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mercoledì 15 marzo 2017

Luigi Natoli: La fucilazione del 24 ottobre 1831. Tratto da: Braccio di Ferro avventure di un carbonaro


Il 4 gennaio del 1825 morì improvvisamente Ferdinando I, di sessantaquattro anni, dopo circa sessanta di regno fortunoso, e non lasciò rimpianti. Gli successe Francesco che regnava di fatto: malaticcio, ipocrita, astuto, reazionario più del padre.
Il suo breve regno fu agitato dai tentativi dei Carbonari in Napoli e in Sicilia, di uno dei quali rimase vittima Gaetano Abela, vecchio carbonaro, vecchio cospiratore, entusiasta e sincero, ma più sognatore che altro: il quale, fu fucilato dentro il Castello di Palermo il 30 dicembre 1826. In Favignana fu scoperta tra i deportati una Vendita che voleva “uccidere i nemici della patria e gli oppressori d’Italia”
Il 21 settembre 1830 il Re moriva, funestato da deliri. Aveva un certo ingegno e si dilettava di studi fisici e d’agricoltura. In Palermo, quando era ancora principe, aveva fondato un podere modello con allevamenti nella contrada di Boccadifalco. Aveva accarezzato i liberali, ma poi li aveva abbandonati. 
Lo stesso anno, nel febbraio, era morto stoicamente di fame il principe di Castelnuovo, vissuto solitario e sdegnoso dopo la soppressione del Parlamento. Non avendo figli, lasciò il patrimonio per la fondazione di un istituto agrario, e un forte legato a chi avrebbe ridato la costituzione alla Sicilia; ma questo legato, come contrario alle leggi del regno, fu soppresso dal Re.
A Francesco I successe il figlio Ferdinando, ventenne, il quale lo stesso giorno 8 novembre pubblicò un proclama ai sudditi, che suscitò speranze. Il primo anno del suo regno avvenne l’ultimo tentativo carbonaro, senza preparazione e senza successo.
Domenico Di Marco, impiegato, di famiglia popolana, aveva col fratello Giovanni designato di insorgere; trovati animosi seguaci, stabilì la sollevazione per la notte del 1 settembre, al suono delle campane che commemoravano il terremoto del  1693. Ma, ingannati dallo scampanio d’una cerimonia religiosa in altra chiesa vicina, anticiparono l’ora; e dal luogo ove si erano raccolti, i sollevati entrarono in Palermo gridando: Viva la Costituzione!  Respinta una pattuglia, ucciso un dottore e un birro, non seguiti dalla popolazione, assaliti dalle forze maggiori, si dispersero per la campagna. Messa a prezzo la testa del Di Marco, e data la caccia ai fuggiaschi, in meno d’un mese furono presi; ventuno vennero condannati ai ferri, undici alla fucilazione. Il 24 ottobre caddero sotto il piombo: Domenico Di Marco, Salvatore Sarzana, Giuseppe Maniscalco, Paolo Baluccheri, Giambattista Vitale, Vincenzo Ballotta, Ignazio Rizzo, Francesco Scarpinato, Filippo Quattrocchi, Gaetano Remondini e Girolamo Cardella.
Questo moto generoso quanto sconsigliato non ebbe alcun legame con quelli della Romagna dello stesso anno. Il Di Marco fu un illuso, ma l’aver immolato la vita per la libertà fa sacro il suo nome e quello dei suoi compagni di sacrificio.
 
 
 
Luigi Natoli: Braccio di Ferro avventure di un carbonaro.
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Nella foto: Coccarda carbonara

 

 

1 commento:

  1. Uno degli uccisi era il mio antenato, notaio Corrado Magri'. Non sono riusciata trovare niente circa la sua morte a Catania. Potreste Aiutarmi?

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