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martedì 18 giugno 2019

Luigi Natoli: La spedizione del generale Filangeri di Satriano nel 1848. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860.

La spedizione in Sicilia, capitanata dal generale Filangeri di Satriano, fu allestita alla chetichella: il governo trovò il denaro; e gli ufficiali e i soldati quell’ardore combattivo, che non avevano avuto sulle rive del Po. La camera dei deputati non ne fu intesa; del resto nessun deputato interrogò il governo sulla quistione siciliana, ed appena se ne fece un cenno fuggevole e piuttosto amichevole nell’indirizzo di risposta al discorso della corona. Nella camera dei pari, il 5 agosto il principe di Strongoli, addebitava al primo ministro Bozzelli la condotta politica e militare verso la Sicilia, e al ministero attuale il non aver saputo ispirare nei Siciliani speranza di conciliazione: ma il principe di Torella, ministro, dichiarava di non poter rispondere su quanto riguardava la Sicilia, perchè era un segreto(77).
Il segreto era l’apparecchiarsi della spedizione: intanto i suoi agenti propalavano strepitose notizie: che il governo era disposto a mettere a disposizione dell’indipendenza italiana i mezzi preparati per riacquistare la Sicilia, se gli stati italiani si coordinassero subito in lega e assicurassero al regno “il quieto possesso della Sicilia, e più, a cose finite, la Sardegna e la provincia beneventana”(78). Ovvero che Ferdinando era disposto a concedere l’indipendenza alla Sicilia, se i siciliani avessero annullato l’elezione di Alberto Amedeo a loro re, ed eletto un principe borbonico. Fandonie. Il Governo apparecchiava la guerra. E i napoletani lasciavan fare. Pochi mesi prima, il Nazionale, illuso, aveva scritto: “La Sicilia sia certa che il popolo napoletano non patirà mai che si faccia aggressione contro i fratelli di Sicilia. Quando lo straniero sarà ricacciato oltr’Alpi, quando i popoli italiani saranno chiamati a formare definitivamente i comuni destini, gl’interessi di Napoli e di Sicilia non potranno essere opposti. Tutti ci troveremo Italiani, e non altro che Italiani”. Vane speranze, come vane eran quelle dei Siciliani che esortavano Carlo Alberto, il granduca di Toscana e il papa per persuadere il Borbone a una tregua, sì che le forze congiunte di tutti gli Italiani potessero convergersi nella guerra nazionale di indipendenza. Le nostre voci non erano raccolte:(79) un foglio volante esprimeva tutta l’amarezza dei Siciliani: quando essi si battevano per la loro indipendenza, la calunnia l’accusava di volersi separare dall’Italia. “Allora si gridava: – la Sicilia non vuol essere con noi” – ora che essa invocava aiuto “si grida: – Noi non possiamo essere con la Sicilia”(80).
La spedizione partiva il 30 agosto, sbarcava a Bagnara il 1 settembre; quel giorno stesso un decreto reale chiudeva il Parlamento. Il 3 settembre Messina era assalita: e l’Epoca di Roma scriveva: “I mali si accumulano su questa povera sventurata Italia. Napoli spinge le sue forze armate, il suo esercito contro la Sicilia. Quelle truppe che non potevano, non dovevano spingersi contro l’aborrito straniero, quelle truppe, sono spinte contro i fratelli. Quelle armi che il tradimento più infame deviava dal petto dell’Austriaco al momento in cui esse erano brandite e lanciate contro esso, quelle armi ora son volte omicide contro gl’Italiani. Ecco cosa ha fatto per l’Italia quel miserabile, quell’iniquo ministro Bozzelli!”.


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento. 
Raccolta di scritti storici e storiografici nelle versioni originali dell'epoca. 
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
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