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martedì 2 aprile 2019

Luigi Natoli: La rivoluzione siciliana non iniziò il 04 aprile... Tratto da: Rivendicazioni.

La rivoluzione siciliana del 1860 non incominciò il 4 aprile; cominciò lo stesso giorno in cui il principe di Satriano entrò in Palermo a ristabilirvi l’autorità regia; perchè quando i cannoni salutarono il bianco vessillo dai fiordalisi, che s’innalzava là, dove per sedici mesi era sventolato il tricolore, l’anima siciliana vinta, non doma, riprese il suo posto di combattimento nel mistero delle cospirazioni. E per dieci anni, vestale della libertà, alimentò nel segreto e tenne viva la lampada sacra della patria; alla quale, ostie volontarie, Nicolò Garzilli immolò la dolce e pensosa giovinezza; la austera nobiltà, Francesco Bentivegna; la pugnace baldanza, Salvatore Spinuzza: nomi degni di perpetua ricordanza, quanto ogni altro, cui anche le storie per le scuole non mancano di rendere onore.
Nessuna regione d’Italia stese in quei giorni una rete di cospirazioni così vasta, e pur così salda e così infaticabile, che da Palermo si stendeva a Messina, a Catania, a Trapani, ai minori centri dell’Isola, e, oltrepassando il mare, stendeva ancora i suoi fili a Malta, a Genova, a Torino, a Firenze, a Marsiglia, a Parigi, a Londra. Noi avemmo una emigrazione di grandi nomi e di gran cuori, sparsa da per tutto; la quale, stretta intorno a Mazzini o a Cavour, i due astri maggiori, poteva essere divisa da ideali di forme; ma era unita, oltre che dalla comune origine e dalla comune sorte, nell’ideale più urgente e più alto della liberazione dell’isola e della sua fusione con la patria italiana.
Qualunque tentativo o moto ideato o attuato in Sicilia ebbe la sua preparazione contemporaneamente e concordemente nei comitati dell’isola, e in specie di Palermo, e in quelli dagli esuli costituiti dovunque si trovavano due siciliani.
È null’altro che una vanità attribuire a questo o a quello il vanto o la priorità di una iniziativa. Una era la mente, uno il cuore, uno il braccio; e questa unità era formata di tutte le menti, di tutti i cuori, di tutte le braccia della nostra gente, dovunque sparsa, vigile sempre nella speranza, incrollabile nella fede, indomita nell’insuccesso.
Per dieci anni la nostra rivoluzione fu un insuccesso materiale, e una lenta conquista morale: anche il moto del 4 aprile si presenta come un insuccesso; ma fu invece il cominciamento della vittoria: la sua preparazione era tale, che una prima sconfitta non avrebbe più potuto arrestare o allentare la marcia trionfale della rivoluzione. Essa ebbe un potente ausiliare nella polizia; che in nessun luogo e, forse, in nessun tempo fu così cieca, feroce e inumana contro il reato politico, come fra noi. Essa alimentò, coltivò, crebbe l’odio seminato da Ferdinando II, e lo accumulò sul capo di Francesco II; un re mite e umano, destinato, come Luigi XVI, a pagare i delitti compiuti dai suoi avi. La polizia si impersonò in un uomo: Maniscalco; che più realista del re, era un fanatico dell’assolutismo. Ma i suoi subalterni lo sorpassarono: Pontillo, Desimone, Carrega, Baiona, Sorrentino, Malato rappresentano ciò che si può immaginare di più bestiale; e la birraglia che li accompagnava aveva la voluttà del misfare. Non si può leggere, senza impallidire di orrore, il racconto della gesta che l’ispettore Baiona e tre gendarmi, i cui nomi erano tre rivelazioni: Tridente, Tempesta e Scannapicco, compievano nel Cefalutano per appurare il nascondiglio dello Spinuzza.
Il Baiona aveva inventato strumenti di tortura, che fatti conoscere all’Europa da Giovanni Raffaele levarono un grido di indegnazione. La paura, il sospetto, divenuti metodo di governo, empivano le carceri di presunti rei di cospirazione, che erano sottoposti a sevizie inaudite, delle quali molti serbarono le stimmate per tutta la vita. Quelle inflitte a Salvatore La Licata, arrestato pel tentativo del Campo, costrinsero lo stesso procuratore generale Pasciuta a intervenire, sebbene senza frutto; e l’arresto medesimo del La Licata è un esempio dei metodi scellerati della polizia. Egli celavasi sotto una botola in casa di un guardiano della contessa San Marco, il quale aveva moglie giovane e bella. Vi piombò un esercito di birri, che, secondo il costume, legati il guardiano e la moglie, tentarono a furia di nerbate strappare dalla loro bocca la rivelazione del nascondiglio. Non riuscirono; e allora tratta la donna all’aperto, dopo averla fieramente percossa cominciarono a spogliarla delle vesti. Ella taceva; ma quando quei manigoldi tra osceni sghignazzamenti, furono per strapparle la camicia, che sola le rimaneva, ed esporla nuda agli occhi di tutti, il sentimento del pudore potè più delle percosse: ella cedette e rivelò. Così agiva la polizia….



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento. Raccolta di scritti storici e storiografici che riproducono esattamente le edizioni originali. Il volume comprende: La rivoluzione siciliana nel 1860 (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910) Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI) I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento Italiano - 1931) Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927) 
Pagine 525 - Prezzo di copertina € 24,00 Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
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