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martedì 28 maggio 2019

Luigi Natoli: Giuseppe La Masa e il campo di Gibilrossa. Tratto da La rivoluzione siciliana nel 1860


Dopo il combattimento di Calatafimi, Garibaldi ordinò al La Masa di percorrere la provincia di Palermo, per suscitarvi la rivoluzione; il La Masa, scelse a compagni Vincenzo Fuxa di Bagheria, anche lui dei mille, piccolo, cavalleresco, audace, guizzi di fiamme gli atti e le parole; Pietro Lo Squiglio, cuor provato a tutti i cimenti; Giacomo Curatolo, veterano del 48; il barone Di Marco, cospiratore infaticabile che aveva sollevato Mezzojuso; i due fratelli La Russa e qualche altro: tutta gente questa che era andata incontro al Dittatore in Salemi, e si era già battuta a Calatafimi.
Giunto a Roccamena, il La Masa lanciava il 17 maggio uno dei suoi proclami magniloquenti, com’era la natura dell’uomo, incitando alla rivolta e a proclamare la dittatura di Garibaldi: indi muoveva per Mezzojuso dove organizzava le prime squadre; e ne avvertiva Francesco Avellone di Roccapalumba, che fu uno dei più ardenti e operosi promotori della rivoluzione, non soltanto sollevando i vicini comuni per mezzo di emissari, come l’abate Rotolo e Calcedonio Nicolosi; ma armando squadre del suo, sovvenendo di danari, frumenti, munizioni il campo degli insorti.
Il comitato di Termini, insorta come dicemmo il 16, levate squadriglie nei dintorni, con a capo Liborio Barrante e Ignazio Quattrocchi valorosissimi, Michele Mondini e Stefano De Maria, arguto poeta, ricercato nelle conversazioni pel suo spirito; saputo dell’arrivo del La Masa, gli spedì a Mezzoiuso, come commissario, il cavaliere Rosario Salvo. Da quel giorno Termini, pur sotto la minaccia della sua rocca, divenne vera e feconda fucina di patriottismo e officina d’armi, munizioni, bende; e sebbene non sapesse ancor nulla di Garibaldi né del quartier generale, ordinava alle squadre di concentrarsi presso Palermo: cercando nel tempo stesso scuotere la non lontana Cefalù, ancor timida e intorpidita dall’eccidio dello Spinuzza.
Il La Masa lieto di questo risveglio di patriottismo, del formarsi e accorrere delle bande armate, benché non sempre bene armate, scrisse il 19 a Garibaldi, dandogli conto di quel che aveva fatto, e domandando se dovesse avanzarsi con le squadre a Piana dei Greci o a Misilmeri. Garibaldi “contentissimo” di quanto il La Masa aveva operato, e felicitandosene, lo lasciava libero di concentrare le forze dove credesse più conveniente, pur di esserne avvertito; poi, come narrammo, dal Sirtori gli fece scrivere di concentrarsi al Parco, e indi a Gibilrossa. Così formossi quel campo di Gibilrossa che rese possibile l’assalto e la presa di Palermo.
Intanto si diffondevano per l’isola i proclami di Garibaldi “All’Esercito napoletano”, “Ai buoni preti”, “Agli Italiani”; altri se ne diffondevano del La Masa; quelli vibranti, a scatti: questi un po’enfatici: ma gli uni e gli altri sollevavano entusiasmi. Per eseguire gli ordini di Garibaldi, La Masa ordinava che le squadre dei vari comuni si concentrassero a Misilmeri, dove la cittadinanza e il municipio le accoglievano con fraterna esultanza. Ivi l’attivo ricostituito comitato rivoluzionario, occultamente dopo l’insuccesso del 4 aprile, palesemente al rinnovarsi delle speranze dopo la vittoria di Calatafimi, si era dato con ogni possa al lavoro per assicurare il trionfo della rivoluzione: e Misilmeri con Roccapalumba e Termini divise i sacrifici e la gloria di aver ordinato, sorretto, mantenuto il campo di Gibilrossa.
Il Fuxa intanto si recava in Bagheria, vi proclamava la dittatura di Garibaldi, nominava il comitato per l’amministrazione e la sicurezza, e formata una squadra la conduceva al campo di Gibilrossa dove continuamente giungevano dalle campagne e da Palermo altri armati, sicché in breve raggiunsero la somma chi dice di cinque, chi di quattromila; ma sulla scorta di documenti è facile indurre che furon meno.
La Masa battezzò quella gente “2° Corpo dell’armata nazionale”, l’ordinò militarmente per quanto fosse possibile, con uno stato maggiore, un’intendenza, un corpo sanitario, uno di guide: il comando degli avamposti diede al Fuxa; a capo dello stato maggiore pose il Salvo: all’intendenza Pasquale Mastricchi antico patriotta.
Eran quasi tutti giovani contadini, i quali il vezzeggiativo del dialetto, picciotti, che significa “giovani” resero storico; erano incolti, e non avevano un’idea chiara del fine di quella rivoluzione: ma è una piacevolezza, e null’altro, rappresentarli cenciosi e a piedi nudi; mentre è saputo che i nostri contadini non vanno mai scalzi, e che in quei giorni furon largamente provveduti di vestiti e anche, per la stagione insolitamente fredda e piovosa, di cappotti; ed è qualcosa di peggio che piacevolezza, dire che essi credevano l’Italia moglie di Garibaldi!...
La Masa scrisse nuovamente a Garibaldi, dandogli conto di ciò che aveva fatto; ma esagerando, per la sua fervida natura e pel gran concetto che aveva di sé, la portata delle sue forze. Spiegava nondimeno gli avamposti sul monte Grifone, e nella notte faceva accendere grandi fuochi. Garibaldi gli commetteva di molestare i corpi avanzati dei regi, di difendere la destra dei volontari, di tener le comunicazioni. Questa non era impresa difficile; difficile era tener compatta quella gente non abituata ad alcuna disciplina, e fornirla di quanto occorreva; e fu fortuna che Termini, non ostante subisse in quei giorni i danni di un inutile bombardamento, Misilmeri e Roccapalumba non facessero mancar pane e polveri e palle: Termini anzi sacrificò il piombo delle antiche tubolature romane, tolte all’acquedotto Cornelio, per farne palle: e non vi fu sacrificio di danaro che l’eroica Misilmeri non affrontasse, per fornire il campo di Gibilrossa di quanto il quartiere generale domandava per le squadre, per l’ambulanza, per la segreteria del comando.
 La Masa magnificò i suoi: Garibaldi, ristette un po’, come per concentrarsi, poi gli disse: “Andate al campo, e dite ai vostri Siciliani che verrò fra breve a passarli in rassegna”.


(26 maggio 1860): Garibaldi chiamò a sé i capi delle squadriglie e i più noti liberali: v’erano Raffaele De Benedetto, l’abate Agostino Rotolo, Luigi Bavin-Pugliesi, Giovanni Forceri, il barone Di Marco, Ignazio Quattrocchi, Liborio Barrante, molti altri, ai quali domandò se fidavano nei loro uomini. Essi lo assicurarono. Stavano adunati sotto un olivo, e la notte magnifica stendeva sopra di loro la sua volta costellata; e pareva che le stelle col tremolìo delle loro fiamme si gloriassero dell’alta impresa che si maturava nell’ombra silenziosa e corruscante. Garibaldi si fece innanzi sul ciglio del colle, e mirò l’ampia valle che si allargava, la città dormente o vegliante, forse pavida del prossimo evento, e i monti in giro fiammeggianti, e disse: “Domani, dunque a Palermo”. Le quali parole semplici e senza enfasi, ripetè poco dopo Nino Bixio alle sue compagnie schierate, aggiungendovi, come riferiscono, un altro motto: “Andremo a Palermo o all’inferno!”.
Stabilito ciò, il Generale spedì la guida Stassi al Corrao accampato all’Inserra, con l’ordine di fare ogni sforzo per entrare in Palermo, dal lato nord, la notte sopravegnente. 
E intanto quel giorno medesimo lo stato maggiore borbonico pubblicava il seguente bollettino….

La banda di Garibaldi incalzata sempre si ritira in disordine, traversando il distretto di Corleone. Gli insorti che l’associavano, si sono dispersi e vanno rientrando nei rispettivi comuni scorati e abbattuti per essersi lasciati ingannare dagli invasori stranieri venuti per suscitare la guerra in Sicilia. Le reali truppe l’inseguono. 

Il Capo dello Stato Maggiore
V. Polizzy

E partiva per Napoli il colonnello Nunziante, portando, come un trofeo della vittoria, le spoglie tolte al povero Carlo Mosto, dei carabinieri genovesi, morto nella fazione di Parco!... E il generale Lanza se ne andava a dormire tranquillamente lieto di aver distrutto con tanta facilità il nemico, né dubitando punto della tempesta che fra poche ore gli sarebbe scoppiata sul capo. 


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento. 
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 25,00
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