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martedì 12 gennaio 2021

Luigi Natoli: Il 12 gennaio 1848 e quel che dissero i giornali e i giornalisti dell'epoca... Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane dal 1848 al 1860.

Il 12 gennaio 1848, dopo l’audace sfida che rompeva gli indugi, Palermo insorse. Combattè per ventiquattro giorni, espugnando a una a una tutte le posizioni delle truppe regie, e respingendo i rinforzi venuti da Napoli col conte d’Aquila e il generale de Sauget. Ma Napoli non si mosse, non incoraggiò nè soccorse il fiacco moto di Salerno; non seppe o non potè; o non volle compromettersi. Onde a ragione, più tardi, scoppiato il dissidio, la Indipendenza e la Lega di Palermo, il più autorevole dei giornali dell’isola, e uno dei migliori d’Italia, difendendo l’italianità della rivoluzione, rimproverava amaramente i patrioti napoletani: “...Chi si oppose ai primi moti della Sicilia? un’armata napoletana. Chi si stette a guardar la lotta che noi sostenevamo? Una popolazione napoletana. Chi ci abbandonava sull’orlo dell’abisso? Chi ascoltava freddamente i ragguagli della carneficina che qui si faceva? I liberali, i cospiratori di Napoli. Chi lasciò partire da Napoli un rinforzo che, se non era il nostro disperato coraggio, avrebbe ruinato in eterno, non diremo la nostra sorte, ma la causa comune d’Italia, la causa dell’umanità? Sempre i liberali, i cospiratori di Napoli...”(39).
V’era certo dell’esagerazione in queste querele, perché non si teneva conto della diversa condizione in cui si trovava Napoli: ma è certo che se le dimostrazioni napoletane fossero state promosse più presto, e se la sommossa di Salerno, dove era stato spedito Costabile Carducci, avesse preceduto la spedizione del Conte d’Aquila, la avrebbe impedita o ritardata. E non è meno certo che se Palermo fosse stata domata all’arrivo dei rinforzi regi, l’assolutismo borbonico si sarebbe consolidato e avrebbe avuto un effetto deleterio, come l’ebbe più tardi, sulle sorti d’Italia. E a questo gli storici non han posto mente; non hanno, per cecità, veduto di quale enorme peso e di quale responsabilità si caricava Palermo. Dalla sua vittoria dipendeva o il trionfo della libertà o il ribadimento della servitù. 
Ma torniamo a noi. Le dimostrazioni cominciarono a Napoli il 27 di gennaio, quando già si sapeva vittoriosa Palermo. Il conte d’Aquila, battuto dagli insorti, era ritornato a Napoli il 18, a portar notizia delle tristi condizioni dei regi; i generali Vial e De Maio, con le truppe eran fuggiti il 25. È utile tener d’occhio le date. 
Ferdinando cedette subito alle dimostrazioni: udito un consiglio di generali, dimesso il ministero Pietracatella, chiamò al potere il duca di Serracapriola; il 30 nominò ministro dell’interno il Bozzelli, la nomina del quale, agli occhi di coloro che non conoscevano ancora l’uomo, parve a tutti i liberali di qua e di là dal Faro arra sicura di componimento pacifico della quistione siciliana. Ma il re lo conobbe subito. L’orgoglio smisurato, l’autoritarismo, l’ambizione smodata di dominare, lo scetticismo dell’uomo glielo fecero giudicare lo strumento adatto per distruggere la rivoluzione stessa.
Il 29 Ferdinando con un atto sovrano prometteva la Costituzione e ne fissava i capisaldi, esprimendosi però come se in Sicilia non fosse scoppiata nessuna rivoluzione con un fine determinato. Napoli tutta fu presa da un delirio di gioia; fra gli evviva al re, a Pio IX, alla Costituzione, si gridò anche: Viva Palermo! sincera manifestazione di gratitudine verso la città, al cui ardimento e al cui sangue Napoli doveva, senza aver nulla arrischiato, la conquista della libertà politica. E non soltanto a Napoli si gridava Viva Palermo: a Firenze, a Milano, a Genova, a Torino questa rivoluzione era salutata con entusiasmo come l’inizio del riscatto nazionale: Mazzini scriveva la lettera famosa, che comincia “Siciliani, voi siete grandi!”(40), Ludovico di Baviera un’ode(41); Lamartine e poi Thiers la salutavano dalla tribuna parlamentare. A Firenze, il 3 febbraio la cittadinanza più eletta dava agli esuli siciliani e napoletani un banchetto di duecentocinquanta coperti, in quattro sale del Casino; le tavole erano presiedute da Giuliano Ricci, dal marchese Arconati, da Atto Vannucci, dall’abate Milanesi, da Pietro Thouar, dall’avv. Federico Pescantini e qualche altro: dei Siciliani v’erano La Farina, Raffaele Busacca, Paolo Morello, Paolo Emiliani Giudici, dei napoletani Carlo Poerio, Giuseppe Massari; taccio dei minori. Se mi fermo su questo banchetto, gli è per quello che vi si disse. Vi furono infatti dei discorsi e dei brindisi, ai quali risposero il La Farina, il Busacca e Paolo Morello. Quello del La Farina veemente contro le crudeltà del governo borbonico, chiudeva con queste parole: “Oramai non formiamo che unica famiglia, siam tutti fratelli... fratelli e Italiani col battesimo di sangue e di fuoco! Tutti Italiani, legati ad unico patto, stretti sotto ad unica bandiera, sotto questa bandiera santa, desiderio, conforto, speranza di quelli che son caduti per la causa della libertà e della indipendenza italiana! E noi combatteremo sotto essa e vinceremo al grido concorde di Viva l’Italia! viva l’indipendenza e la libertà italiana!”.
E col grido di Viva la nazionalità dell’Italia libera conchiudeva il Busacca il suo discorso...

Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Pagine 525 - Prezzo di copertina € 24,00
Il volume raccoglie gli scritti più importanti dell'autore sul Risorgimento, nelle versioni originali ovvero:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860 (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)  
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927) 

Copertina di Niccolò Pizzorno. 

Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicuginieditori.it (spedizioni in tutta Italia a mezzo corriere). Si può prenotare alla mail ibuonicugini@libero.it o con messaggio whatsapp al 3894697296.
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