Rosalino Pilo-Goeni, dei conti di Capace, biondo e bello
e di gentile aspetto, cuor di leone in gracile petto, cospiratore innanzi al
1848; combattente nella rivoluzione; esule, amico devoto di Mazzini,
cooperatore della spedizione di Carlo Pisacane, anelava alla liberazione della
Sicilia. Giovanni Corrao, popolano, nerissimo di capelli e di barba, volto
tagliente e fiero, incolto, coraggio senza pari, combattente valoroso nel ’48,
esule, non era meno ardente per la liberazione della sua terra. E venuto per
tentare un moto, arrestato e confinato a Ustica, poi chiuso nella Cittadella di
Messina, vi aveva languito fino al 1855. Liberato, ripresa la via dell’esilio,
era tornato alle cospirazioni. Palermitani, della stessa fede, s’erano intesi.
Rosalino, per lettere inviate agli amici e per le
assicurazioni ricevute, aveva manifestato a Garibaldi il proposito di andare in
Sicilia, per capitanare la insurrezione e aprir la via alla spedizione che
Garibaldi avrebbe dovuto guidare. Domandava perciò fucili e mezzi. Garibaldi ne
lo dissuase, non giudicando maturi i tempi. Nessuno dei suoi amici credeva alla
possibilità di un buon successo: non Medici, non Sirtori, non Bixio ancora;
soltanto Crispi, Pilo, La Masa, La Farina, gli esuli siciliani tutti. E Pilo si
ostinò. Non ebbe le armi che domandava. Ma non importava. Disse a Garibaldi di
prepararsi, che egli andava a preparargli il terreno.
Il 26 di marzo egli e Corrao, soli, senz’altre armi che
le loro rivoltelle, delle bombe tascabili e pochi fucili, con poco denaro
fornito da Mazzini e dagli Orlando, soli col loro coraggio, con la loro fede,
pronti al sacrificio, nella paranza di Silvestro Palmarini, pilota Raffaele
Motto, argonauti della libertà, salparono da Genova, sebben sconsigliati da
Garibaldi. Affrontarono le tempeste del Tirreno; videro la piccola nave lì lì
per sommergersi; rischiarono di cadere su le spiagge napoletane; stettero
quindici giorni fra cielo e mare con la morte sospesa sopra di loro. Ma si
ostinarono a navigare, contro il parere del pilota e dei marinai. Il 10 di
aprile sbarcarono alle Grotte presso Messina, dove Rosa Montmasson, moglie di
Crispi li aveva preceduti...
Non trovarono in Messina la rivoluzione, perchè
già le truppe regie avevano avuto il sopravvento. Spedite lettere a Crispi e a Bertani che affidarono al Mosto,
nascoste le armi, raccolte notizie,
partirono il 12 aprile in pellegrinaggio di propaganda, non temendo le
compagnie d'armi e le colonne mobili
e i birri, che la polizia, avvertita del loro sbarco, avrebbe sguinzagliato
sulle loro tracce.
A Barcellona un vecchio liberale, pauroso degli apparati
del Governo, li consigliò di non proseguire, comunicando che la rivoluzione di
Palermo era fallita: rispose fieramente il Corrao non esser venuti in Sicilia
per ritornare indietro, e che avrebbe preferito consegnar la testa al carnefice,
piuttosto che esular novamente: eran venuti per la rivoluzione e l’avrebbero
fatta, tanto più che forse in quell'ora Garibaldi si apprestava a venire. Pilo
abbracciò commosso il compagno.
Dopo otto giorni, incoraggiando, eccitando, raccogliendo
seguaci e mezzi, il 20 giunsero a Piana dei Greci, in punto per risollevare gli
animi degli insorti un po' depressi dopo il combattimento di Carini, e forse
sul punto di sciogliersi.
La loro
presenza risollevò le speranze, e trattenne le squadre. Avvertito il comitato
di Palermo del suo arrivo, e ricevutini soccorsi di denaro e promesse d'altri
aiuti, Pilo convocò i principali e più vicini capi di squadre, La Porta,
Firmaturi, Piediscalzi, Lo Squiglio, diede un primo assetto alle forze di cui
disponevano; invitò gli altri capi; ben presto ebbe sotto di sè tutte le squadre,
nell'altipiano dell'Inserra, buon punto strategico che domina due versanti. Ma
poi trasportò il quartier generale a Carini, e attese a dare una certa organizzazione
alle squadre. Pilo capo supremo, Corrao comandante di tutte le squadre, Pietro
Tondù all' intendenza, Giuseppe Bruno-Giordano all' ispezione delle guide e dei
corrieri, Giovan Battista Marinuzzi ufficiale pagatore, i preti carinesi
Calderone e Misseri cappellani. I paesi circonvicini intanto mandavano
il loro contributo di uomini e denari...
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