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sabato 2 giugno 2018

Luigi Natoli: storia del tricolore esposto a Roma dai Siciliani - Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


La bandiera poi “dai cittadini venne posta in mano della statua equestre in bronzo, rappresentante Marco Aurelio nella piazza del Campidoglio” ove sventolò il successivo giorno “fino alle 4 pomeridiane” quando “formalmente” e alla presenza del popolo numeroso venne “rimossa da quelli stessi che ve l’avevan situata”.
La bandiera fu allora presa in consegna da alcun cittadini, che vollero serbarla in memoria dell'avvenimento; e furono i signori Vittorio Merighi, veronese, che abitava in via dei Pontefici n. 50; Antonio Panuzzi, romano, abitante in via dell’Unità 78; Carlo Pastori, parmigiano, che stava in via della Pace n. 13; e Girolamo Sellino, romano, legale, che abitava ai Coronari 13. Non potendo certamente fare a pezzi la bandiera convennero di farla custodire nel Caffè delle Belle Arti, che era allora nel Corso, al n. 404. 
Ma pochi giorni dopo Luigi Orlando ne domandò la restituzione, proponendosi di inviare il prezioso e storico vessillo alla municipalità di Palermo già liberata dal giogo borbonico. E così quei sei cittadini da una parte e Luigi Orlando dall’altra convennero l’11 di marzo del 1848 nel Convento dei padri Teatini di Roma e precisamente nell’ “appartamento del padre Francesco Ventura”, con l’intervento del notaro Orazio Milanesi, romano, milite del 2° battaglione civico e notaio di collegio, “presenti l’Ill.mo e Rev.mo don Gioacchino Ventura figlio del signor D. Paolo barone di Raulica e Generale dei RR. PP. Teatini... e il molto reverendo padre don Gaetano Alberto nativo di Trapani” e fu redatto e pubblicato l’atto di consegna, firmato da tutti gli intervenuti. Del quale si rilasciava copia autentica all’Orlando, che prometteva formalmente di depositare presso il notaro Milanesi copia autentica della deliberazione del Municipio di Palermo “onde in ogni tempo consti la testimonianza della simpatia e dell’interesse che la Sicilia ha preso per il bene dell’Eterna Città, e l’onore che si faceva al loro vessillo dai Romani”. 
L’atto era debitamente registrato il 14 marzo 1848 nel vol. 239 Atti civili, al foglio 14 casella 1. “gratis”.
Luigi Orlando fedele alla promessa, venne in Palermo, consegnò la bandiera al Municipio. Il Senato, anzi l’ “Eccellentissimo Senato della Città di Palermo, Grande di Spagna di prima classe” – come è detto nella deliberazione – era composto dei signori Marchese di Spedaloto pretore Presidente, cav. don Alberto Vassallo Paleologo, barone don Girolamo Valdaura, D. Stefano Emanuele Fraccia barone di Favarotta, D. Giulio Benso duchino della Verdura, cav. Don Giuseppe Rao di Cancemi e di Capopassero senatori, e D. Eduardo Alliata duca di Salaparuta, ed assistito dall’archiviario don Domenico Naselli. 
Accettando con deliberazione del 15 maggio l’offerta della bandiera portata da Luigi Orlando “guardia nazionale di Roma” il Senato tiene a rilevare che il processo verbale del Notaro Milanesi – dice la deliberazione “un eloquentissimo indirizzo dei nostri fra­telli teverini” e “ribagnò nuova volta il nostro ciglio” di affetto e di simpatia per la terra dei Cesari “....e i nostri eroi palpitarono del palpito più generoso che mai fosse concesso a umana gente”.
E fedele interprete del pubblico suffragio, il Se­nato vuole che nella pagina della nostra redenzione siano scritte queste parole:
“Fratelli Quiriti, fratelli Merighi, Ranuzzi, Costa, Pastori, Sellini, nostri fratelli di Sicilia che stanziate in Roma, ascendete il Campidoglio, onde abbracciare in un sol punto le solenni ruine della Roma Pagana e la maestosa grandezza della Roma cristiana; ivi spiegate nuova volta il vessillo della immensa opera della Roma attuale, e scrivete in un marmo sotto alla statua di Marco Aurelio: Pio IX il 3 febbraio 1848 qui raccolse il voto di tutte le generazioni italiane, qui la sua mano alzò l’altare della Sicilia, ed ora qui i Siciliani depon­gono le loro lagrime di riconoscenza per l’immortale padre della loro patria”.
Copia della deliberazione si consegnò ad Orlando per portarla “al Municipio dell' eccelsa città” (107).
Leggendo questa prosa oggi si sorriderebbe, e si direbbe: troppa enfasi. Ma l’enfasi era del tempo. Del resto in ogni occasione se ne fa, nè sempre è sincera. Al '48 sì. Era un'esaltazione commovente che aveva bisogno di sfogarsi con grandi parole; perchè veramente allora si sognò. Ma benedetti quei sogni dai quali doveva balzare viva la realtà dell'unità nazionale.


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
 Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
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