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lunedì 12 giugno 2017

Luigi Natoli e le memorie poco attendibili di alcuni garibaldini citate dallo storico Luzio. - Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Perchè si vegga con quanta prudenza bisogna attin­gere alle memorie scritte da Garibaldini, basterà ricor­dare due casi: uno è l'episodio della presa della ban­diera dei Mille a Calatafimi, che il Luzio narra sulle testimonianze del Bandi. E il Bandi non è esatto. Il Bandi ha tratto in ballo un sergente Certosini, che sarà certamente esistito, che si sarà fatta strappar la testa dalla mitraglia sotto Capua, dopo aver disertato; ma che non ebbe mai la ventura di prendere la bandiera donata a Garibaldi dagli Italiani di Valparaiso. Non dice egli stesso, sulla scorta del corrispondente dell'Allge­meine Zeitung, che colui che la prese era un soldato dell' 8.o Cacciatori? Infatti, fu proprio il soldato Luigi Lateano; che, per quel fatto ebbe la promozione a ser­gente, la medaglia d'oro al valor militare, la nomina di cavaliere del Real ordine militare di San Giorgio della Riunione e cento scudi; e scusate s'è poco. Le quali cose constano da documenti posseduti dal figlio del La­teano, che era professore di agraria a Caltagirone, e che li comunicò a Francesco Guardione il quale ne tenne conto nell'opera Il Dominio dei Borboni in Sicilia; opera stampata nel 1907, che il Luzio avrebbe avuto l’obbligo di consultare.
L'altra cosa, è il concorso dei Siciliani a Calatafimi. Il Luzio si limita a ricordare i frati francescani, che combattevano valorosamente, che erano 6 o 12, pel Bandi, e due per l'Abba, più esatto.
Ma quanto alle squadre, gli scrittori garibaldini o tacciono o travisano o calunniano: chi scrisse che esse erano di imbarazzo; e che Garibaldi, a Calatafimi, le relegò sopra un colle dove stettero a vedere; e chi, misero cuore e più misero cervello, aggiunse che stavan lì per gittarsi dalla parte del vincitore: tutti tacquero o negarono che esse si fossero battute accanto ai Mille sul colle fatale: salvo quei frati francescani. E non mancò chi scrisse che solo quattordici “valentuomini” spacconi, si presentarono a Garibaldi, ma per rubare i fucili ai volontari e sparire!
Or bene degli storici venuti dopo, e il Luzio con essi, nessuno si domandò come mai Garibaldi avesse potuto formare a Salemi una nona compagnia al comando del Grizziotti. La verità è invece che a Salemi raggiun­sero Garibaldi le squadre di monte San Giuliano con Giuseppe Coppola; di Alcamo coi fratelli Sant'Anna; di Partanna, di Santa Ninfa; non tutte armate pei disarmi avvenuti pochi giorni innanzi; inoltre una quarantina di Marsalesi e più di trenta Salernitani che vi si aggiun­sero; molti di costoro che non formavano distinte squa­driglie, incorporati nei Mille, resero possibile la for­mazione della 9.a compagnia. Il 15 Garibaldi pose le squadre del Coppola alla sua sinistra: la squadra di Salemi sopra un colle a destra. Sui colli più lontani mandò quelli armati di lance, a gridare e spaventare il nemico.

A questo punto voglio citare una testimonianza, quella di Alessandro Dumas padre. Un romanziere? Sì, un romanziere che assai spesso è più esatto di molti storici: e del resto, poichè il Luzio cita la testimonianza di Ippolito Nievo, poeta e romanziere, voglio ben ricor­rere anch'io a un romanziere. Dunque il Dumas che scrisse i primi capitoli dei suoi Garibaldiens, nel giu­gno del 1860, a Palermo, sulle notizie fornitegli da Gari­baldi e da Stefano Turr, descrivendo la battaglia di Calatafimi, dice: “Les volontaires essuient le premier feu assis et sans bouger; seulement, a ce premier feu, une partie des picciotti disparait”. (Disparait forse non è esatto, e bisogna dire che si sparpagliarono, non avvezzi a combattere all'aperto e in ordine serrato; ma non monta, andiamo innanzi). “Cent cinquante, à peu prés, tiénnent ferme, retenus par Sant'Anna et Cop­pola, leur chefs, et deux franciscains quì, armés cha­cun d'un fusil, combattent dans leurs rangs”.
Dunque solo una parte, concediamolo pure, si dileguò al primo fuoco; ma almeno centocinquanta siciliani com­batterono tra le file dei Mille, quel glorioso 15 Maggio. Perchè il Luzio non ha citato il Dumas? Che se egli sde­gnò la testimonianza del Dumas, perchè non raccolse e non citò quella dello stesso Garibaldi, sulla quale gli sto­rici passano allegramente sopra? Il domani del combattimento, scrivendo alla Direzione del fondo pel Milione dei fucili, l' Eroe diceva: “Avvenne un brillante fatto d'armi avant'ieri coi Regi capitanati dal generale Landi, presso Calatafimi. Il successo fu completo, e sbaragliati interamente i nemici. Devo confessare però che i Napo­letani si batterono da leoni.... Da quanto vi scrivo, dovete presumere quale fu il coraggio dei nostri vecchi Cacciatori delle Alpi e dei Siciliani che ci accompagna­vano”. Ma rischiariamo un po' l'ombra che avvolge que­sti Siciliani.


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00 - Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Nella foto: Alexandre Dumas

1 commento:

  1. Lo storico Borboni Giacomo De Sivo scrive nel suo saggio "Storia delle Due Sicilie" che ad uccidere Schiaffino fu il soldato calabrese Francesco Serratore e a prendere la bandiera il soldato Angelo De Vito.

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