Il 20 aprile, in un
proscritto, il re finalmente dà una prima notizia sulla temuta spedizione per
la Sicilia di cinque o seicento “ribaldi” a bordo di un vapore inglese, S.
Venefredo, capitanati da un “tal Tinconi”. Non è a fidarsi nell’ortografia e
nella stampa del libro; che intende dire con quel Tinconi non sappiamo; nessuno
tra gli emigrati e tra i compagni di Garibaldi e tra gli esuli ha quel nome o
gli si avvicina. Lasciamolo lì, e piuttosto leggiamo più giù: “Dicesi che
Garibaldi con un vapore, forse russo, verrà a Messina, e che altri siano
costà”; e che a Genova si arruolerebbero “individui da imbarcarsi per Sicilia,
da raggiungere Garibaldi”, e per queste ragioni stima urgente stabilire la
crociera: per suo incarico il colonnello Severino, suo segretario particolare
prescrive al Castelcicala le navi e i limiti assegnati a ciascuna. Sono
quattordici, e circondano l’isola.
Il 30 il re dà l’annunzio
che Garibaldi “il quale per incanto era sparito, ricompariva di bel nuovo in
Genova il giorno 25 del corrente... La mattina del 28 egli era nelle vicinanze
di Genova, dove attendeva a radunare rifuggiti ed armi, e con Medici e Bixio,
suoi luogotenenti, sollecitava i preparativi d’imbarco”. E continua con altri
particolari, fra cui quella che la spedizione, si diceva, invece che in Sicilia
fosse diretta sul continente; ma non era vero. “È forza che si raddoppi di
attività e di vigilanza”. Da questo momento cominciano le preoccupazioni per lo
sbarco di Garibaldi.
Il Castelcicala si affanna
ad assicurare il re che le bande sono disperse, non dice che sono distrutte; e
il re se ne compiace, ma intanto si preoccupa delle forze per contrastare lo sbarco;
e con preveggenza che diremmo profetica gli scrive:
Uno sbarco in Sicilia non sarà inferiore ad un numero di circa
1000 uomini, ed aggiunti a questi degli individui di paesi e contrade, che
potrebbero sommuoversi per lo sbarco, e degli individui che potrebbero venire
da essi armati nell’atto dello sbarco medesimo di armi, munizioni, ecc. ecc.
Delle sparute colonne in un solo battaglione, non potranno certo farvi fronte;
e di quale pessimo effetto sarebbe che una colonna di truppe dovesse cedere allo
scontro, e, peggio, venisse fatta prigioniera, e trasportata come spettacolo in
altri paesi, lascio a voi considerarlo. Epperò debbono sempre preferirsi le
riunioni forti di truppe, per così poter agire di accordo con le colonne, che,
come voi benissimo pensate, sbarcherebbero nei siti stessi ove i filibustieri
mettessero piede a terra, e così trovarsi costoro in mezzo a due fuochi.
Il Castelcicala però opina
che lo sbarco avrà luogo ad Agrigento; il re quasi insiste per Salemi e
Canicattì, ma poi conclude: “Del resto, voi saprete regolare le cose nel
miglior modo, e non ne dubito”.
Il re dunque ebbe la
precisa intuizione di quello che sarebbe avvenuto; ma Castelcicala non pare sia
persuaso, e non provvede a concentrarsi a Salemi, ma neppure ad Agrigento. Si
limita a domandare un battaglione di svizzeri, e poi... poi informa il re che
inviava truppe a Catania, che la colonna del generale Primerano non ha finora
contribuito al ritorno dell’ordine nei distretti di Termini e di Cefalù; che il
maggiore D’Ambrosio aveva fatto il disarmo di duecento persone, e cento altre
cose, trascurando la cosa più importante, per cui il re perde la pazienza e
scrive che sono quarantuno giorni che, con un consiglio di direttori il
luogotenente avrebbe dovuto essere “alla fine della cosa”.
L’11 maggio avviene lo
sbarco di Garibaldi a Marsala....
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