Il 27
aprile moriva Francesco Riso. Trasportato sopra un carretto all'ospedale, vi
subiva un primo interrogatorio dal
commissario di polizia Carrega, che al cavaliere Balsano, deputato del pio
luogo, testimoniava essersi il Riso “battuto come un leone”. Interrogato il
domani dal giudice Uzzo, onesto magistrato, serbò il silenzio: la polizia tentò
aver nelle mani il ferito, per sottoporlo chi sa a quali torture, non l’ebbe
per la ferma resistenza di quei sanitari. Ciò non distolse il Maniscalco dal
tormentare il Riso, non solo con gli interrogatori processuali, ma con mentite
promesse e tristi lusinghe di liberargli il padre, già fucilato. E il 16 lo
sottopose a lungo stanchevole esame, in segreto; col quale fece di poi
compilare in ufficio un verbale dal giudice Prestipino, uomo di pochi
scrupoli, sostituito all' Uzzo, giudicato onesto: il qual verbale allora e poi,
diffusa ad arte la voce di gravi rivelazioni, offuscando il nome dell'eroico
popolano, servì a discreditare gli uomini della rivoluzione.
Il Riso
ebbe sentore delle dicerie, e qualche giorno prima di morire, se ne dolse
amaramente, dicendole infamie; e si afferma aver richiesto una pistola per
uccidere Maniscalco appena ripresentatosi...Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
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