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venerdì 23 febbraio 2018

Luigi Natoli: La Loggia di Francesco Paolo di Blasi. Da: Calvello il bastardo.


Corrado giunto in Marsiglia era stato quasi come ubriacato da quella specie di follia rivoluzionaria che agitava la città in quello che fu detto l'anno terribile. Tutte quelle parole nuove, libertà, uguaglianza, fratellanza, che in patria, fra i vecchi ordinamenti nei quali era cresciuto, gli sonavano stranamente e quasi come bestemmie; ora, sotto i suoi occhi veggenti, le vedeva come realtà vive, che lo turbavano, lo trascinavano, lo infiammavano.
L'idea di patria, fino allora ristretta alla sua città natale, per uno spirito gretto di campanilismo comune a tutti i suoi concittadini, ora si ingrandiva agli occhi suoi, si allargava in una concezione più vasta e più vera… Si gittò in quelle idee, comprendendo pienamente l'entusiasmo dell'abate Cannella e dell'avvocato Di Blasi. E fece la campagna nell'esercito del nord; poi in quello d'Italia nell'inverno e nella primavera del 1794; allora gli giunse la nuova della morte di sua madre e le sollecitazioni di venire a prendere possesso dell'eredità.
Stava in queste alternative, quando gli venne annunciata la visita di don Francesco Paolo Di Blasi.
Gli mosse incontro con viva cordialità conoscendo come l'ancor giovane e valente giureconsulto si fosse adoperato in favor suo, e sapendo di incontrare un uomo di princìpi e sentimenti affini ai suoi. L'avvocato entrando gli fece un saluto singolare facendo rapidamente percorrere la mano destra dalla spalla sinistra all'altra, e abbassandola lungo il lato destro. Corrado fece un segno di maraviglia, e gli strinse la mano in modo singolare.
- Non mi ero dunque ingannato - disse lietamente don Francesco. Piove?
- Siamo al coperto - rispose Corrado, e chiusa la porta abbracciò e baciò tre volte l'avvocato. Poi domandò:
- C'è una Loggia qui?
- Due - rispose l'avvocato - i Figli di Bruto, alla quale appartengo io e dove verrete voi a visitarci venerdì venturo; e la Rigenerazione, fondata dall'abate Cannella che voi conoscete. Rito scozzese.
- Si lavora?
- Sì. Ma copertamente. Non siamo ancora numerosi. La borghesia è tiepida e titubante, sulla nobiltà non ci è da contare, e quanto alla plebe è ancora troppo ignorante e superstiziosa per seguirci. Bisogna penetrare cautamente e destramente nelle anime, scandagliarle, suscitarvi nuovi desideri, nuove speranze, odio alla tirannia e persuaderle della bontà e dell'eccellenza del regime repubblicano... Bisogna fare ciò cautamente, perchè, da quando cominciò la guerra in Italia, siamo circondati da spie... E voi stesso, che siete preceduto dalla fama di giacobino, sarete certamente spiato; il che vi obbliga a essere prudente...
 
 
Luigi Natoli: Calvello il bastardo.
Pagine 885 - Prezzo di copertina € 25,00
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Luigi Natoli: Francesco Paolo Di Blasi e le prime idee di uguaglianza e libertà. Da: Calvello il bastardo.

- Ecco che cosa può l’ignoranza in cui è tenuta la patria nostra! – osservò amaramente don Francesco – uomini di cuor generoso, di spiriti nuovi, atti ad affrontare e a vincere i pregiudizi sociali, sono sopraffatti dal pregiudizio politico, che rappresenta le nuove idee, i nuovi principii come qualcosa di innaturale, di spaventevole... Eh, giovanotto mio, tutto ciò che è nuovo, e che per conseguenza urta contro il vecchio, è in fondo rivoluzionario; e ciò che è rivoluzionario è giacobino... Voi avete creduto di compiere un atto di riconoscenza verso un uomo che la fortuna ha fatto nascere in un ceto ritenuto inferiore, un atto perfettamente cristiano... ma nel tempo stesso avete combattuto e vinto in voi il pregiudizio anticristiano che vi faceva considerar cotesto giovane come un vostro inferiore; avete cancellato la distanza che la vecchia società ha posto fra padroni e servi, e avete proclamato l'idea della vostra fratellanza.... Che cosa volete di più rivoluzionario nel vostro atto? Ebbene, giovanotto mio, cotesto giacobinismo che vi ha fatto paura, proclama appunto il gran principio che tutti gli uomini sono uguali e sono fratelli...
- E perchè dunque tutte le nazioni insorgono contro la Francia? – oppose Corrado.
- Le nazioni? No. Sono i re, ed è chiaro: sono i padroni che non vogliono perdere il dominio sugli uomini tenuti come schiavi, e.che hanno paura di quelle nuove idee proclamate in Francia...
- E perchè i giacobini offendono la Chiesa e perseguitano i sacerdoti?- Perché i preti, invece di prendere la difesa degli umili, e professar, come sarebbe loro dovere, il grande principio cristiano della fratellanza umana, si sono posti a servizio dei padroni, per ribadire le catene della schiavitù. Essa è contro il popolo e contro il precetto di Dio…


Corrado li ascoltava con stupore e con un certo piacere avido: bandito, posto fuori legge, vittima anche lui di oscure persecuzioni, di pregiudizi e di ingiustizie, intravedeva nelle parole di quegli uomini un mondo ideale nuovo, nel quale certi pensamenti, certe aspirazioni che gli parevano naturali e suggeriti dalla sua singolare condizione si coloravano di una luce nuova.
- È tempo in verità di snebbiare le menti, – continuò don Francesco accalorandosi; – è tempo che la luce del vero risplenda. Bisogna liberare il popolo dalla schiavitù; che il potere sia restituito alla nazione; che sia chiuso e per sempre il regno dell'ignoranza e della miseria!... Voi avete percorso tutte queste nostre regioni; avete veduto feudi immensi, senza un filo d'erba; abbandonati alla pastura; senza una casa; e di quando in quando  un villaggio miserabile, abitato da contadini miserabili, proprietà di un patrizio, che non conosce neppure, che li fa morire di freddo, di fame, di malaria; ma che ogni anno spreme da quelle terre e dal lavoro di quei contadini di che rivestir di oro le sue carrozze, gittare una farina sopra un tavolino da giuoco o sul letto di una cantatrice o di una ballerina! Tutta la nostra isola, un dì fiorente e ricca, ora non è che un vasto campo di sfruttamento nelle mani della nobiltà e del clero. Non ci sono che tre ceti; due ricchi, nobiltà e clero; uno povero, il popolo. La povertà di questo costituisce la ricchezza degli altri, e lo tiene schiavo. Ora bisogna che il popolo abbia la sua parte di ricchezza; e, per averla, deve conquistare i medesimi diritti degli altri due ceti, o deve distruggere quelli in virtù dei quali nobiltà e clero hanno spogliato e assoggettano il popolo. Ecco, che cosa è questo giacobinismo che vi ha fatto paura: è la libertà per tutti, l'uguaglianza di tutti, la fraternità fra tutti. È un delitto? No. È riconoscere in ogni uomo un valore pari a quello di un altro uomo; e non riconoscere altro privilegio se non quello della virtù, dell'ingegno, e del valore. Voi, in coscienza, vi sentite come uomo forse inferiore al primo titolato, allo stesso vicerè? No? E perchè dunque ciò che sentite nella coscienza non deve essere riconosciuto da un diritto? 


Luigi Natoli: Calvello il bastardo.
Pagine 855 - Prezzo di copertina € 25,00
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