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domenica 27 maggio 2018

Luigi Natoli: Le panzane degli storici sulla "presa" di Palermo. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860


Veniamo alla “presa” di Palermo. Le fonti a cui ricorse il Luzio le ho citate: ma per questa che egli chiama “presa”, quelli che cita di preferenza sono l'Eber, corrispondente del Times, testimonio di veduta, il Guer­zoni, il diario dell'ammiraglio inglese Mundj, e le lettere a Bice di Ippolito Nievo. Queste sono per lui il vangelo. 
Chi si aspettasse una bella e sicura ricostruzione della magnifica impresa compiutasi albeggiando il 27 maggio 1860, resterebbe deluso.... o stupito: il Luzio non dice nulla di nuovo; s'indugia però a rilevare.... che le squadre siciliane “erano più addestrate a fug­gire che a combattere”; e riporta un lungo brano di una lettera del Nievo, nella quale si dicono le cose più straordinarie: che “i Picciotti fuggivano d'ogni banda” che “Palermo pareva una città di morti”; che non ci era “altra rivoluzione che, sul tardi, qualche scam­panio”; che Garibaldi “entrò in Palermo con 40 uomini, conquistò piazza Bologna con 30” ed era “solo” “tutto al più con suo figlio, quando pose piede in palazzo Pre­torio”! Questo è niente. “Noi – scrive il Nievo da eccellente poeta e romanziere – correvamo per vicoli, per piazze, due qua, uno là, come le pecore, in cerca dei Napoletani per farli sloggiare, e dei Palermitani per far fare loro la rivoluzione o almeno qualche barri­cata.... “. E tralasciamo il resto, che riguarda l'esodo dei napoletani il 7 giugno. Il signor Luzio aggiunge in fine: “Queste note frettolose del Nievo, sono la pura e semplice verità”. Verità? Ma per affermare che questa è la verità bisogna sopprimere quelle corrispondenze dell'Eber, che il Luzio cita, e che dicono tutto il rove­scio. O il Luzio non lesse le corrispondenze dell'Eber, o egli, con poca onestà di storico, le altera.
Il Nievo ha, senza dubbio, scritto belle pagine; e parecchi anni or sono qualcuno scoprì che le Confessioni d'un ottuagenario, sono un capolavoro da stare accanto ai Promessi Sposi; e sarà pure. Il Nievo, se non avesse fatto quella fine dolorosa, sparendo nei gor­ghi del mare, misteriosamente, avrebbe certo dato alla letteratura altri saggi del suo bell’ingegno; ma il debito di riverenza per la sua memoria, non può nè deve impe­dirci di dire, con tutto il dovuto rispetto, che le lettere a Bice sono delle fantasie, per non dir altro. A nes­suno, fosse anche l'uomo più grande della terra, è lecito nascondere la verità.... per far risaltare vieppiù la virtù propria, fino al ridicolo.
La spedizione garibaldina, il genio di Garibaldi e l’eroismo dei suoi compagni non diminuiscono, nè sof­frono alcuna ingiuria dall'eroismo altrui; ne sono anzi lumeggiati e spiegati; e io scommetto che, se Ippolito Nievo fosse vissuto di più, rileggendo serenamente quelle lettere, sarebbe stato il primo ad esclamare:
“Come diamine ho fatto a lasciarmi scappare que­ste panzane?”.
E a guisa di commento, avrebbe aggiunto:
“Ah! faceva gran caldo, laggiù il 27 maggio 1860, ed il vino di Sicilia era traditore”.
Seguiamo il Luzio; il quale, sempre col lodevole intento di mostrare in quali condizioni singolari Garibaldi mosse sopra Palermo, e quanto più meravigliosa fosse la sua marcia, dice che Garibaldi non sapeva nulla di Palermo e che sulle posizioni delle truppe ebbe appena poche e generiche notizie dall'Eber, andato a trovarlo a Gibil­rossa.
Io dubito che il Luzio abbia letto tutte le corri­spondenze dell'Eber al Times, raccolte poi in un opu­scolo diventato raro, e ripubblicate nel volume Docu­menti e memorie della rivoluzione del 1860 (128). L'Eber dice, che un po' prima di lui, Garibaldi fu visitato da ufficiali della marina inglese e americana; e questo di­cono anche altri; i quali aggiungono, anzi, che da qual­che ufficiale il Dittatore si ebbe in regalo armi. Non dunque l’Eber soltanto potè fornire indicazioni; e me­glio e più poteva il Generale attingerne di quegli uffi­ciali, che erano gente di guerra.
Tutto ciò, dico, supponendo, come pare che sup­ponga il Luzio e suppongono gli altri narratori dell'epo­pea garibaldina, che in Palermo non si sapesse nulla della marcia di Garibaldi, e che tra il campo di Gibil­rossa, e il comitato rivoluzionario non vi fossero rela­zioni e corrispondenze.
L'Eber stesso dice che a Palermo “alcuni amici gli indicarono la via da tenere” per andare a Misilmeri e di là a Gibilrossa; e che “egli partì nella carrozza di uno di loro”. Questi amici, che avevan car­rozza propria in Palermo, non saranno stati certa­mente gli ufficiali delle navi inglesi. Qualcuno della colonia straniera? Può darsi; ma era appunto la colo­nia straniera, specialmente inglese e francese, quella che agevolava il carteggio dei rivoluzionari.
Ma ciò che l’Eber non poteva sapere, e che non è meno vero per questo, è che la mattina del 26 qual­che membro del Comitato andò al campo di Garibaldi per concretare i segni coi quali la città doveva essere avvertita dalla prossima discesa dei legionari; e che uno dei pretesi ufficiali inglesi era il giovane Michele Pojero travestito; il quale, come narrerò in altro luogo, portò a Garibaldi una pianta di Palermo, che s'era cinta a una gamba; cosicchè il generale sapeva quali e quante fossero le forze borboniche dalla parte di Porta di Termini, e come disposte; e sapeva che la resistenza sarebbe stata facilmente superabile. Il 26 maggio, il comitato a Palermo, sapeva già della prossima entrata di Garibaldi; il popolo, pur non avendone la certezza, sospettava qualche cosa; chi non sapeva nulla era il governo, che non trovò più un cane di spia. L'ultima spia fu un corriere postale, che passando il 25 da Misilmeri, e trovativi i capi delle squadre, il La Masa, il Fuxa, e tutte le forze rivoluzionarie, ne riferì a Mani­scalco. Ma il governo non osò assalire gli insorti, per­chè era prevalso il concetto di non dislocare le truppe da Palermo; tanto più che vi erano già fuori i famosi battaglioni di von Meckel e le colonne distaccate a Mor­reale e Boccadifalco...



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano. 
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
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