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sabato 4 maggio 2024

Luigi Natoli: Nella notte del 5, i volontari adunatisi a Quarto si imbarcarono. Eran mille e ottantacinque... Tratto da: La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione.

Fissata la spedizione, la febbre accese tutte le vene. Garibaldi corse a Genova, e fatto chiamare il Fauchè, gerente della Società Rubattino, col quale già fin dal 9 aprile si era inteso, concertò per la cessione dei due piroscafi, il Lombardo e il Piemonte, incaricando Bixio di ogni cosa. Villa Spanola a Quarto diventò il quartiere generale della spedizione. Il Bertani, Crispi, Bixio, si moltiplicavano. Dalla Lombardia, dal Veneto, dalla Liguria; da ogni regione d’Italia accorrevano volontari: i più non superavano il venticinquesimo anno; v’erano dei giovani quindicenni, uno di undici anni; cinque soltanto oltrepassavano i sessanta: la più parte benestanti o impiegati o professionisti; in minor numero, di popolo. Non avevan vestiti uniformi; pochi indossavano camicie rosse; Sirtori e Crispi vestivan di nero con cappello a cilindro, Bixio portava la divisa dell’esercito piemontese; gli altri giacche, giubbe, camiciotti, colori e forme disparate, armi pochissime: e queste, date dal La Farina per le sollecitazioni di Crispi e degli altri esuli, erano un mille fucili e munizioni, che caricati in barche dovevano aspettare i due piroscafi al largo. 
La sera del 5 maggio, con simulata violenza, Bixio prese possesso dei due piroscafi, e li condusse a Quarto. Garibaldi, per mettere al sicuro la responsabilità del Fauchè, scrisse una lettera ai direttori della società Rubattino, promettendo rifarli dei danni; ma la Società poco dopo punì il gerente, destituendolo; né più volle riammetterlo in servizio, reo di aver favorito la più grande e meravigliosa impresa dei nostri tempi. 
Prima di partire Garibaldi scrisse al Bertani, commettendogli di raccogliere aiuti d’uomini e di danari, scrisse anche al Caranti, protestando sé non aver consigliato il moto di Sicilia, ma non poter restare inerte e impassibile alla lotta per la libertà che vi si combatteva. Al Re Vittorio Emanuele indirizzò altra lettera, nella quale pur ripetendo quelle proteste, aggiungeva: “So che io m’impegno in una impresa pericolosa, ma ripongo la mia confidenza in Dio, come nel coraggio e nell’abnegazione dei miei compagni. Il nostro grido di guerra sarà sempre: “Viva l’Unità d’Italia! Viva Vittorio Emanuele nel suo primo e suo più prode soldato”. Se non riusciamo, io spero che l’Italia e l’Europa liberale non dimenticheranno che questa impresa è stata decisa per motivi puri di ogni egoismo e veramente patriottici. Se riusciamo, andrò superbo di ornare la corona di Vittorio Emanuele di questo nuovo e forse più brillante gioiello”. 
Indirizzò ancora un proclama ai soldati italiani, raccomandando la disciplina, ed esortandoli a non abbandonare le file dell’esercito, e a stringersi “a quel Vittorio Emanuele, la di cui bravura può essere rallentata un momento da pusillanimi consiglieri, ma che non tarderà molto a condurci tutti a definitiva vittoria”.
Nella notte del 5, i volontari, adunatisi a Quarto, si imbarcarono; eran mille e ottantacinque, compresa una donna, Rosalia Montmasson, moglie e compagna devota e infaticabile di Francesco Crispi: si divisero fra i due vapori: Bixio prese il comando del Lombardo, Garibaldi quello del Piemonte, e in sott’ordine Salvatore Castiglia, palermitano esperto di cose marine, esule pei fatti del ‘48. Prima ancora che albeggiasse, i due vapori salparono l’ancora, e s’avventurarono nell’ignoto infinito; e il cielo accompagnavali col dolce scintillio delle stelle, che parevan tremar di gioia e di orgoglio; e dalla terra i supremi addii dei parenti e degli amici rimasti, non osavan rompere l’alto ed eloquente silenzio: voto, augurio, speranza, compianto e stupore in un tempo.
Le navi bordeggiarono alquanto, aspettando le barche con le armi; non vennero, né si seppe mai se per tradimento o per dispersione; onde ripresero il navigare. A bordo del Piemonte, Garibaldi ordinò la legione; le mantenne il nome glorioso ed augurale di Cacciatori delle Alpi; e in un ordine del giorno, premesso che la missione dal corpo era basata sull’abnegazione più completa, senza allettative di gradi e di ricompense, dava come grido di guerra quello stesso che rimbombò sulle sponde del Ticino: “Italia e Vittorio Emanuele”. Divise il corpo in sette compagnie comandate da Bixio, Orsini, Stocco, La Masa, Anfossi, Carini, Cairoli; Sirtori nominò capo dello Stato maggiore, di cui fecero parte Crispi come commissario civile, Manin, Calvino, Majocchi, Grizziotti, Borchetta, Bruzzesi; Türr primo aiutante di campo; altri aiutanti Cenni, Montanari, Bandi, Stagnetti: Basso, segretario; Acerbi, Bovi, Maestri, Rodi all’intendenza; Ripari, Boldrini, Giulini medici.


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
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