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mercoledì 28 giugno 2017

Luigi Natoli: La scelta del campo di Gibilrossa. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Ippo­lito Nievo, e con lui il Luzio e gli altri, con una destrezza meravigliosa, hanno fatto sparire il campo di Gibilrossa. Avete visto a teatro qualche prestigiatore? Mette una caldaia sotto un drappo; uno, due, e tre! La caldaia sparisce. Quel povero Giuseppe La Masa, si affannò dun­que invano, a metter su, concentrare, ordinare, circa quattro mila uomini, impresa quanto mai difficile; formare un campo, che non solo fece risolvere Gari­baldi a non dar retta a quel saggio sì, ma uccello di malaugurio che fu il Sirtori in tutta la campagna gari­baldina; ma gli diede anche una sicura base di opera­zione. Questo campo sparisce!
Lasciamo andare le fantasie e le volate poco pin­dariche dei.... poeti, e diamo a ciascuno il suo. Quando il barone Di Marco, per esperienza del passato, a Cala­tafimi gittò l’idea di concentrar le squadre a Gibil­rossa, Garibaldi addivenne; non perchè avesse conce­pito il disegno, che poi lampeggiò nel suo genio il 22 maggio; ma perchè poteva servire come un diversivo per tirarvi i regi. La sua idea era di piombare a Palermo per la via di Monreale, ma Monreale era formidabil­mente occupata da circa ottomila regi con cannoni, cavalleria, compagni d'armi; e v'eran tra essi i famosi battaglioni bavaresi di Von Meckel. L’impossibilità di aprirsi una strada in mezzo a queste forze, gli sug­gerì l’idea di disgregare le forze nemiche, facendole molestare alla sua sinistra, S. Martino, e alla sua destra, Gibilrossa o Belmonte; e approfittando di ciò, ope­rare la marcia sopra Parco. Fino allora non sembra avesse veramente pensato alla importanza strategica di Gibilrossa. Il 20 maggio, da “Misero Cannone” (come egli interpretava Misilgandone) da Sirtori faceva scrivere a La Masa di concentrare le squadre a Parco; ma poco dopo, di suo pugno – cedendo alle insistenze di questo – gli scriveva che era meglio concentrarle a “Gibilrossa Belmonte”, perchè operando per suo conto, ma in correlazione coi volontari, gli agevolasse le mosse. 
Le cose andarono diversamente perchè i regi da Mon­reale e dai Porrazzi, mossero il 22 per assalire Gari­baldi al Parco, onde Garibaldi chiamò in aiuto La Masa con tutte le sue forze; ciò che il La Masa fece di mala­voglia, temendo di perdere la forte posizione di Gibil­rossa. Fu una vera fortuna che, quando La Masa giunse nelle vicinanze di Parco, Garibaldi avesse compiuto la sua mossa strategica verso Piana; cosicchè il La Masa, si affrettò a ritornare indietro, a riprendere le sue posizioni, non senza aver spedito corrieri a Orsini, per­chè persuadesse Garibaldi a voltare verso Gibilrossa.
Tutto questo risulta dalle lettere corse fra Gari­baldi, La Masa, Orsini: alcune delle quali, anzi quasi tutte, pubblicate fin dal 1863. Come mai il Luzio non le conobbe?
Garibaldi non aveva vanità di pigmei; grandeggiava in tutto; conobbe che La Masa aveva ragione, e a Piana, spinto innanzi l’Orsini co’ carriaggi, i cannoni, i feriti, si gettò per monti e boschi, e compì quel giro meravi­glioso, che lo condusse a Misilmeri, diventata il centro, della rivoluzione, mentre il Von Meckel coi suoi batta­glioni, ingannato dagli informatori, correva dietro ad Orsini.

Misilmeri, com’è noto, è poco lontana dal convento di Gibilrossa, dov'era il quartiere generale delle squadre, o guerriglie, o, come enfaticamente le battezzò il La Masa, il “secondo corpo dell'armata nazionale, Caccia­tori dell'Etna”. 
Garibaldi giunse a Misilmeri, di notte, accolto da luminarie e grida: alloggiò in casa Gucciardi, e mandò subito al La Masa questo biglietto: “Spero vedervi qui domattina alle 3 ant. per combinare cose importanti”. Egli dunque apprezzava quello che aveva fatto il La Masa e la posizione da questo occupata.
Il campo di Gibilrossa era stato piantato il 21 maggio, col nucleo delle squadre di Mezzoiuso, capitanate dal barone di Marco, che aveva con sè Spiridione Franco, Giuseppe Battaglia e altri; di quelle di Marineo e Misilmeri, e poco dopo di quelle di Termini. A mano a mano per l’incitamento del comitato di Termini, propagandosi la rivoluzione, tutti i comuni del distretto si affret­tarono a mandare uomini e denari; ma Termini e Misil­meri furono quelle che sostennero i maggiori sacrifici.
Vi accorrevano anche i fratelli Di Benedetto, Pietro Lo Squiglio, il Marinuzzi: molti scappavan da Palermo e vi si recavano. In breve il campo raggiunse circa quattro mila uomini, che non mancavano di munizioni, di vitto, di vesti.... ma scarseggiavano di armi da fuoco...


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
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