Maniscalco reggeva in quei giorni il governo, per l’assenza del luogotenente generale Castelcicala: finse non saper nulla, ma convocò un consiglio di generali. Nella notte dal 3 al 4 fece circondare il convento della Gancia e le strade adiacenti. Riso aveva in tutto ottantadue uomini divisi in tre squadre: una di cinquantadue capitanata da Salvatore La Placa, uomo di grande audacia, s’era radunata in un magazzino alla Magione; la seconda di dieci, in una casetta nella via della Zecca; la terza di venti uomini con lui nel magazzino della Gancia. Altre squadre dovevano adunarsi qua e là; una nel vicino palazzo S. Cataldo, presso Carlo e Carmelo Trasselli; altra alla Fieravecchia coi fratelli Lomonaco. Si doveva cominciare con l’impadronirsi del Commissariato e del corpo di guardia di Porta di Termini, per aprire libero il passo alle squadre di Misilmeri e Bagheria concentrate alla Guadagna e al ponte delle Teste. All’alba Riso fu avvertito che erano circondati dalle truppe: non si sgomentò, disse che non era tempo di ritrarsi: egli avrebbe dato l’esempio: se lo vedevano tremare, l’uccidessero. E per vedere come stessero le cose, uscì dal suo magazzino. S’imbattè in una pattuglia di compagni d’armi e soldati: “Chi viva”? – “Viva il re”! – dicono. – “Viva l’Italia!” – risponde. Si fa fuoco: un birro, certo Cipollone, cade. Così comincia la mischia. Riso e quel pugno d’uomini sostengono l’assalto delle truppe regie: Domenico Cucinotta e Nicola Di Lorenzo salgono sul campanile e suonano a stormo. Accorre Salvatore La Placa con la sua squadra; cade ferito gravemente: mani pietose lo raccolgono, lo celano, lo curano. Questo eroico giovane, sottratto così alla morte, il 27 maggio riprenderà il suo posto di combattimento, e sarà ferito ancora una volta.
Cadono Michele Boscarello, Damiano Fasitta, Matteo Ciotta, Francesco Migliore, Giuseppe Cordone, un Randazzo: Riso dopo esser corso al campanile a piantarvi il tricolore, scende, si batte, cade ferito da quattro colpi all’addome e al ginocchio; un birro, che qualcuno dice l’Ispettore Ferro, gli è sopra, gli ruba l’orologio, e gli dà una bajonettata all’inguine.
Qualche ora dopo il combattimento era finito. Per vincere questo pugno d’uomini, c’eran voluti un battaglione di linea, un plotone di cacciatori a cavallo, una sezione d’artiglieria, compagni d’armi, gendarmi e birri; c’era voluto un generale, il Sury; s’era dovuto atterrare una porta con gli obici, e un obice il tenente Bianchini aveva dovuto portare fin sopra al convento!
Le soldatesche si abbandonarono all’orgia del saccheggio e della strage: finirono a bajonettate uno dei caduti, ancor vivo; uccisero un frate, Giovannangelo da Montemaggiore, altri ne ferirono; il resto percossero, sputarono, legarono, trascinarono al comando di Piazza e alla Prefettura di polizia, insieme coi ribelli presi.
Cadono Michele Boscarello, Damiano Fasitta, Matteo Ciotta, Francesco Migliore, Giuseppe Cordone, un Randazzo: Riso dopo esser corso al campanile a piantarvi il tricolore, scende, si batte, cade ferito da quattro colpi all’addome e al ginocchio; un birro, che qualcuno dice l’Ispettore Ferro, gli è sopra, gli ruba l’orologio, e gli dà una bajonettata all’inguine.
Qualche ora dopo il combattimento era finito. Per vincere questo pugno d’uomini, c’eran voluti un battaglione di linea, un plotone di cacciatori a cavallo, una sezione d’artiglieria, compagni d’armi, gendarmi e birri; c’era voluto un generale, il Sury; s’era dovuto atterrare una porta con gli obici, e un obice il tenente Bianchini aveva dovuto portare fin sopra al convento!
Le soldatesche si abbandonarono all’orgia del saccheggio e della strage: finirono a bajonettate uno dei caduti, ancor vivo; uccisero un frate, Giovannangelo da Montemaggiore, altri ne ferirono; il resto percossero, sputarono, legarono, trascinarono al comando di Piazza e alla Prefettura di polizia, insieme coi ribelli presi.
La città sgomenta non seguì il moto. Il comitato si sbandò. Qualcuno che doveva capitanare una squadra si ecclissò: comparve dopo il 27 maggio, nelle sale del Municipio, vestito di velluto all’Ernani, e n’ebbe ricompensa: gli altri, disanimati dal vedere scoperta la trama, creduta l’insurrezione domata in sul nascere, giudicaron vano ogni altro tentativo.
Ma nei dintorni della città seguirono fieri scontri, in quello e nei giorni successivi, fra le squadre e le colonne mobili, spedite dal generale Salzano, comandante in capo. Ai Porrazzi i regi attaccarono la squadra condotta dal Badalamenti e da G. B. Marinuzzi, e per snidarla dovettero usare l’artiglieria; ivi morì, dei nostri, Andrea Amorello, da nessuno ricordato: al ponte delle Teste, a S. Maria di Gesù, alla Guadagna avvenivano altri scontri: e qui facevan prigione Giuseppe Teresi, giovane appena ventiquattrenne, serbato al martirio. A Monreale il maggiore Bosco, coi cacciatori, dovette durar fatica per sostenere l’impeto delle squadre di Piana condotte dal Piediscalzi, di quelle di Partinico, condotte dai fratelli Damiano e Tommaso Gianì, e di quelle di Alcamo, già insorta, condotte dai fratelli Triolo di S. Anna.
Questi combattimenti durarono più giorni, e in uno di essi, il giorno dodici, cadde a Lenzitti prigioniero Liborio Vallone di Alcamo, morirono Giuseppe Fazio da Alcamo e Giuseppe Ricupati da Partinico: lo stesso Bosco scampò per miracolo alle fucilate dei fratelli Trifirò di Monreale.
A Bagheria le squadre respinsero due compagnie di linea, e costrettele a rinserrarsi nel casino Inguaggiato, ve le assediarono. A liberarle fu spedito il generale Sury con quattro compagnie, cannoni e compagni d’arme: avvenne uno scontro; le squadre furono disperse, ma i regi vi lasciaron dieci dei loro. Qui rifulse l’eroismo di Andrea Coffaro, vecchio di sessanta anni, e del suo giovane figlio Giuseppe, che barricatisi in una casa, da soli vi sostennero il fuoco dei regi; fin che Giuseppe, sdegnando combattere dietro i ripari, uscì all’aperto, e colto da una palla in fronte, rese la forte anima: onde Andrea, desolato, gittò l’arme, e fu preso e condotto in Palermo riserbato al martirio. Nessuna storia raccolse l’eroico gesto, le cronache di fonte borbonica sì: noi gli dedichiamo il verde fiore del ricordo....
Ma nei dintorni della città seguirono fieri scontri, in quello e nei giorni successivi, fra le squadre e le colonne mobili, spedite dal generale Salzano, comandante in capo. Ai Porrazzi i regi attaccarono la squadra condotta dal Badalamenti e da G. B. Marinuzzi, e per snidarla dovettero usare l’artiglieria; ivi morì, dei nostri, Andrea Amorello, da nessuno ricordato: al ponte delle Teste, a S. Maria di Gesù, alla Guadagna avvenivano altri scontri: e qui facevan prigione Giuseppe Teresi, giovane appena ventiquattrenne, serbato al martirio. A Monreale il maggiore Bosco, coi cacciatori, dovette durar fatica per sostenere l’impeto delle squadre di Piana condotte dal Piediscalzi, di quelle di Partinico, condotte dai fratelli Damiano e Tommaso Gianì, e di quelle di Alcamo, già insorta, condotte dai fratelli Triolo di S. Anna.
Questi combattimenti durarono più giorni, e in uno di essi, il giorno dodici, cadde a Lenzitti prigioniero Liborio Vallone di Alcamo, morirono Giuseppe Fazio da Alcamo e Giuseppe Ricupati da Partinico: lo stesso Bosco scampò per miracolo alle fucilate dei fratelli Trifirò di Monreale.
A Bagheria le squadre respinsero due compagnie di linea, e costrettele a rinserrarsi nel casino Inguaggiato, ve le assediarono. A liberarle fu spedito il generale Sury con quattro compagnie, cannoni e compagni d’arme: avvenne uno scontro; le squadre furono disperse, ma i regi vi lasciaron dieci dei loro. Qui rifulse l’eroismo di Andrea Coffaro, vecchio di sessanta anni, e del suo giovane figlio Giuseppe, che barricatisi in una casa, da soli vi sostennero il fuoco dei regi; fin che Giuseppe, sdegnando combattere dietro i ripari, uscì all’aperto, e colto da una palla in fronte, rese la forte anima: onde Andrea, desolato, gittò l’arme, e fu preso e condotto in Palermo riserbato al martirio. Nessuna storia raccolse l’eroico gesto, le cronache di fonte borbonica sì: noi gli dedichiamo il verde fiore del ricordo....
Nelle foto: Il campanile della Gancia (foto di Giusi Lombardo) e l'ispettore Maniscalco.
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento. Raccolta di scritti storici e storiografici che riproducono esattamente le edizioni originali. Il volume comprende: La rivoluzione siciliana nel 1860 (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910) Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI) I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento Italiano - 1931) Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 525 - Prezzo di copertina € 24,00 Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibile su Amazon Prime e presso Librerie Feltrinelli
Nessun commento:
Posta un commento