Nel pomeriggio del 14, tra lo squallore e il silenzio
della città, al funebre rullare dei tamburi, i tredici martiri, circondati di
birri e di soldati e confortati dalla voce di sacerdoti, tratti dal Castello,
furono condotti ai piedi del baluardo di Porta San Giorgio; e lì fu compiuto
l’assassinio.
I tredici corpi crivellati dal piombo, furono ancor caldi
buttati, come carogne, in tre carri, e portati via in fretta, come se il
rimorso o l’orrore del delitto incalzasse a cancellarne le tracce! Furono
Sebastiano Camarrone, Domenico Cucinotta, Pietro Vassallo, Michele Fanaro,
Andrea Coffaro, preso l’8 in Bagheria, Giovanni Riso, Giuseppe Teresi, preso
alla Guadagna, Francesco Ventimiglia, Michelangelo Barone, Nicolò di Lorenzo,
Gaetano Calandra, Cono Cangeri e Liborio Vallone, preso il 12 a Monreale. Tutti
popolani.
Ma la sera dopo fu tentato un altro assalto alla VI Casa
e vi perdettero la vita due birri e un trombettiere. Successero alcuni giorni
di tregua apparente. Il 20 circolò per la città questa epigrafe: A Francesco Riso – martire infelice della
libertà della patria – non sospiri di letargo – non pianti di viltà – ma fieri
giuramenti di sangue – fremito di vendetta atroce.
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul risorgimento siciliano.
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Nella foto, il monumento alle XIII vittime, nella omonima piazza di Palermo
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