contro gli arre­stati, e segnatamente i nobili.
Ho voluto indugiare su queste accuse per scrupo­losità di storico, e per ristabilire la verità; non sti­mando equo, per altro, il rigido giudizio di chi, credendo alle confessioni del Riso od esagerandone la portata, vorrebbe anche disconoscerne il sacrificio. Nessuno di coloro che all'ospedale gli stettero vicini lo credette pro­palatore, anzi il cav. Balsano, il cappellano Chiarenza e i medici curanti, che avevano stabilito intorno al ferito un servizio di quasi spionaggio, negano con testi­monianze scritte, che il Riso abbia fatto le rivelazioni che gli si attribuiscono.
La città, più sicura nei giudizi, ne pianse la morte, e allora e poi l'onorò pel martirio, che segnò la irre­vocabile caduta dei Borboni e l'unità della patria.
(Nella lapide in foto nel cortile della Gancia, via 4 aprile: 

A FRANCESCO RISO
ED AI PRODI
CHE LA RIVOLUZIONE ITALIANA IN SICILIA
IL 4 APRILE 1860
IN QUESTO LUOGO INIZIARONO
 
LA SOCIETA' NAZIONALE ITALIANA
IN PALERMO
IL 4 APRILE 1861



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento. 
Il volume raccoglie gli scritti: 
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" (I Buoni Cugini editori)
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno. 
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su Amazon Prime, La Feltrinelli.it, Ibs e tutti gli store online.
Disponibile presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133) e nelle migliori librerie. 

domenica 3 aprile 2022

Luigi Natoli: L'alba del 4 aprile 1860 Francesco Riso dà inizio alla rivoluzione siciliana. Tratto da: La rivoluzione siciliana del 1860. Narrazione.


 E venne l’alba del 4, dopo una notte che dovette parer lunga alle anime, aspettanti fra le armi il segnale convenuto. Avevano esse il presentimento che il loro segreto era stato tradito? Forse l’ebbe Francesco Riso, l’aveva avuto anzi qualche giorno prima, quando all'avvocato Pennavaria aveva detto “Ho dato la mia parola, e sebbene son per­suaso che nel pericolo mi abbandoneranno, non la ri­tiro”.
Poco prima dell’alba, Riso mandò qualcuno a esplo­rare la vicina piazza della Fieravecchia dove doveva essere sparato il mortaretto: il messo la trovò deserta, il che parve cattivo indizio, e scorò qualcuno; ma fu un baleno. Alle cinque del mattino, Riso mandò sul cam­panile della chiesa Nicola Di Lorenzo e Domenico Cu­cinotta con bombe all’Orsini, appostò là altri com­pagni, e si avviò con alcuni de’ suoi alla porta d’uscita. Al suo apparire una pattuglia di compagni d’armi in agguato gridò: – Alto, chi va là? – Rispose: – Chi viva? – Viva il re! –Viva Italia! – ribattè il Riso, e tirò due colpi di fucile, che uccisero il soldato Cipollone. Fu il segno dell'attacco. Il Di Lorenzo ed il Cucinotta suonano a stormo le campane; il Riso corre al cam­panile, e piantata la bandiera tricolore, ritorna giù a so­stenere il fuoco: cadono Giuseppe Cordone, Mariano Fasitta, Matteo Ciotta, Michele Boscarello e Francesco Migliore. Agli spari e allo scampanio, accorre per la Vetriera la squadra della Magione: Sebastiano Camar­rone e Giuseppe Aglio, audaci, girando sotto l’arco pic­colo di S. Teresa, respingono un plotone di soldati; ma invano. Cade Salvatore La Placa, ferito al petto, e raccolto da pietosi e celato, scampa così all’eccidio. Guaritosi appena, corse poi a raggiungere le squadre, com­battè il 27 maggio a Porta Carini, e fu ferito alla gamba.
La squadra della Zecca, uscita anche essa, trovatasi di fronte al grosso della truppa, e non potendo affron­tarla si disperse.
Tra il fumo, gli spari,  gli urli, parte della squadra ripara nel convento. Il Riso grida energicamente: “Co­raggio; la città sta per insorgere; sostenetemi tre ore di fuoco, e saremo salvi”.
E intanto le campane squillavano sulle fucilate, e pa­reva chiamassero disperatamente la città, che o impre­parata o sgomenta non si moveva, e lasciava compiere il sacrificio; squillavano, terribile voce di libertà, non ostante la sconfitta. ll generale Sury appunta i cannoni contro il campanile per far tacere le campane: atterra la porta del convento con gli obici, e allora i regi, fanti, cacciatori, artiglieri, compagni d'arme si lanciano all'as­salto. Per snidare gl'insorti, il tenente Bianchini porta a braccia un obice sul piano superiore del convento. Gl' insorti si sbandano: Giuseppe Virzì e Bartolomeo Castellana, sbarazzatisi delle armi, si buttan dall'alto e si rompono le gambe: raccolti da buona gente e oc­cultati, e dopo alcuni giorni portati all'ospedale come muratori precipitati da una fabbrica, così scamparono alla strage. Francesco Riso, colto da quattro palle al ventre e al ginocchio cade. La sua caduta mette fine alla resistenza.
Caddero in poter loro alcuni insorti: testimoni oculari narrano di un birro, che rubato l’orologio al Riso, caduto per terra, lo ferì di baionetta all’inguine; e di un altro che finì ferocemente un giovane insorto ferito e impotente a muoversi...


La Rivoluzione siciliana del 1860 fa parte di: 
Rivendicazioni. La Rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano – Raccolta di scritti storici e storiografici dell’autore sul Risorgimento in Sicilia, costruita sulle opere originali. Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" I Buoni Cugini 2020
La rivoluzione siciliana nel 1860 (Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (1938)
I più piccoli garibaldini del 1860 (1931) 
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (1927)
Pagine 575 – Prezzo di copertina € 24,00
Tutti i volumi della Collana dedicata alle opere di Luigi Natoli sono disponibili al sito ibuonicuginieditori.it
È possibile ordinare alla mail ibuonicugini@libero.it, al cell. 3457416697 o inviando un messaggio whatsapp al 3894697296. Consegna a mezzo corriere in tutta Italia
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Disponibili a Palermo in libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Nuova Ipsa (Via dei Leoni 71), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi n. 15), Libreria Mercurio (Via Marchese di Roccaforte 62), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 76/78), Libreria Sciuti (Via Sciuti 91/f), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele 423)
Per qualsiasi informazione: ibuonicugini@libero.it – Cell. 3457416697 – Whatsapp 3894697296

Luigi Natoli: Francesco Riso e il 4 aprile 1860. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane 1848-1860

 
La sera del 31 marzo, in casa Albanese, conveni­vano Giambattista Marinuzzi, Casimiro Pisani, Giuseppe Bruno-Giordano, Andrea Rammacca, Antonino Lomo­naco-Ciaccio, Antonino Urso, Ignazio Federico, France­sco Perrone-Paladini, Silvestro Federico; e deliberarono d’insorgere tra il 6 e il 7 di aprile. La deliberazione da Casimiro Pisani venne comunicata a Messina, per­chè si tenesse apparecchiata, e insorgesse a un dispac­cio che annunciava “il matrimonio della figlia”. I comi­tati dei dintorni vennero avvertiti: ma ecco, la sera del 2 la polizia arresta Mariano Indelicato uno dei cospiratori; Casimiro Pisani, avvertito per confidenza di un amico del suo imminente arresto, si mette in salvo col padre, dopo avere deposto ogni incarico nelle mani dei fratelli Lo Monaco. Parve non doversi aspettare oltre, e fu decisa l’insurrezione pel 4 aprile, mercoledì santo. Chi ruppe l'indugio fu Francesco Riso.
Era stato dapprima destinato a capitanare le squadre di Misilmeri; ma quando si cercò chi dovesse dare il segno della rivolta in Palermo e affrontare il fuoco pel primo, volle per sè questo onore. A Misilmeri doveva andare Domenico Corteggiani, ma fu sostituito da An­tonino Ferro, attivo e ostinato cospiratore in quel de­cennio. Francesco Riso aveva accumulato intanto le armi in un magazzino da lui tolto a pigione accanto al convento della Gancia, donde con gli uomini della sua squadra doveva dare il segno.
Una leggenda narrò che i frati fossero consapevoli e partecipi della cospirazione; un'altra che un frate avesse denunciato a Maniscalco gli apparecchi, il luogo il giorno della insurrezione. E non è vero. I frati non seppero nulla fino all' alba del 4 aprile; e la denun­cia fu fatta dallo agente segreto Basile, al quale certi Muratori e Urbano, la mattina del 3, ignorando che fosse una spia, confidavano ogni cosa. Probabilmente la leggenda nacque dal vedere, la mattina del 4, un frate col famoso berretto imposto da Maniscalco alle spie. Si chiamava fra Michele da Prizzi, ma non era della Gancia.
Maniscalco reggeva in quei giorni il governo, per l'assenza del luogotenente generale Castelcicala: finse non saper nulla, ma convocò un consiglio di generali. Nella notte dal 3 al 4 fece circondare il convento della Gancia e le strade adiacenti. Riso aveva in tutto ottan­tadue uomini divisi in tre squadre: una di cinquanta­due capitanata da Salvatore La Placa, uomo di grande audacia, s’era radunata in un magazzino alla Magione; la seconda di dieci, in una casetta nella via della Zecca; la terza di venti uomini con lui nel magazzino della Gancia. Altre squadre dovevano adunarsi qua e là; una nel vicino palazzo S. Cataldo, presso Carlo e Carmelo Trasselli; altra alla Fieravecchia coi fratelli Lomonaco. Si doveva cominciare con l’impadronirsi del Commis­sariato e del corpo di guardia di Porta di Termini, per aprire libero il passo alle squadre di Misilmeri e Baghe­ria concentrate alla Guadagna e al ponte delle Teste. All'alba Riso fu avvertito che erano circondati dalle truppe: non si sgomentò, disse che non era tempo di ritrarsi: egli avrebbe dato l'esempio: se lo vedevano tremare, l'uccidessero. E per vedere come stessero le cose, uscì dal suo magazzino. S'imbattè in una pattu­glia di compagni d'armi e soldati: “Chi viva”? – “Viva il re”!  dicono.  “Viva l’Italia!”  rispon­de. Si fa fuoco: un birro, certo Cipollone, cade. Così comincia la mischia. Riso e quel pugno d'uomini sosten­gono l’assalto delle truppe regie: Domenico Cucinotta e Nicola Di Lorenzo salgono sul campanile e suonano a stormo. Accorre Salvatore La Placa con la sua squa­dra; cade ferito gravemente: mani pietose lo raccol­gono, lo celano, lo curano. Questo eroico giovane, sot­tratto così alla morte, il 27 maggio riprenderà il suo posto di combattimento, e sarà ferito ancora una volta.
Cadono Michele Boscarello, Damiano Fasitta, Matteo Ciotta, Francesco Migliore, Giuseppe Cordone, un Ran­dazzo: Riso dopo esser corso al campanile a piantarvi il tricolore, scende, si batte, cade ferito da quattro colpi all'addome e al ginocchio; un birro, che qualcuno dice l’Ispettore Ferro, gli è sopra, gli ruba l'orologio, e gli dà una bajonettata all'inguine.
Qualche ora dopo il combattimento era finito. Per vincere questo pugno d'uomini, c'eran voluti un batta­glione di linea, un plotone di cacciatori a cavallo, una sezione d'artiglieria, compagni d'armi, gendarmi e birri; c'era voluto un generale, il Sury; s'era dovuto atter­rare una porta con gli obici, e un obice il tenente Bian­chini aveva dovuto portare fin sopra al convento!
Le soldatesche si abbandonarono all'orgia del sac­cheggio e della strage: finirono a bajonettate uno dei caduti, ancor vivo; uccisero un frate, Giovannangelo da Montemaggiore, altri ne ferirono; il resto percossero, sputarono, legarono, trascinarono al comando di Piazza e alla Prefettura di polizia, insieme coi ribelli presi.
La città sgomenta non seguì il moto. Il comitato si sbandò. Qualcuno che doveva capitanare una squadra si ecclissò: comparve dopo il 27 maggio, nelle sale del Municipio, vestito di velluto all’Ernani, e n’ebbe ricom­pensa: gli altri, disanimati dal vedere scoperta la trama, creduta l’insurrezione domata in sul nascere, giudicaron vano ogni altro tentativo.
Ma nei dintorni della città seguirono fieri scontri, in quello e nei giorni successivi, fra le squadre e le colonne mobili, spedite dal generale Salzano, coman­dante in capo...


La Rivoluzione siciliana del 1860 fa parte di: 
Rivendicazioni. La Rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano – Raccolta di scritti storici e storiografici dell’autore sul Risorgimento in Sicilia, costruita sulle opere originali. Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" I Buoni Cugini 2020
La rivoluzione siciliana nel 1860 (Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (1938)
I più piccoli garibaldini del 1860 (1931) 
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