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mercoledì 10 gennaio 2018

Luigi Natoli: 1848-2018. I sentimenti di italianità in Sicilia nel 1846. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Simili idee cominciavano a propagarsi fra i giovani di Sicilia, sia pel fervore con cui si leggevano Dante, Alfieri, il Foscolo e le storie del Botta, e si evocavano le grandi figure dell’antica storia patria; sia per le relazioni che tra i liberali nostri si stringevano – come testimonia Rosolino Pilo in una lettera al La Masa, – “coi liberali della penisola che... abbracciavano i principi della Giovine Italia” (17). 
Si erano formati in Palermo, in Messina, in Catania, in Siracusa, come in Napoli, come altrove, dei gruppi di giovani liberali, che segretamente cospiravano, e che non si estraniavano dall’Italia; attratti in quel fervido lavorio che da Parigi, da Londra, da Malta convergeva i suoi sforzi sull’Italia: e la Sicilia fin da quei tempi era designata come la terra donde doveva partirsi la rivoluzione, non siciliana, ma italiana. 
Giungeva anche qui la voce di Giuseppe Mazzini con le copie della Giovane Italia; e si trascriveva la sua lettera ai siciliani, sprone, ammonimento e invito; ma non creava un partito rigidamente unitario: fomentava sì il sentimento nazionale; ma i nostri lo armonizzavano con la loro storia: e la loro storia si compendiava in una parola: indipendenza. E però la formola politica che si maturava negli animi era quella suggerita da Michele Palmieri fin dal 1830 (18) una confederazione di liberi stati italiani della quale la Sicilia avrebbe fatto parte come stato, non come provincia. Su questo principio nel 1838 Michele Amari scriveva, e Francesco Brisolese stampava alla macchia, onde ebbe a patirne prigionia, il Catechismo Siciliano; nel quale si può leggere questo periodo: “Grande e bello è il pensiero della unione di tutta l’Italia in uno Stato che sarebbe possentissimo quanto altro al mondo. Felici si vedrebbero ora gli Italiani, se, sin da 8 secoli, in qua delle Alpi non vi fosse stato che un impero. Ma come l’Italia da secoli è divisa in tanti piccoli stati...: impossibile la unione di tutte le provincie italiane...”. E perciò i rapporti che convenivano erano quelli della Federazione, nella quale “lietissima” la Sicilia sarebbe rientrata (19). 
Le quali idee ribadiva nel 1846, pubblicando l’allora inedito Saggio storico sulla Costituzione del Regno di Sicilia di Niccolò Palmieri: nella prefazione al quale egli segnava quale, praticamente, doveva allora essere la soluzione del problema italiano, cui era connesso quello siciliano. 
Comunque, si cospirava in Sicilia non più isolatamente; e tracce di questo lavoro di cospirazione e delle pratiche segrete che correvano fra la Sicilia e il continente si possono trovare spigolando gli epistolari, e attraverso le carte degli Archivi di Stato. Quelle dell’Archivio di Palermo rivelano la costante paura del governo, che sapeva, e ne metteva sull’avviso le autorità dell’isola, quel che Nicola Fabrizi, esule da Modena, faceva a Corfù – dove era allora; – segnalava i suoi sospetti su cantanti e viaggiatori che venivano dal continente, e che si supponevano agenti rivoluzionari; avvertiva la venuta di emissari della Giovine Italia; e delle intese e scambi fra i rivoluzionari di Francia con quelli di Spagna, e le relazioni fra questi e i Siciliani e gli esuli di Malta; e di una Rivista Straniera, della quale Palermo doveva essere uno dei centri di distribuzione. In una lettera dell’8 febbraio 1838 diretta da Valenza a Nicola Fabrizi in Corfù, e formata da Enrico Cialdini, Manfredo Fanti e Nicola Arduino, essi speravano prossima una sollevazione dell’isola, dove il “foco” era “coperto di cenere ma non spento”. E qui, col pretesto di farlo curare d’una ferita, si proponevano di far venire il Castelli, per “l’utilità che se ne poteva avere” (20). Anzi si pensava ad una spedizione armata, adoperandovi i valorosi Italiani che avevano combattuto in Spagna, a ciò dando agevolezza la corrispondenza fra Siciliani e Spagnoli. Di questi propositi che agitavano gli esuli, e della corrispondenza il governo napoletano era avvertito, forse, come si disse, da leggerezze del Pacchiarotti (21).  



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
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