L’episodio del 4 aprile chiudevasi con una scena
pietosa e con una tragedia. Due degli insorti, Gaspare Bivona e Filippo Patti,
dopo che i regi ebbero assalito il convento, avevano, per la carità di un
frate, trovato ricovero nella sottoposta sepoltura, eludendo le ricerche della
polizia e della soldatesca. Ed ivi stettero cinque giorni, tra l’orrore e il lezzo
dei cadaveri, affamati, incerti del domani, temendo di essere scoperti.
Poterono, da una finestra poco alta sulla strada, far dei segni a un bottegaio
di fronte, averne qualche ristoro e concertare il modo di fuggire; ciò che non
era facile, essendo le vie d’intorno e il convento occupati ancora dalla
truppa. I due, scavarono una buca sotto la finestra, a fior di terra, e quando
ogni cosa fu pronta, alcuni ortolani ambulanti si fermarono coi carri lì presso
col pretesto di vendere le ortaglie, a barattare e a contrastare: si fermarono
anche altri venditori ambulanti, alcune donne finsero di impegnare una grossa
baruffa per distogliere l’attenzione dei soldati; il caffettiere che aveva
bottega sul canto, vi attirò gli ufficiali, offrendo loro del caffè; e così tra
il vocio dei venditori e delle donne, la confusione dei carri e delle ceste, il
Bivona e il Patti uscirono, strisciando dalla buca, tirati dai popolani, e
salvaronsi fuggendo pel contiguo vicolo. Momento di grandissima trepidazione, non
soltanto pei salvati, ma anche pei salvatori che, quando videro i due liberi e
sicuri, non poterono frenare le lagrime. La buca fu murata e consacrata con una
lapide ricordevole dell’atto di carità cittadina, e il vicolo contiguo
ribattezzato col nome di “Salvezza”.
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
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