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giovedì 6 dicembre 2018

Luigi Natoli: Verso il 1860. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


La rivoluzione siciliana del 1860 non incominciò il 4 aprile; cominciò lo stesso giorno in cui il principe di Satriano entrò in Palermo a ristabilirvi l'autorità regia; perchè quando i cannoni salutarono il bianco vessillo dai fiordalisi, che s'innalzava là, dove per sedici mesi era sventolato il tricolore, l’anima siciliana vinta, non doma, riprese il suo posto di combattimento nel mistero delle cospirazioni. E per dieci anni, vestale della libertà, alimentò nel segreto e tenne viva la lampada sacra della patria; alla quale, ostie volontarie, Nicolò Garzilli im­molò la dolce e pensosa giovinezza; la austera nobiltà, Francesco Bentivegna; la pugnace baldanza, Salvatore Spinuzza: nomi degni di perpetua ricordanza, quanto ogni altro, cui anche le storie per le scuole non man­cano di rendere onore.

Nessuna regione d'Italia stese in quei giorni una rete di cospirazioni così vasta, e pur così salda e così infaticabile, che da Palermo si stendeva a Messina, a Catania, a Trapani, ai minori centri dell'Isola, e, oltre­passando il mare, stendeva ancora i suoi fili a Malta, a Genova, a Torino, a Firenze, a Marsiglia, a Parigi, a Londra. Noi avemmo una emigrazione di grandi nomi e di gran cuori, sparsa da per tutto; la quale, stretta intorno a Mazzini o a Cavour, i due astri maggiori, poteva essere divisa da ideali di forme; ma era unita, oltre che dalla comune origine e dalla comune sorte, nell'ideale più urgente e più alto della liberazione dell'isola e della sua fusione con la patria italiana.

Qualunque tentativo o moto ideato o attuato in Si­cilia ebbe la sua preparazione contemporaneamente e concordemente nei comitati dell'isola, e in specie di Palermo, e in quelli dagli esuli costituiti dovunque si trovavano due siciliani.

È null'altro che una vanità attribuire a questo o a quello il vanto o la priorità di una iniziativa. Una era la mente, uno il cuore, uno il braccio; e questa unità era formata di tutte le menti, di tutti i cuori, di tutte le braccia della nostra gente, dovunque sparsa, vigile sempre nella speranza, incrollabile nella fede, indomita nell'insuccesso.

Per dieci anni la nostra rivoluzione fu un insuc­cesso materiale, e una lenta conquista morale: anche il moto del 4 aprile si presenta come un insuccesso; ma fu invece il cominciamento della vittoria: la sua prepa­razione era tale, che una prima sconfitta non avrebbe più potuto arrestare o allentare la marcia trionfale della rivoluzione. Essa ebbe un potente ausiliare nella polizia; che in nessun luogo e, forse, in nessun tempo fu così cieca, feroce e inumana contro il reato politico, come fra noi. Essa alimentò, coltivò, crebbe l'odio seminato da Ferdinando II, e lo accumulò sul capo di France­sco II; un re mite e umano, destinato, come Luigi XVI, a pagare i delitti compiuti dai suoi avi. La polizia si impersonò in un uomo: Maniscalco; che più realista del re, era un fanatico dell'assolutismo. Ma i suoi subal­terni lo sorpassarono: Pontillo, Desimone, Carrega, Baiona, Sorrentino, Malato rappresentano ciò che si può immaginare di più bestiale; e la birraglia che li accom­pagnava aveva la voluttà del misfare. Non si può leg­gere, senza impallidire di orrore, il racconto della gesta che l’ispettore Baiona e tre gendarmi, i cui nomi erano tre rivelazioni: Tridente, Tempesta e Scannapicco, com­pievano nel Cefalutano per appurare il nascondiglio dello Spinuzza.


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La Rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Raccolta di scritti storiografici sul Risorgimento tratti dai documenti originali dell'epoca. 
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile presso Librerie Feltrinelli e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti 


Luigi Natoli: Il valore dei Siciliani nella difesa di Roma nel 1849. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Dopo Novara non rimangono in Italia che tre luo­ghi dove ancora sventola la bandiera tricolore: la Sicilia, Roma, Venezia. Prima a cadere è la Sicilia. Le giornate dell'aprile in Catania hanno un'eco a Roma. Il deputato Bonaparte, nella seduta del 24 aprile ha accenti acco­rati per la “generosa Sicilia”; e quando il re di Napoli si apparecchia a muovere contro Roma per insediarvi il papa, i Triumviri, annunziando la spedizione, chia­mano i Romani a vendicare il sangue dei “fratelli di Sicilia”.
“Il sangue dei migliori fra i patriotti napoletani, il sangue dei nostri fratelli di Sicilia pesano sulla testa del re traditore. Dio acceca i perversi e dà forza ai difensori del diritto, e vi sceglie i Romani, a vendi­catori”.
E non è a tacere qui una prova di simpatia data da Felice Orsini, in quel torno di tempo. Egli era stato spedito qual commissario ad Ascoli per redimere il bri­gantaggio organizzato da legati del papa, e sorretto anche dal re di Napoli.
Avuti in mano tre dei principali colpevoli, questi furono condannati a morte. Ma l’Orsini li aggraziò della vita, con la speranza di ottenere in cambio la libera­zione dei siciliani catturati col Ribotti nella infelice spedizione in Calabria, e chiusi nelle prigioni di Napoli. Speranza vana.
Nessuno ha mai pensato se fra’ difensori di Roma vi fossero siciliani, e di raccoglierne i nomi. Io ricordo fra i combattenti i giovani pittori Giaconia e Rindello, un altro, Luigi Amodei, palermitano, apparisce nel giu­gno del '49 col grado di colonnello, doveva godere ripu­tazione di perizia in lavori di ingegneria militare.
L'esercito della repubblica non aveva un Corpo del Genio; v'erano zappatori e guastatori e ufficiali improvvisati; e intanto urgeva provvedere ad alcune opere di fortificazione indispensabili dopo gli assalti e le posi­zioni guadagnate dai francesi. Si cercò l'uomo più adatto, e la scelta cadde sull'Amodei, che ideò una serie di approcci per controbattere le parallele francesi; e di passaggi coperti per mettere in comunicazione i casini, che erano tenuti ancora dai legionari di Roma, con la città. Il progetto fu approvato dai Triumviri, e il 5 giugno l'Amodei vi pose mano. Ma le braccia erano scarse, e se ne richiamò a Garibaldi, che protestò viva­mente. Mazzini si moltiplicò per trovar quanti più lavo­ratori si potesse, e i lavori furono spinti innanzi: ma l'Amodei, per uno di quegli scatti impulsivi che Gari­baldi ebbe frequenti durante il memorando assedio, non li compì. Ed ecco perché. Durante i lavori, qualche com­pagnia del reggimento Unione attaccò, non ostante gli ordini proibitivi, gli avamposti francesi, con suo danno. Garibaldi accorso e fiammeggiante di collera, credette che il combattimento fosse stato ordinato dall'Amodei, e senza voler udir altro, lo fa arrestare, chiudere a Castel S. Angelo, sottoporre a consiglio di guerra. Ma dal processo balzò netta e chiara l’innocenza dell'Amodei; le compagnie dell'Unione, avevan fatto di lor capo. L'Amodei fu liberato, ma la direzione dei lavori era stata già data ad altri.
Che cosa sia avvenuto poi dell'Amodei, non so.
Quando la repubblica cadde, la Sicilia era già stata ripresa dal Borbone, e i suoi migliori figli dispersi per l’Europa vi recavano il dolore della libertà conculcata, ma con questo dolore quanta e quale ricchezza di virtù d'intelletto e di cuore, e di quale e quanto onore Rug­gero Settimo, F. P. Perez, Enrico e Michele Amari, Giacinto Carini, Francesco Crispi, il principe di Scor­dia, Francesco Ferrara, Giuseppe La Farina, Giuseppe La Masa, il marchese di Torrearsa, Pasquale Calvi, Mariano Stabile e tanti e tanti altri, non illuminarono il nome Siciliano?


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Raccolta di scritti storici e storiografici sul Risorgimento siciliano, tratti dai documenti originali dell'epoca. 
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
Disponibile presso Librerie Feltrinelli e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it