Perchè si vegga con quanta prudenza bisogna attingere
alle memorie scritte da Garibaldini, basterà ricordare due casi: uno è
l'episodio della presa della bandiera dei Mille a Calatafimi, che il Luzio
narra sulle testimonianze del Bandi. E il Bandi non è esatto. Il Bandi ha
tratto in ballo un sergente Certosini, che sarà certamente esistito, che si
sarà fatta strappar la testa dalla mitraglia sotto Capua, dopo aver disertato;
ma che non ebbe mai la ventura di prendere la bandiera donata a Garibaldi dagli
Italiani di Valparaiso. Non dice egli stesso, sulla
scorta del corrispondente dell'Allgemeine
Zeitung, che colui che la prese era un soldato dell' 8.o Cacciatori?
Infatti, fu proprio il soldato Luigi Lateano; che, per quel fatto ebbe la
promozione a sergente, la medaglia d'oro al valor militare, la nomina di
cavaliere del Real ordine militare di San Giorgio della Riunione e cento scudi;
e scusate s'è poco. Le quali cose constano da documenti posseduti dal figlio
del Lateano, che era professore di agraria a Caltagirone, e che li comunicò a
Francesco Guardione il quale ne tenne conto nell'opera Il Dominio dei Borboni
in Sicilia; opera stampata nel 1907, che il Luzio avrebbe avuto l’obbligo
di consultare.
L'altra cosa, è il concorso dei Siciliani a Calatafimi. Il
Luzio si limita a ricordare i frati francescani, che combattevano
valorosamente, che erano 6 o 12, pel Bandi, e due per l'Abba, più esatto.
Ma quanto alle squadre, gli scrittori garibaldini o
tacciono o travisano o calunniano: chi scrisse che esse erano di imbarazzo; e
che Garibaldi, a Calatafimi, le relegò sopra un colle dove stettero a vedere; e
chi, misero cuore e più misero cervello, aggiunse che stavan lì per gittarsi
dalla parte del vincitore: tutti tacquero o negarono che esse si fossero
battute accanto ai Mille sul colle fatale: salvo quei frati francescani. E non
mancò chi scrisse che solo quattordici “valentuomini” spacconi, si presentarono
a Garibaldi, ma per rubare i fucili ai volontari e sparire!
Or bene degli storici venuti dopo, e il Luzio con essi, nessuno si domandò come mai Garibaldi avesse potuto
formare a Salemi una nona compagnia al comando del Grizziotti. La verità è
invece che a Salemi raggiunsero Garibaldi le squadre di monte San Giuliano con
Giuseppe Coppola; di Alcamo coi fratelli Sant'Anna; di Partanna, di Santa
Ninfa; non tutte armate pei disarmi avvenuti pochi giorni innanzi; inoltre una
quarantina di Marsalesi e più di trenta Salernitani che vi si aggiunsero;
molti di costoro che non formavano distinte squadriglie, incorporati nei Mille,
resero possibile la formazione della 9.a compagnia. Il 15 Garibaldi pose le
squadre del Coppola alla sua sinistra: la squadra di Salemi sopra un colle a
destra. Sui colli più lontani mandò quelli armati di lance, a gridare e
spaventare il nemico.
A questo punto voglio citare una testimonianza, quella di
Alessandro Dumas padre. Un romanziere? Sì, un romanziere che assai spesso è più
esatto di molti storici: e del resto, poichè il Luzio cita la testimonianza di
Ippolito Nievo, poeta e romanziere, voglio ben ricorrere anch'io a un
romanziere. Dunque il Dumas che scrisse i primi capitoli dei suoi Garibaldiens,
nel giugno del 1860, a Palermo, sulle notizie fornitegli da Garibaldi e
da Stefano Turr, descrivendo la battaglia di Calatafimi, dice: “Les volontaires
essuient le premier feu assis et sans bouger; seulement, a ce premier feu, une
partie des picciotti disparait”. (Disparait forse non è esatto, e bisogna
dire che si sparpagliarono, non avvezzi a combattere all'aperto e in ordine
serrato; ma non monta, andiamo innanzi). “Cent cinquante, à peu prés, tiénnent ferme,
retenus par Sant'Anna et Coppola, leur chefs, et deux franciscains quì, armés
chacun d'un fusil, combattent dans leurs rangs”.
Dunque solo una parte, concediamolo pure, si dileguò al primo
fuoco; ma almeno centocinquanta siciliani combatterono tra le file dei Mille,
quel glorioso 15 Maggio. Perchè il Luzio non ha citato il Dumas? Che se egli
sdegnò la testimonianza del Dumas, perchè non raccolse e non citò quella dello
stesso Garibaldi, sulla quale gli storici passano allegramente sopra? Il
domani del combattimento, scrivendo alla Direzione del fondo
pel Milione dei fucili, l' Eroe diceva: “Avvenne un brillante fatto d'armi
avant'ieri coi Regi capitanati dal generale Landi, presso Calatafimi. Il
successo fu completo, e sbaragliati interamente i nemici. Devo confessare però
che i Napoletani si batterono da leoni.... Da quanto vi scrivo, dovete
presumere quale fu il coraggio dei nostri vecchi Cacciatori delle Alpi e dei
Siciliani che ci accompagnavano”. Ma rischiariamo un po' l'ombra che
avvolge questi Siciliani.
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
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Nella foto: Alexandre Dumas
Nella foto: Alexandre Dumas
Lo storico Borboni Giacomo De Sivo scrive nel suo saggio "Storia delle Due Sicilie" che ad uccidere Schiaffino fu il soldato calabrese Francesco Serratore e a prendere la bandiera il soldato Angelo De Vito.
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