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giovedì 28 giugno 2018

Giuseppe Ernesto Nuccio: Picciotti e Garibaldini. Dalla prefazione di Rosario Atria.

Il romanzo Picciotti e Garibaldini  di Giuseppe Ernesto Nuccio fu pubblicato in volume nel 1919, con illustrazioni di Alberto Della Valle, per i tipi della casa editrice fiorentina R. Bemporad & Figlio, che aveva assorbito sul finire del secolo decimonono la Libreria Editrice Felice Paggi ed era particolarmente attiva sul fronte delle proposte per i più giovani: figuravano già, all’interno del suo catalogo, opere di grande fortuna e popolarità afferenti al filone della narrativa per ragazzi, come Le avventure di Pinocchio di Collodi e Il giornalino di Gian Burrasca di Vamba.
Una prima versione del lavoro di Nuccio, con titolo I Picciotti (“i ragazzi”, in dialetto siciliano) e illustrazioni di Filiberto Scarpelli, era apparsa tra il maggio 1910 e il luglio 1911 sul “Giornalino della Domenica”, prodotto editoriale di punta della Bemporad. Significativa era la scelta del titolo, perfettamente in linea con il pubblico di riferimento del noto settimanale illustrato, che si rifaceva ai modelli tardo-ottocenteschi del “Giornale per i Bambini” e del “Giornale dei Fanciulli”, ma guardava anche alla più recente esperienza della rivista transalpina “La Semaine de Suzette”, proponendosi di offrire al «giovine pubblico» borghese dell’Italia unita una lettura «educatrice senza esser noiosa».
Il “Giornalino” si offriva ai piccoli lettori in una veste grafica accattivante, giovandosi del contributo artistico di giovani illustratori di talento, e – aspetto tutt’altro che secondario – della collaborazione di alcuni tra i più importanti esponenti del mondo letterario italiano. Un progetto di grande fascino e respiro, che portò però l’editore nel 1908 ad un deficit d’impresa: Bemporad lasciò l’iniziativa nelle mani di Bertelli, il quale riuscì a differire di qualche anno il momento della chiusura della rivista, poi disposta nel 1911. Nell’immediato dopoguerra, il periodico riaprì i battenti, pubblicato dall’editore fiorentino Somigli, sempre sotto la direzione di Bertelli.
Ebbene, il romanzo di Giuseppe Ernesto Nuccio si inseriva in modo organico all’interno di un preciso programma di formazione del carattere nazionale, orientato verso un pubblico di giovanissimi lettori, figli della buona borghesia italiana e destinati a costituire la futura classe dirigente del Paese: progetto che, nella ricorrenza del cinquantenario dell’impresa garibaldina, intendeva anche veicolare tra i giovani della Penisola la conoscenza, per via narrativa, di snodi significativi del Risorgimento e dell’Unità d’Italia.
Va detto che, al tempo in cui scriveva Nuccio, il romanzo storico attraversava una stagione di flebile vitalità: erano ormai lontani per il genere i fasti di primo Ottocento, indissolubilmente legati alla spinta rivoluzionaria ed anzi – come ha sostenuto Vittorio Spinazzola – in età postunitaria s’era andato affermando il romanzo antistorico, particolare evoluzione del genere che si fondava sulla negazione della storia come progresso: basti pensare alle opere di ambientazione contemporanea o ultra-contemporanea di Verga, De Roberto, Pirandello, che registrano il fallimento delle speranze rivoluzionarie, denunciando l’incompiutezza del nostro Risorgimento.
Godeva invece, come già evidenziato, di ottima salute la letteratura per ragazzi, che faceva registrare un consenso crescente di pubblico, rappresentando uno degli indotti più importanti per l’industria editoriale.
Subito dopo il successo del Pinocchio di Collodi (opera che seppe guadagnarsi anche il favore della critica), fu la volta del libro Cuore di Edmondo De Amicis, ineludibile modello di riferimento per tutti quegli autori che – come Nuccio – intendessero contribuire a forgiare la futura classe dirigente dello stato unitario.
Chi scriveva per un pubblico giovanile doveva mostrarsi abile nel coniugare l’intento didascalico-paideutico con quello ludico. La sfida era quella di concepire delle storie che appagassero la legittima attesa di un piacevole svago da parte dei ragazzi, senza dispiacere ai più grandi, anzi – se possibile – attraendoli nella schiera dei fruitori. Per questa ragione, la narrativa per ragazzi si configurava, precipuamente, come narrativa sui ragazzi, portando in scena protagonisti e personaggi della stessa età dei lettori, così da permettere il processo di immedesimazione e favorire il loro coinvolgimento nel testo.
In quest’ottica è da inquadrare la presenza di una nutrita schiera di giovanissimi tra i personaggi dell’opera di Nuccio: da Fedele (il pecoraio di Boccadifalco, nel segno del quale s’apre il romanzo) a Rocco (che narra a Fedele, suo fratello di latte, le gesta di Crispi, Mazzini, Garibaldi, con un trasporto tale da accendere e far divampare anche in lui il fuoco rivoluzionario); da Turi a Pispisedda (il monello che aiuta don Ciccio Riso a preparare le armi per la rivoluzione e, pian piano, assurge a protagonista del racconto), ai picciotti tutti (Sautampizzu, Cacciatore, Ferraù, Centolingue, don Gaetanino): figli di Sicilia che si mischiano ai garibaldini, facendo fronte comune contro i Borboni e sacrificando, in tanti casi, la vita sull’altare di un sogno condiviso: la patria.


Rosario Atria 
Dott. di ricerca dell'Università di Palermo, italianista, autore di studi sulla poesia del Due-Trecento, sulla narrativa storico-popolare dell'Ottocento, sulla lirica leopardiana, sulla narrativa del secondo Novecento. Si interessa anche di storia e letteratura archeologica di Sicilia.

Giuseppe Ernesto Nuccio: Picciotti e Garibaldini. 
Pagine 511 - Prezzo di copertina € 22,00
Con le illustrazioni di Alberto della Valle (1917) e copertina di Niccolò Pizzorno. 
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 




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