Le squadre di Rosolino Pilo intanto erano contemporaneamente, da due punti, attaccate dai regi sulla Neviera di Monte Cristo; e incoraggiate dall’ardire del Corrao, si sostenevano; sebbene i regi, stando in alto, avessero miglior vantaggio. Rosolino Pilo, che col Calvino stava a S. Martino, alle fucilate accorse, e, sebbene sconsigliato dal Corrao, volle salire sul punto più elevato, seguito da Andrea Soldano; e di là, osservata la posizione, stando in una insenatura fra due massi, accingevasi a scrivere a Garibaldi per domandare rinforzi. Contrariamente a quanto se ne scrive, il Soldano, testimonio oculare, che gli faceva da ordinanza, afferma che il Pilo scriveva in piedi, appoggiando il foglio su la spalla del Soldano stesso. Il capo, sorpassando oltre l’altezza delle rocce, gli rimaneva scoperto ai colpi: così una palla nemica lo colse un po’dietro la tempia, e cadde. Alle grida del Soldano accorsero il Corrao, Calvino, altri; lo sollevarono, lo trasportarono dentro la Neviera: il Pilo dava in convulsioni.
Non essendo speranza di salvarlo, il Corrao, piangendo, gli tolse il portafogli che conteneva documenti, e tornò al suo posto di combattimento. Pilo vestiva giacca e calzoni chiari, berretto a barca, fazzoletto al collo, stivali alti: sotto la giacca portava una sciarpa tricolore di seta all’uncinetto, forse dono della donna amata, cui il giorno prima aveva scritto per l’ultima volta. In tasca non aveva che l’orologio e due fazzoletti. Questi e la borsa furon poi dal Soldano consegnati a Giuseppe Pilo.
Così nel mattino del 21 di maggio, quando era già sicuro di salutare la sua terra nativa libera e vittoriosa, e vedere avverato il sogno della sua ardente giovinezza, l’unità della gran patria; così moriva Rosolino Pilo, cuor puro e grande, di fede integra e immutabile: vero precursore di Garibaldi, al quale aperse la via con la pertinacia, con l’audace iniziativa, con la fede nella riuscita, con l’esempio.
Il Corrao, avvertì il Generale dell’accaduto, operò la ritirata sopra Montelepre; indi si stabilì all’Inserra, nella casa del Monaco, spingendo la catena delle sue squadre su Monte Cuccio da un lato, e su Sferracavallo dall’altra; e lì, accendendo la notte grandi fuochi, di giorno molestando i regi, aspettò gli ordini del Dittatore.
Il quale, quel medesimo giorno 21, ricevute notizie da Palermo, dopo una ricognizione agli avamposti, quando già sembrava tutto disposto per un attacco, diede ordine di ripiegar nuovamente verso Renda, col proposito di richiamarvi le truppe borboniche; indi nella notte, sotto una pioggia minuta e incessante, per angusti pendii, trasportando i cannoni a braccia, guidato da giovani albanesi della squadra del Piediscalzi pratici dei luoghi, discese per Misilgandone, fino al luogo detto Spartiviola, oltrepassò il Ponte dei Greci sopra il torrente di Fiume Lato, oltre il quale cominciò la salita delle opposte colline su cui siede il villaggio del Parco. Per un podere detto Vigna delle Alpi, poi per quello del barone Maggio, giunsero i volontari alla Torretta, donde per uno stretto sentiero discesero al Parco. Non era il percorso più di nove miglia, e tuttavia dovettero impiegarvi tutta una notte, per le grandi e crudeli difficoltà del terreno. Al Parco ebbero ristoro dalla popolazione e dai frati; accesero grandi fuochi per asciugarsi: e intanto per premunirsi da ogni assalto, Garibaldi distendeva alcune squadriglie e i carabinieri genovesi, di fianco, a dominare la strada: fortificando coi cannoni una collina detta Cozzo di Crasto, sopra il villaggio.
Da quell’altura si vedeva la maravigliosa Conca d’Oro e la città vegliante e il mare gremito di navi...
Non essendo speranza di salvarlo, il Corrao, piangendo, gli tolse il portafogli che conteneva documenti, e tornò al suo posto di combattimento. Pilo vestiva giacca e calzoni chiari, berretto a barca, fazzoletto al collo, stivali alti: sotto la giacca portava una sciarpa tricolore di seta all’uncinetto, forse dono della donna amata, cui il giorno prima aveva scritto per l’ultima volta. In tasca non aveva che l’orologio e due fazzoletti. Questi e la borsa furon poi dal Soldano consegnati a Giuseppe Pilo.
Così nel mattino del 21 di maggio, quando era già sicuro di salutare la sua terra nativa libera e vittoriosa, e vedere avverato il sogno della sua ardente giovinezza, l’unità della gran patria; così moriva Rosolino Pilo, cuor puro e grande, di fede integra e immutabile: vero precursore di Garibaldi, al quale aperse la via con la pertinacia, con l’audace iniziativa, con la fede nella riuscita, con l’esempio.
Il Corrao, avvertì il Generale dell’accaduto, operò la ritirata sopra Montelepre; indi si stabilì all’Inserra, nella casa del Monaco, spingendo la catena delle sue squadre su Monte Cuccio da un lato, e su Sferracavallo dall’altra; e lì, accendendo la notte grandi fuochi, di giorno molestando i regi, aspettò gli ordini del Dittatore.
Il quale, quel medesimo giorno 21, ricevute notizie da Palermo, dopo una ricognizione agli avamposti, quando già sembrava tutto disposto per un attacco, diede ordine di ripiegar nuovamente verso Renda, col proposito di richiamarvi le truppe borboniche; indi nella notte, sotto una pioggia minuta e incessante, per angusti pendii, trasportando i cannoni a braccia, guidato da giovani albanesi della squadra del Piediscalzi pratici dei luoghi, discese per Misilgandone, fino al luogo detto Spartiviola, oltrepassò il Ponte dei Greci sopra il torrente di Fiume Lato, oltre il quale cominciò la salita delle opposte colline su cui siede il villaggio del Parco. Per un podere detto Vigna delle Alpi, poi per quello del barone Maggio, giunsero i volontari alla Torretta, donde per uno stretto sentiero discesero al Parco. Non era il percorso più di nove miglia, e tuttavia dovettero impiegarvi tutta una notte, per le grandi e crudeli difficoltà del terreno. Al Parco ebbero ristoro dalla popolazione e dai frati; accesero grandi fuochi per asciugarsi: e intanto per premunirsi da ogni assalto, Garibaldi distendeva alcune squadriglie e i carabinieri genovesi, di fianco, a dominare la strada: fortificando coi cannoni una collina detta Cozzo di Crasto, sopra il villaggio.
Da quell’altura si vedeva la maravigliosa Conca d’Oro e la città vegliante e il mare gremito di navi...
(Nella foto: La tomba di Rosolino Pilo nella chiesa di S. Domenico in Palermo)
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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