Veniamo alla “presa” di Palermo. Le fonti a cui ricorse il Luzio le ho citate: ma per questa che egli chiama “presa”, quelli che cita di preferenza sono l'Eber, corrispondente del Times, testimonio di veduta, il Guerzoni, il diario dell'ammiraglio inglese Mundj, e le lettere a Bice di Ippolito Nievo. Queste sono per lui il vangelo.
Chi si aspettasse una bella e sicura ricostruzione della magnifica impresa compiutasi albeggiando il 27 maggio 1860, resterebbe deluso.... o stupito: il Luzio non dice nulla di nuovo; s'indugia però a rilevare.... che le squadre siciliane “erano più addestrate a fuggire che a combattere”; e riporta un lungo brano di una lettera del Nievo, nella quale si dicono le cose più straordinarie: che “i Picciotti fuggivano d'ogni banda” che “Palermo pareva una città di morti”; che non ci era “altra rivoluzione che, sul tardi, qualche scampanio”; che Garibaldi “entrò in Palermo con 40 uomini, conquistò piazza Bologna con 30” ed era “solo” “tutto al più con suo figlio, quando pose piede in palazzo Pretorio”! Questo è niente. “Noi – scrive il Nievo da eccellente poeta e romanziere – correvamo per vicoli, per piazze, due qua, uno là, come le pecore, in cerca dei Napoletani per farli sloggiare, e dei Palermitani per far fare loro la rivoluzione o almeno qualche barricata.... “. E tralasciamo il resto, che riguarda l'esodo dei napoletani il 7 giugno. Il signor Luzio aggiunge in fine: “Queste note frettolose del Nievo, sono la pura e semplice verità”. Verità? Ma per affermare che questa è la verità bisogna sopprimere quelle corrispondenze dell'Eber, che il Luzio cita, e che dicono tutto il rovescio. O il Luzio non lesse le corrispondenze dell'Eber, o egli, con poca onestà di storico, le altera.
Il Nievo ha, senza dubbio, scritto belle pagine; e parecchi anni or sono qualcuno scoprì che le Confessioni d'un ottuagenario, sono un capolavoro da stare accanto ai Promessi Sposi; e sarà pure. Il Nievo, se non avesse fatto quella fine dolorosa, sparendo nei gorghi del mare, misteriosamente, avrebbe certo dato alla letteratura altri saggi del suo bell’ingegno; ma il debito di riverenza per la sua memoria, non può nè deve impedirci di dire, con tutto il dovuto rispetto, che le lettere a Bice sono delle fantasie, per non dir altro. A nessuno, fosse anche l'uomo più grande della terra, è lecito nascondere la verità.... per far risaltare vieppiù la virtù propria, fino al ridicolo.
La spedizione garibaldina, il genio di Garibaldi e l’eroismo dei suoi compagni non diminuiscono, nè soffrono alcuna ingiuria dall'eroismo altrui; ne sono anzi lumeggiati e spiegati; e io scommetto che, se Ippolito Nievo fosse vissuto di più, rileggendo serenamente quelle lettere, sarebbe stato il primo ad esclamare:
“Come diamine ho fatto a lasciarmi scappare queste panzane?”.
E a guisa di commento, avrebbe aggiunto:
“Ah! faceva gran caldo, laggiù il 27 maggio 1860, ed il vino di Sicilia era traditore”.
Seguiamo il Luzio; il quale, sempre col lodevole intento di mostrare in quali condizioni singolari Garibaldi mosse sopra Palermo, e quanto più meravigliosa fosse la sua marcia, dice che Garibaldi non sapeva nulla di Palermo e che sulle posizioni delle truppe ebbe appena poche e generiche notizie dall'Eber, andato a trovarlo a Gibilrossa.
Io dubito che il Luzio abbia letto tutte le corrispondenze dell'Eber al Times, raccolte poi in un opuscolo diventato raro, e ripubblicate nel volume Documenti e memorie della rivoluzione del 1860 (128). L'Eber dice, che un po' prima di lui, Garibaldi fu visitato da ufficiali della marina inglese e americana; e questo dicono anche altri; i quali aggiungono, anzi, che da qualche ufficiale il Dittatore si ebbe in regalo armi. Non dunque l’Eber soltanto potè fornire indicazioni; e meglio e più poteva il Generale attingerne di quegli ufficiali, che erano gente di guerra.
Tutto ciò, dico, supponendo, come pare che supponga il Luzio e suppongono gli altri narratori dell'epopea garibaldina, che in Palermo non si sapesse nulla della marcia di Garibaldi, e che tra il campo di Gibilrossa, e il comitato rivoluzionario non vi fossero relazioni e corrispondenze.
L'Eber stesso dice che a Palermo “alcuni amici gli indicarono la via da tenere” per andare a Misilmeri e di là a Gibilrossa; e che “egli partì nella carrozza di uno di loro”. Questi amici, che avevan carrozza propria in Palermo, non saranno stati certamente gli ufficiali delle navi inglesi. Qualcuno della colonia straniera? Può darsi; ma era appunto la colonia straniera, specialmente inglese e francese, quella che agevolava il carteggio dei rivoluzionari.
Ma ciò che l’Eber non poteva sapere, e che non è meno vero per questo, è che la mattina del 26 qualche membro del Comitato andò al campo di Garibaldi per concretare i segni coi quali la città doveva essere avvertita dalla prossima discesa dei legionari; e che uno dei pretesi ufficiali inglesi era il giovane Michele Pojero travestito; il quale, come narrerò in altro luogo, portò a Garibaldi una pianta di Palermo, che s'era cinta a una gamba; cosicchè il generale sapeva quali e quante fossero le forze borboniche dalla parte di Porta di Termini, e come disposte; e sapeva che la resistenza sarebbe stata facilmente superabile. Il 26 maggio, il comitato a Palermo, sapeva già della prossima entrata di Garibaldi; il popolo, pur non avendone la certezza, sospettava qualche cosa; chi non sapeva nulla era il governo, che non trovò più un cane di spia. L'ultima spia fu un corriere postale, che passando il 25 da Misilmeri, e trovativi i capi delle squadre, il La Masa, il Fuxa, e tutte le forze rivoluzionarie, ne riferì a Maniscalco. Ma il governo non osò assalire gli insorti, perchè era prevalso il concetto di non dislocare le truppe da Palermo; tanto più che vi erano già fuori i famosi battaglioni di von Meckel e le colonne distaccate a Morreale e Boccadifalco...
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Pagine 544 prezzo di copertina € 24,00
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Copertina di Niccolò Pizzorno
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