Dopo la battaglia si ebbe doverosa premura di raccogliere
devotamente i nomi di quelli dei Mille che caddero morti o feriti: ma non si
fece altrettanto di quelli dei Siciliani che furono loro pari in valore e in
sacrificio. Or bene, le pubblicazioni fatte nel 1910 ci mettono in grado di
supplire, benchè tardi, alla ingiusta dimencanza. Sul colle di Calatafimi, dei
Siciliani che si batterono, morirono Carlo Bertolino, Sebastiano Colicchia,
Francesco Agosta; vi furono feriti Stefano Sant'Anna, Antonino Barraco, Ignazio
Pandolfo, Nicolò Messina, Giuseppe Catalano, un Cangemi, Carmelo Rizzo, Vito La
Porta. Altri morti e feriti ebbe la squadra del Coppola, dei quali non
si conoscono i nomi. E non son tutti; chè quei nostri antichi, modesti e
silenziosi, ritrattisi nell'ombra non vantarono l'opera propria nè curarono di
tramandare l'altrui. Molti morirono dimenticati. E del loro valore non mancano
prove segnalate: Giacomo Curatolo-Taddei fu promosso tenente il giorno dopo il
combattimento: il Colicchia morì colpito in bocca, mentre si slanciava per
strappare all'alfiere napoletano la bandiera; Simone Marino, o fra Francesco,
fu il primo a lanciarsi per prendere il cannone nemico, e se ne diè vanto solo
al Cariolato e al Meneghetti, che erano con lui. V'eran fra combattenti
siciliani giovanetti di quindici anni, come Antonino Umile di Marsala: e
perfino una donna, Maria Giacalone, la quale volle seguire il marito, Federico Messana, e con lui fece poi tutta la
campagna e a S. Maria di Capua fu promossa caporala. E tutto ciò consta
da documenti e testimonianze.
Ora rendere omaggio a quelli dei Mille che morirono o
ebbero ferita, è dovere: ma tacere i nomi dei Siciliani caduti, negare anzi che
si siano battuti, peggio ancora calunniarli, non è soltanto ingiustizia, è
viltà.
Ma il torto è però nostro. Dal 4 aprile a tutto il 1860,
noi in Sicilia demmo alla causa della libertà e dell'unità centinaia di morti;
dei quali non raccogliemmo i nomi, nè si seppe mai chi fossero. I morti dei
volontari potevano essere identificati agevolmente, con l'aiuto dei registri
dell'Intendenza; ma quelli delle squadre, no. Neppure i capi-guerriglia
conoscevano i nomi dei loro uomini; quei contadini lasciavano le loro terre, le
loro case, le loro famiglie; andavano a ingrossare una squadra, combattevano,
taciti, senza chiedere altro che il loro pane e le munizioni; morivano avvolti
nello stesso silenzio; nessuno domandava chi erano, donde venivano; e i più, la
gran maggioranza, restò ignota, anonima, senza postuma gloria, senza compianto,
senza onori. Martiri oscuri diedero la vita alla Patria e non contesero la
gloria a nessuno...
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