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martedì 12 gennaio 2021

Luigi Natoli: Santa Miloro, l'eroina del 12 gennaio 1848. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860

La mattina del 12 gennaio 1848, mentre scoppiavano le prime fucilate, e un pugno di giovani audaci, sfidava le truppe borboniche, fu vista una giovane donna percorrere le strade di Palermo, chiamando alle armi i neghittosi, spronando i timidi, e distribuendo coccarde tricolori. 
 Sola, armata della sua bellezza, non paventando le armi, come sicura del destino, a quella rivoluzione scoppiata con cavalleresca puntualità aggiungeva un sapore di romanzo e di poesia.
Quella donna era Santa Diliberto, che rimasta vedova a venti anni, di un Astorina, e passata dopo non molto, in seconde nozze con Pasquale Miloro, uno dei cospiratori, era stata messa a parte dei segreti convegni; uscito il Miloro lo aveva seguito, con quelle coccarde.
Poche donne erano note come “donna Santuzza”. Ella doveva la sua notorietà a tre cose: la sua bellezza, la sua eleganza semplice ma originale, la sua bottega di guanti.
Non v’erano in Palermo guanti migliori di quelli di “donna Santa”, nè v’era chi sapesse increspare o stendere con maggior gusto la spoglia di quei graziosi ombrellini che usavano allora, simili a ninnoli. La sua fabbrica aveva venti tagliatori di guanti; le cucitrici erano un centinaio. Aveva la bottega in Via Cintorinai, in sul principio, a destra di chi vi entra dalla via detta oggi di Vittorio Emanuele; e questa bottega era sempre affollata. Tutta la nobiltà di Palermo, ed anche quella dell’isola si serviva di guanti, ombrellini, e ventagli, da “donna Santa”.
Ella era alta e slanciata. I capelli bruni, copiosi, spartiti sulla fronte, raccolti intorno alle tempie e sugli orecchi, le incorniciavano il volto ovale e bianco.
Il naso piccolo, appena appena arcuato, gli occhi grandi, neri, sereni, la bocca un po’sottile, piccola, fiorita d’un tenue sorriso.
Nel portamento un’aria giunonica, consapevole, quale apparisce ancora da una fotografia di quando era nella piena maturità della vita e della bellezza imperiosa e magnifica.
L’avevano sposata fanciulla poco men che sedicenne ad un Astorina; era rimasta vedova a venti anni, con una industria fiorente; qual folla di cospiratori, e quali tentazioni, non dovevano circondarla? quali insidie non avvilupparla? Ma donna Santa era saggia ed avveduta.
“Io, mi diceva, non avrei sposato mai un uomo che avesse potuto parere un coperchio; volevo un uomo serio, un uomo che avesse imposto rispetto; ed ecco perchè accettai la mano di Pasquale Miloro, e diventai la signora Miloro!...”.
Ho scritto “mi diceva”. Ebbene, sì: donna Santa, il rudere di questa bellezza, la dispensatrice delle coccarde all’alba del 12 gennaio, questa unica e sola superstite del manipolo che iniziò la rivoluzione famosa, questa figura eroica e poetica, della giornata memoranda, che con le belle mani statuarie diffondeva il simbolo della libertà, e affrontava le fucilate; era ancor viva quando nel 1910, io la scopersi nella casetta dove viveva ritirata e silenziosa. Aveva allora novantasei anni ed era svelta; sebbene un po’curva: e malgrado le rughe le solcassero la fronte, gli occhi avevano ancora l’antico lampo; la mente era lucida, e i ricordi vivaci. Nella solitudine in cui viveva dimenticata, sopravissuta alla sua storia, serbava gli entusiasmi giovanili nell’animo rimasto ancora rivoluzionario del ‘48.
Io andai a trovarla nella sua casetta, al numero 33 della via Volturno. Era seduta in un’ampia poltrona; e appena mi vide entrare, si alzò e mi porse le mani affabilmente. Io volevo udire dalla sua bocca l’episodio del 12 gennaio: ma prima di parlare, ella andò a prendere da un cassetto un libro, lo aprì e me lo porse...
All’alba del 12 gennaio mio marito uscì co’suoi fratelli e con suo padre, mio suocero; erano tre fratelli: Pasquale, Antonino e Giorgio. Uscirono armati, perchè doveva scoppiare la rivoluzione. Io avevo un paniere pieno di coccarde, e con tre nastri, uno bianco, uno rosso e uno verde, avevo improvvisato una lunga sciarpa. In quei giorni mi ero fatto un vestito di lana, a quadri con una sopraveste, come era di moda; quel vestito mi stava una pittura... lo vestivo con molta semplicità; gli abiti me li facevo da me; pure debbo dire che facevano voltare la testa, e molte signore, anche dell’aristocrazia, mi domandavano sul serio, se li facevo venire da Parigi...
Interrompendosi con questa parentesi, il suo volto si illuminava della dolce vanità del passato, e la femmina che aveva suscitato fremiti di desiderio con l’impeto della bellezza, riviveva nella vecchia sepolta nella ampia poltrona e col capo avvolto in un fazzoletto scuro.
- Dunque – riprese – come le dicevo, udii le prime fucilate. Pensando che mio marito e i miei cognati erano fuori e nel pericolo, e non vedendo muovere nessuno del vicinato, non potei resistere. Indossai il mio bel vestito, mi cinsi con la sciarpa tricolore, presi il paniere delle coccarde, ed uscii. Abitavo allora in piazza Garraffello. Sulle porte, ai balconi la gente si affacciava timida, sospettosa, irresoluta: non si sapeva come volgessero le cose... Si sparse la notizia che qualcuno era stato ucciso. Io allora cominciai a rampognarli: “Su! Che fate? All’armi!... i vostri fratelli combattono; correte ad aiutarli!...Viva l’Italia! viva la libertà!...”. E davo coccarde, e andavo innanzi...

Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Pagine 525 - Prezzo di copertina € 24,00
Il volume raccoglie gli scritti più importanti dell'autore sul Risorgimento, nelle versioni originali ovvero:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860 (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)  
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927) 
Copertina di Niccolò Pizzorno. 
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