Sono le 6. Abbiamo preso
abbondante caffè e qualche biscotto di pane; io dico agli amici che non c’è da
far cerimonie, perché restano ancora altre sei ore: e bisogna cominciare a
disporre il servizio della buttata delle tegole e dei ciottoli. In questo
mentre vedo venire il Piemontese Enrico Berti, il quale mi fa capire che il generale
Lanza per dare sepoltura ai morti, e trasportare i feriti a bordo, vuol
prolungare l’armistizio.
Vado al Municipio e vengo a sapere che il Generale ha dato disposizioni perché il clero, anzi i Parroci, escano alla predicazione per incoraggiare le masse alla resistenza: quanto poi a prolungare l’armistizio si vedrà più tardi. Oggi è arrivato del pane, qualche pastaio lavora, ma le paste sono immangiabili.
Ore 15. Mia madre che non lascia mai un momento di accedere lampade ai santi, ha pensato di fornire alle squadre della barricata un po’ di riso e fagiuoli, pane, formaggio e vino.
Sono le ore 17. La notizia dell’armistizio è vera; esso sarà prolungato per tre giorni. Questa notizia non è stata bene accolta, il popolo vuol venire alle mani a qualunque costo; la gioventù vuol dare prova di coraggio, maneggiando tegole e ciottoli, non potendo maneggiare un fucile perché non ce ne sono.
La città in certo qual modo è più animata, quantunque ora si cominci a sapere il numero dei morti che non sono pochi; parecchie famiglie sono prive di tetto e di roba. Il Generale promette di venire in soccorso di questa gente colpita negli averi; pei morti e pei feriti vi saranno le pensioni: vedremo.
È arrivato Orsini che ha portato tre cannoni, e sono stati collocati a Porta Macqueda, perché in caso di attacco facciano fronte alle truppe che possono venire o da Palazzo Reale o dai Quattro Venti. Vincenzo Orsini è stato festeggiato dal popolo, il quale respira e s’incoraggia nel vedere questi strumenti di guerra. Sono piccoli cannoni di bronzo che fortificano una barricata importante.
La caccia ai “sorci” non cessa; e la plebaglia tenta di entrare nelle case, con la scusa di trovare qualche “sorcio”, io credo che il Comitato di Guerra metterà un argine ai disordini di questi male intenzionati.
Il fuoco continua fra i ruderi di Santa Caterina; le macerie di tanto fabbricato han coperto la statua dell’Immacolata di San Matteo, è proprio una montagna, impedisce il passaggio.
Vado al Municipio e vengo a sapere che il Generale ha dato disposizioni perché il clero, anzi i Parroci, escano alla predicazione per incoraggiare le masse alla resistenza: quanto poi a prolungare l’armistizio si vedrà più tardi. Oggi è arrivato del pane, qualche pastaio lavora, ma le paste sono immangiabili.
Ore 15. Mia madre che non lascia mai un momento di accedere lampade ai santi, ha pensato di fornire alle squadre della barricata un po’ di riso e fagiuoli, pane, formaggio e vino.
Sono le ore 17. La notizia dell’armistizio è vera; esso sarà prolungato per tre giorni. Questa notizia non è stata bene accolta, il popolo vuol venire alle mani a qualunque costo; la gioventù vuol dare prova di coraggio, maneggiando tegole e ciottoli, non potendo maneggiare un fucile perché non ce ne sono.
La città in certo qual modo è più animata, quantunque ora si cominci a sapere il numero dei morti che non sono pochi; parecchie famiglie sono prive di tetto e di roba. Il Generale promette di venire in soccorso di questa gente colpita negli averi; pei morti e pei feriti vi saranno le pensioni: vedremo.
È arrivato Orsini che ha portato tre cannoni, e sono stati collocati a Porta Macqueda, perché in caso di attacco facciano fronte alle truppe che possono venire o da Palazzo Reale o dai Quattro Venti. Vincenzo Orsini è stato festeggiato dal popolo, il quale respira e s’incoraggia nel vedere questi strumenti di guerra. Sono piccoli cannoni di bronzo che fortificano una barricata importante.
La caccia ai “sorci” non cessa; e la plebaglia tenta di entrare nelle case, con la scusa di trovare qualche “sorcio”, io credo che il Comitato di Guerra metterà un argine ai disordini di questi male intenzionati.
Il fuoco continua fra i ruderi di Santa Caterina; le macerie di tanto fabbricato han coperto la statua dell’Immacolata di San Matteo, è proprio una montagna, impedisce il passaggio.
Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
Il Comitato era costituito da: Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Alfonso Sansone, Pipitone Federico, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga (Segretario). Il presente volume è la riproduzione anastatica di quello pubblicato nel 1910 dal suddetto Comitato, in occasione del 50° anniversario del 27 maggio.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
La prima parte comprende i documenti della rivoluzione, anteriori e posteriori al 4 aprile 1860 e fino al 27 maggio. La seconda, una scelta degli atti della Dittatura, quelli cioè che propriamente riguardano il periodo rivoluzionario, il rinnovamento politico-amministrativo della Sicilia e uomini e fatti della rivoluzione; la terza, più varia, comprende atti della rappresentanza civica, documenti riferibili alle spedizioni, diari del tempo, memorie, poesie, fra cui le memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese, il diario inedito di Enrico Albanese, le lettere di Giuseppe Bracco al conte Michele Amari, il diario di Antonio Beninati.
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15%, consegna a mezzo corriere in tutta Italia).
Disponibile su Amazon Prime e tutti gli store di vendita online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro) La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M. Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Forense (Via Maqueda 185)
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