Elusa la crociera napoletana nel Tirreno,
e mutata rotta, l’11 maggio il Piemonte
e il Lombardo, filavano
verso la Sicilia; e gli esuli Siciliani videro con le lagrime sugli occhi l’antico
Erice avvolto fra le nebbie del mattino, faro gigantesco, che sembrava
aspettare il ritorno dei figli lontani. Videro le Egadi tra il rosso vapore
dell’aurora, e ritti sulle prore salutavano la madre terra, per la cui
redenzione venivano a dare la vita. Garibaldi domandò a Salvatore Calvino, che
era di Trapani, se conveniva tentare ivi lo sbarco; ne fu dissuaso, e anche dal
Turr, che, come si era stabilito in un consiglio con Crispi, Orsini, Castiglia,
propendeva per Marsala. Oltrepassata Favignana, incontrata una paranza
comandata da Antonio Strazzera, fattala avvicinare, Garibaldi gli domandò se vi
fossero legni da guerra napoletani in quei paraggi, e truppe in Marsala: seppe
che i legni avevan preso il largo verso Sciacca, e che le truppe eran partite
il giorno innanzi: ed allora ordinò che il Piemonte e il Lombardo a
tutto vapore facessero rotta sopra Marsala, dove giunsero verso il tocco. Il Piemonte entrò
nel porto, ove stavano all’ancora due navi inglesi l’Argus e
l’Intrepid; il Lombardo
arenò. Cominciò subito lo
sbarco sulle scialuppe delle due navi e la paranza dello Strazzera, offertasi
spontaneamente; altre barche furono obbligate a prestarsi.
Il corpo dei volontari non era ancor tutto sbarcato, quando apparvero
due navi borboniche, lo Stromboli e il Capri, che venivano
velocemente; e in breve si collocarono in
posizione di combattimento dinanzi al porto. Ma la presenza delle due navi
straniere, e la vista delle tuniche rosse sul molo, che sembrarono uniformi di
truppe inglesi, resero dubitosi i comandanti delle navi
borboniche; i quali per timor di complicazioni diplomatiche, mandarono un ufficiale a
bordo delle navi britanniche, a chiedere informazioni prima di aprire il
fuoco. L’indugio diede tempo al resto dei volontari di sbarcare, disporsi in
colonna e marciare verso la città; e quando le navi borboniche tirarono, non
fecero altro danno che uccidere un povero cane: sfogarono allora contro le due
navi abbandonate; il Lombardo distrussero: il Piemonte rimorchiarono a Palermo,
inutile trofeo della loro imperizia.
Questa nave, che avrebbe dovuto essere
conservata, come testimonio di un prodigio, come cosa sacra, fu dall’ Italia
risorta mandata poi a Bari a far ufficio di rimorchiatore del cavafango!
Luigi Natoli: La rivoluzione siciliana del 1860 fa parte del volume: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
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