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mercoledì 1 marzo 2017

Luigi Natoli: Il 4 aprile non si ferma a Palermo... Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Nei dintorni della città seguirono fieri scontri, in quello e nei giorni successivi, fra le squadre e le colonne mobili, spedite dal generale Salzano, coman­dante in capo. Ai Porrazzi i regi attaccarono la squadra condotta dal Badalamenti e da G. B. Marinuzzi, e per snidarla dovettero usare l’artiglieria; ivi morì, dei nostri, Andrea Amorello, da nessuno ricordato: al ponte delle Teste, a S. Maria di Gesù, alla Guadagna avveni­vano altri scontri: e qui facevan prigione Giuseppe Teresi, giovane appena ventiquattrenne, serbato al mar­tirio. A Monreale il maggiore Bosco, coi cacciatori, do­vette durar fatica per sostenere l’impeto delle squadre di Piana condotte dal Piediscalzi, di quelle di Partinico, condotte dai fratelli Damiano e Tommaso Gianì, e di quelle di Alcamo, già insorta, condotte dai fratelli Triolo di S. Anna.
Questi combattimenti durarono più giorni, e in uno di essi, il giorno dodici, cadde a Lenzitti prigioniero Liborio Vallone di Alcamo, morirono Giuseppe Fazio da Alcamo e Giuseppe Ricupati da Partinico: lo stesso Bosco scampò per miracolo alle fucilate dei fratelli Tri­firò di Monreale.
A Bagheria le squadre respinsero due compagnie di linea, e costrettele a rinserrarsi nel casino Inguag­giato, ve le assediarono. A liberarle fu spedito il gene­rale Sury con quattro compagnie, cannoni e compagni d'arme: avvenne uno scontro; le squadre furono di­sperse, ma i regi vi lasciaron dieci dei loro. Qui rifulse l'eroismo di Andrea Coffaro, vecchio di sessanta anni, e del suo giovane figlio Giuseppe, che barricatisi in una casa, da soli vi sostennero il fuoco dei regi; fin che Giuseppe, sdegnando combattere dietro i ripari, uscì all'aperto, e colto da una palla in fronte, rese la forte anima: onde Andrea, desolato, gittò l'arme, e fu preso e condotto in Palermo riserbato al martirio. Nessuna storia raccolse l’eroico gesto, le cronache di fonte bor­bonica sì: noi gli dedichiamo il verde fiore del ricordo.
Più fieri combattimenti si svolsero a S. Lorenzo ai Colli. Ivi la sera del tre si era recato Giuseppe Bruno-Giordano, per portar munizioni alla squadra di Carmelo Ischia; e poi che nel tornare aveva trovato le vie occu­pate da una colonna condotta dal maggiore Polizzy, rifatta la via, e ignorando l’insuccesso di Palermo, radunò quanti più uomini potè, per affrontare i regi. Alla sua squadra s’aggiunse un buon numero di Carinesi.
Carini, sollevata il 3 dal padre Calderone, aveva mandato una forte squadra, che giunta a Sferracavallo, ucciso un milite, aveva piegato sopra Passo di Rigano; incontrati i regi, dopo breve combattimento, fu respinta. Molti si sbandarono e ritornarono a Carini: i più sce­sero ai Colli e si unirono con quelli del Bruno. Erano in tutto poco più, poco meno di 200 uomini. Il 5, assa­lito il battaglione del Polizzy lo costrinsero a ritirarsi fino ai Leoni: il generale Salzano mandò allora tre com­pagnie del decimo linea e una sezione d'artiglieria da campo; ma quei 200 uomini fortificatisi nel quadrivio di S. Lorenzo, respinsero gli assalti. Quel combattimento, dicono i documenti borbonici, “fu una vera battaglia”; e nessun elogio potrebbe esser migliore di que­sto reso dal nemico a prodi terrazzani, che il governo chiamava “predoni”. Più tardi uno storico narrerà che questi contadini, che per giorni, per settimane, vissero sui monti, patendo la fame, senza disertare la bandiera, il 27 maggio fuggirono agli spari come pas­serotti: e un altro storico più grave e reputato dirà ch’erano dei mafiosi o dei contadini scalzi, i quali.... credevano che la “Talia per cui si battevano, fosse la moglie di Garibaldi”! Piacevolezze o miserie delle quali non mette conto sdegnarsi!
 
 
 
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
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Nella foto: Ferdinando del Bosco.

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