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lunedì 9 luglio 2018

G.E. Nuccio: Viva Santa Rosalia e Viva la Talia! - Tratto da: Picciotti e Garibaldini. Romanzo storico sulla rivoluzione del 1859-60

Se c’era don Ciccio Riso voleva dire che quella notte avrebbero deciso la data della sommossa. Da mille segni Pispisedda aveva capito che don Ciccio Riso si spazientiva ad aspettare; lo irritava certamente quel discutere continuo, quell’andarsi radunando di qua e di là perdendo del tempo. Pispisedda lo aveva capito non dalle parole, ma dai gesti. Don Ciccio Riso taciturno com’egli era, usava parlare con se stesso e agire, non poteva soffrir quelle continue discussioni dove si disperdeva inutilmente tanto calor d’entusiasmo. Bisognava cominciar presto, facea capir sempre, perchè, da un momento all’altro, Maniscalco poteva scoprir quei preparativi, arrestar tutti e sequestrar le armi.
Dunque, certamente, quella notte, avrebbero presa una decisione definitiva, tanto più che Pispisedda aveva sentito raccontar dall’Indovino al Marchese, misteriosamente, che da Messina avevano annunziato, per i primi di aprile, lo sbarco di due famosi capi siciliani rivoluzionari del ‘48.
Oh se egli avesse potuto trovarsi, piuttosto che accovacciato come un cane nel cortile, framezzo a quegli uomini che stavano per dire: “Il tal giorno comincerà la guerra!”.
Pareva a Pispisedda che in quello studiolo basso, angusto, pulsasse il cuore della città tutta; che da quello studiolo, dove s’erano radunati quei pochi uomini audaci, stesse per partire un alto palpito che squasserebbe tutta la città e tutta l’isola. Li intravedeva oltre gli scuri, perplessi, accigliati, attorno al tavolino sul quale luceva il lume ad olio, stretti in un breve cerchio, con un sol palpito nei cuori fermi e saldi.
“Il tal giorno comincerà la guerra!” pareva dicessero in quel momento; e Pispisedda penava a contenersi.
Voleva correr fuori all’impazzata e chiamare a gran voce, non soltanto i suoi picciotti, ma tutti i picciotti della città, tutti quei figliuoli della strada, i quali pareva avessero maggior bisogno di libertà che gli altri cittadini, e, radunatili là, al Foro Borbonico, gridar ad altissima voce: “Oh picciotti! Il tal giorno si fa la guerra! Avanti, i primi dobbiamo esser noi!... Viva Santa Rosalia e la Talia!”.
E gli pareva che un urlo incomposto rispondesse al suo grido, e gli pareva che un esercito immenso, infinito di picciotti, brulicasse per tutto il Foro Borbonico e si stendesse interminatamente per tutta la via Romagnolo e continuasse sempre, sempre, fino a Messina fino al mare come un fiume immenso, procelloso.
Quanto stette in quel dormiveglia?
A un tratto, vide che i congiurati sgusciavano l’un dietro l’altro come ombre e tosto il silenzio completo e l’ombra incombevano nella via. Allora Pispisedda licenziò i compagni.


Giuseppe Ernesto Nuccio: Picciotti e Garibaldini. 
Nella versione originale pubblicata dalla casa editrice Bemporad nel 1919. Impreziosito dai disegni dell'epoca di Alberto della Valle e dalla copertina di Niccolò Pizzorno. 
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

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