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martedì 12 gennaio 2021

Luigi Natoli: Spiriti repubblicani nella Rivoluzione siciliana del 1848. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860

 
Gli storici siciliani della rivoluzione del 1848, mossi da non so quale paura, più della parola che della cosa, o non parlano o diminuiscono l’importanza delle manifestazioni repubblicane, che non vi mancarono, negando perfino l’esistenza di un partito repubblicano, pel solo fatto che esso era scarsamente rappresentato in Parlamento. E ciò, non ostante che più volte uomini di parte repubblicana, per la loro tutorità, fossero stati chiamati al governo.
Che un partito organizzato come lo intendiamo oggi non ci fosse, è vero: ma non è da maravigliarsene. Nel ‘48 le Camere non rappresentavano divisioni nette di partiti; v’erano certamente i più temperati a destra, e v’erano i più accesi a sinistra; ma poiché si era, e si fu, per tutti i sedici mesi in un periodo rivoluzionario, col nemico ai fianchi, e con la necessità impellente di costituirsi e assicurarsi l’indipendenza, il comune interesse offriva un terreno nel quale le frazioni del Parlamento, anche senza preventivi accordi, si intendevano e procedevano insieme, superando le divergenze programmatiche. Così si spiega come nel primo periodo il piccolo gruppo repubblicano, senza per questo rinunciare ai suoi principii, concorresse con uomini suoi alla composizione del Ministero, accanto a uomini di parte moderata; e come dall’altro lato i più inclini alla monarchia riconoscessero il contributo morale che questi repubblicani portavano al Governo. 
L’odio accumulato per trentatre anni, aveva spezzato ogni legame coi Borboni: la stessa nobiltà, che per tradizioni è sempre legata al trono, si era staccata da essi; eccetto pochi, che, per altro, non erano disposti a farsi massacrare per Ferdinando e Maria Teresa, come i cavalieri brettoni per Maria Antonietta. I monarchici puri, quelli cioè che consideravano la monarchia con anima religiosa eran pochi; molti quelli che l’accettavano come una necessità; i più, perchè era nella tradizione o per poltroneria spirituale. 
I repubblicani al Parlamento erano un piccolo gruppo, ma di prim’ordine; fuori del Parlamento erano più numerosi che non si creda. Michele Amari lo storico, Giuseppe La Farina, Francesco Crispi, Vincenzo Errante, Giuseppe La Masa, Pasquale Calvi, Michele Bertolami, Giovanni Interdonato, Angelo Marrocco, Saverio Friscia e pochi altri alla Camera dei Comuni; e accanto a essi i simpatizzanti, come Paolo Paternostro, Francesco Ferrara, Gabriele Carnazza e altri più o meno, che sedevano a sinistra; fuori del Parlamento, Gabriele Dara, Carlo Papa, Pietro d’Alessandro, Rosolino Pilo, Francesco Milo-Guggino, Giorgio Tamaio, Rosario Bagnasco, Giuseppe Vergara-Craco, Carlo F. Bonaccorsi, Paolo Morello, Giovanni Corrao, Giuseppe Benigno, Giuseppe Badia, poeti, scrittori, giornalisti, combattenti, e una folla di ignoti, che non mancava di manifestare i suoi sentimenti in foglietti anonimi, in poesiole. Ma più nei giornali. Tra il 1848 e il 1849 se ne pubblicarono sette od otto di principî repubblicani, alcuni vissero come le rose, un mattino; qualche altro tirò più a lungo; maggior durata ebbe l’Apostolato di Francesco Crispi, che fu anche il più serio, e uno dei migliori che si pubblicassero in Palermo; degli altri ricordiamo la Propaganda, la Democrazia, la Repubblica, la Sentinella del popolo. Non citiamo la Giovane Sicilia, i cui ardori repubblicani erano di assai dubbia purezza, perché fondata e diretta da un tal Salvatore Abbate e Migliore, che al 1849 si rivelò triste arnese del Borbone, e forse incitava a repubblica per provocare disordini. 
Ma i repubblicani non scrivevano soltanto nei giornali di lor parte; essi trovavano accoglienza – senza riserve – anche in altri giornali. L’Indipendenza e la Lega di Francesco Ferrara, il miglior giornale della Sicilia e uno dei migliori che vedessero la luce in Italia in quei tempi, era preferito dagli scrittori repubblicani. Uno dei redattori più assidui era C. F. Bonaccorsi, amico del Mazzini, da lui conosciuto a Londra, e che avremo occasione di citare più innanzi. 
Gl’inni stessi, esaltatori di vittoria o incitatori alla guerra, non si sottraggono a questo sentimento: uno di essi, che io fanciullo sentivo ancora canticchiare da qualche vecchio del ‘48, aveva questa strofe, la sola che io ricordi: 

Dall’Alpi allo Stretto
s’innalzi una voce;
si pianti la croce
sul trono dei re!

Gabriele Dara, che, come dissi, era il Berchet della Sicilia, nei segreti convegni dei giovani leggeva le sue ardenti poesie, che, ricopiate si diffondevan celatamente. Nel 1847 in un’ode a Pio IX poetava:
Quest’unico patto tra’popoli e i re: 

“Secura non fia d’Italia la sorte 
se il seme perverso distrutto non è;
In un’altra ode all’Italia:
Esulta! Si appressa... sonata è quell’ora 
l’estremo momento dei Regi sono!
ed evocando il Genio di Roma aggiungeva:
Sull’Etna e sull’Alpe posate le piante 
dal crin la corona ritoglie ai suoi re,
e in fascio raccolte le insegne fatali 
le frange, e sdegnoso le calca col piè...



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Pagine 525 - Prezzo di copertina € 24,00
Il volume raccoglie gli scritti più importanti dell'autore sul Risorgimento, nelle versioni originali ovvero:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860 (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)  
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927) 
Copertina di Niccolò Pizzorno. 
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