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venerdì 7 luglio 2017

Luigi Natoli: Il concorso delle squadre siciliane nei tre giorni della presa di Palermo, dal 27 al 31 maggio 1860. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Io non mi sarei tanto indugiato a raccogliere prove e testimonianze, e a ristabilire la verità storica, se si fosse trattato di uno scrittorello insignificante; ma poichè le antiche e stolide accuse, spiegabili in tempi di passioni e di gelosie, nei quali pareva non poter affer­mare i propri meriti verso la Patria, se non avvilendo gli altri (prova ne sia la guerra invereconda di cui fu vittima Giuseppe La Masa) poichè, dico, queste accuse, vengono sempre rimesse in giro, dopo tanto tempo, e tanto lume di critica, e da uomini che, in fatto di storia, sono tenuti meritatamente autorevoli, era dove­roso ribatterle.
L' ho fatto con serenità; e, più che servirmi di sto­rici moderni, facendo riudire le voci di quelli che furon testimoni dei fatti, e che il Luzio stesso cita. Se avessi voluto, avrei potuto moltiplicare queste voci; e avrei potuto raccogliere nuove e più dolorose prove di male­voglienze e di ingiurie e di falsità; avrei anche potuto ribattere ingiurie con ingiurie. Ma nè io, nè alcuno degli scrittori siciliani pensarono mai di rilevare gli atti di viltà che fecero giudicare diciannove dei volontari salpati da Quarto, indegni di fregiarsi della medaglia commemorativa. Nè le colpe di costoro, nè la fuga di qualche capitano a bordo di una nave francese, generalizzammo a danno e scherno di tutti; come per la istantanea con­fusione di pochi picciotti inesperti di guerra, fecero contro tutte le squadriglie, anzi contro tutto il contri­buto di forze dato dalla Sicilia alla campagna del 1860, alcuni scrittori del continente.
L'opera delle squadre, le condizioni di Palermo, i fattori del successo, la parte presa dalla città all'alba del 27 maggio, ho già dimostrata. Potrei qui continuare narrando quel che il popolo di Palermo e le squadre fecero in tre giorni di combattimento; e far sapere, a chi non lo sa, o ricordarlo a chi l’ha dimenticato, che tutti gli episodi svoltisi nei vari punti della città, e nei quali i narratori non videro che solamente i legionari di Garibaldi, ebbero il concorso eroico del braccio e del cuore siciliano.
I legionari da soli non avrebbero potuto far nulla. Scrive sul proposito l’Eber:
“La città era troppo grande e i guerrieri che dalla penisola condusse Garibaldi, sono troppo pochi per mandarsi in tutti i punti, e la loro vita è troppo preziosa per esporla, tranne nei momenti di assoluto bisogno. Per la qual cosa sono gli insorti quelli che formano il grosso dei combattenti nella più parte dei luoghi”.
E appresso:
“I giovani Siciliani sembra che provino un gran diletto nello snidare i soldati dalle loro posizioni e lo facevano con una ostinazione di volontà tale da mostrare un talento per la tattica; giovandosi d'ogni destro per girarli e prendere alle spalle le loro posizioni”.
Non vi era un piano prestabilito di attacchi; questi erano suggeriti dal bisogno. Si sapeva di dover respin­gere i regi, e tenerli lontani dal quartier generale di Garibaldi; si sapeva che bisognava espugnare il Palazzo Reale, sede del nemico. La necessità e l’importanza di questa espugnazione era nella tradizione rivoluzionaria di Palermo. Dal 1647 in poi, tutte le rivoluzioni ebbero questo obbiettivo principale: impadronirsi del Palazzo Reale. Così si fece al 1820, così al 1848; così bisognava fare al 1860; e così tentossi anche nella infausta som­mossa del 1866...


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Prezzo di copertina € 24,00 - Pagine 575.
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it



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