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giovedì 12 gennaio 2017

Luigi Natoli: Il partito repubblicano nel 1848. Tratto da: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.


Gli storici siciliani della rivoluzione del 1848, mossi da non so quale paura, più della parola che della cosa, o non parlano o diminuiscono l’importanza delle mani­festazioni repubblicane, che non vi mancarono, negando perfino l'esistenza di un partito repubblicano, pel solo fatto che esso era scarsamente rappresentato in Parla­mento. E ciò, non ostante che più volte uomini di parte repubblicana, per la loro tutorità, fossero stati chiamati al governo.
Che un partito organizzato come lo intendiamo oggi non ci fosse, è vero: ma non è da maravigliarsene. Nel '48 le Camere non rappresentavano divisioni nette di partiti; v'erano certamente i più temperati a destra, e v'erano i più accesi a sinistra; ma poiché si era, e si fu, per tutti i sedici mesi in un periodo rivoluzionario, col nemico ai fianchi, e con la necessità impellente di costituirsi e assicurarsi l’indipendenza, il comune inte­resse offriva un terreno nel quale le frazioni del Par­lamento, anche senza preventivi accordi, si intendevano e procedevano insieme, superando le divergenze pro­grammatiche.
I repubblicani al Parlamento erano un piccolo gruppo, ma di prim'ordine; fuori del Parlamento erano più numerosi che non si creda. Michele Amari lo sto­rico, Giuseppe La Farina, Francesco Crispi, Vincenzo Errante, Giuseppe La Masa, Pasquale Calvi, Michele Bertolami, Giovanni Interdonato, Angelo Marrocco, Sa­verio Friscia e pochi altri alla Camera dei Comuni; e accanto a essi i simpatizzanti, come Paolo Paternostro, Francesco Ferrara, Gabriele Carnazza e altri più o meno, che sedevano a sinistra; fuori del Parlamento, Gabriele Dara, Carlo Papa, Pietro d'Alessandro, Rosolino Pilo, Francesco Milo-Guggino, Giorgio Tamaio, Rosario Ba­gnasco, Giuseppe Vergara-Craco, Carlo F. Bonaccorsi, Paolo Morello, Giovanni Corrao, Giuseppe Benigno, Giu­seppe Badia, poeti, scrittori, giornalisti, combattenti, e una folla di ignoti, che non mancava di manifestare i suoi sentimenti in foglietti anonimi, in poesiole. Ma i repubblicani non scrivevano soltanto nei gior­nali di lor parte; essi trovavano accoglienza – senza riserve – anche in altri giornali. L'Indipendenza e la Lega di Francesco Ferrara, il miglior giornale della Si­cilia e uno dei migliori che vedessero la luce in Italia in quei tempi, era preferito dagli scrittori repubbli­cani. Uno dei redattori più assidui era C. F. Bonaccorsi, amico del Mazzini, da lui conosciuto a Londra, e che avremo occasione di citare più innanzi. Quando non scrivevano sui giornali, mandavano intorno foglietti volanti. Uno ne ho sottocchio, che fra l'altro dice, parlando della rivoluzione siciliana: “...e chi sa se potrà smentire la comune sentenza che dalla schiavitù non possano i popoli destinarsi a liberissime istituzioni? E chi sa se tutto d'una sol voce proclamando il popolo il sacro nome di repubblica, diverrà la repubblica il pri­mitivo elemento della vita siciliana?”.
V’è un gruppo di poeti, e qualcuno degno di esser meglio conosciuto, che si possono dire i propagandisti dell'odio avverso la monarchia. Gl'inni stessi, esaltatori di vittoria o inci­tatori alla guerra, non si sottraggono a questo senti­mento: uno di essi, che io fanciullo sentivo ancora can­ticchiare da qualche vecchio del '48, aveva questa strofe, la sola che io ricordi:
Dall'Alpi allo Stretto
s' innalzi una voce;
si pianti la croce
sul trono dei re!
 Gabriele Dara, che, come dissi, era il Berchet della Sicilia, nei segreti convegni dei giovani leggeva le sue ardenti poesie, che, ricopiate si diffondevan celatamente.
 
 
 
Luigi Natoli: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860.
Tratto da: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
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