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mercoledì 19 giugno 2024

Luigi Natoli: L'esercito meridionale oltrepassava i novemila uomini e aveva il consentimento di tutta l'Isola... Tratto da: La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione

Lo stesso giorno in cui le truppe regie lasciavano Palermo, vi giungeva Nicola Fabrizi con 1500 fucili e munizioni. Garibaldi aveva mandato Salvatore Castiglia a Malta per rilevarlo; e il Castiglia aveva adempiuto la sua missione, felicemente sbarcando a Pozzallo e di lì venendo a Palermo. Giungeva anche, per la via di Monreale, Carmelo Agnetta, siciliano, a capo di una spedizione, che fu detta a ragione, “la retroguardia dei Mille”. Erano sessantasei volontari, vestiti ed equipaggiati militarmente e con buone armi; il maggior contingente esuli siciliani. La spedizione era stata da prima promossa, disposta e ordinata dal barone Prinzi e dai fratelli Burgarella, esuli da Trapani dopo i fatti del 4 aprile; i quali avevano noleggiato il vapore Utile, con gli aiuti del Comitato, e mercé la garanzia di trentanovemila lire depositate del suo dal conte Michele Amari. Ma pretendendone il comando Enrico Fardella, fratello del marchese di Torrearsa, il Prinzi e i Burgarella, sdegnati rinunciarono e si allontanarono. Il dissidio dispiacque al Medici, al La Farina, all’Amari; ma in quei giorni stessi era arrivato a Genova Carmelo Agnetta, al quale fu, di comune accordo, dato il comando della spedizione. Carmelo Agnetta, antico cospiratore e combattente nel 1847 in Messina e nel 1848 in Palermo; mercante di arance nei pressi dell’Opera, a Parigi, nell’esilio; condottiero di un corpo franco nel ‘59, era arrivato a Genova troppo tardi per partire con Garibaldi. Chiesto di partire con quel manipolo, n’ebbe con entusiasmo il comando. L’Utile salpò da Genova il 25 maggio; superato ogni pericolo di crociera, dopo una sosta a Cagliari, ripartì per Marsala; dove sbarcate le armi, i volontari si vestirono delle uniformi, e rifacendo il cammino dei Mille, per Salemi, Alcamo, Partinico e Monreale, scesero a Palermo, dove Garibaldi, già consapevole li aspettava.
Ma già altre milizie nel fervore di quei giorni s’andavan formando; e a preparar futuri soldati e sottoufficiali volgeva l’animo il Dittatore fra le cure del governo. Essendo giunto in quei giorni Alberto Mario con la moglie Jessie Withe, Garibaldi gli diede incarico di istituire un collegio militare, per raccogliervi tutti i ragazzi orfani o randagi o abbandonati a sé stessi; destinati forse ad accrescere il numero dei delinquenti, salvati o redenti ora dal nobile fine a cui Garibaldi li chiamava. Il Mario si mise all’opera alacremente, e ben presto il collegio accolse un migliaio di giovanetti, i più vecchi dei quali non avevano diciassette anni: li vestì, li disciplinò, li istruì. Il collegio prosperò; un mese dopo accoglieva altri mille giovanetti, ne formò due battaglioni che diedero esempio maraviglioso di eroismo.
Contemporaneamente l’inglese Dunn, grande e fervido amico dell’Italia, a sue spese costituiva un battaglione di ragazzi e giovinetti della strada, che chiamò “i figli della Libertà” e li vestì di bianco, li armò di fucili scelti, e ogni giorno li conduceva al campo, esercitandoli; sicché in breve di quei giovanetti, fin allora vissuti nell’ozio e nell’ignavia, fece dei cittadini e soldati che stupivano per arditezza d’aspetto e spirito di disciplina, e che più tardi a Milazzo fecero prodigi di valore.
Altre spedizioni ebbero luogo in quei giorni di giugno che parvero veramente la messe della bella gioventù di Italia. Le più importanti furono quella del Medici, già preannunciata dall’Agnetta e dal barone Prinzi, e quella del Cosenz.
Giacomo Medici, l’eroe della famosa difesa del “Vascello”, nel 1849, compagno di Garibaldi, cuor di leone, ma cervello positivo, non aveva voluto seguire le prime spedizioni, dubitando dell’impresa; aveva preparate e ordinate le altre, e ora si poneva a capo di circa 2000 uomini, avanzo delle battaglie per l’indipendenza, reclutati in Lombardia, in Piemonte, in Liguria la più parte. Circa un migliaio di essi erano stati raccolti e messi in ordine in Milano, da Filippo Migliavacca, al quale la morte serbava la ghirlanda degli eroi a Milazzo. A questo migliaio si unirono i volontari piemontesi e liguri, e tutti s’imbarcarono in due piroscafi americani, il Washington e l’Oregon. Partirono questi prodi da Genova, vestiti, armati, disciplinati militarmente; e raggiunti dal Franklin, su cui si erano a Livorno imbarcati con Vincenzo Malenchini 900 volontari toscani, si ordinarono su quattro battaglioni e dieci compagnie, una delle quali comandata dall’inglese Peard, altre dal Guerzoni, dal Cadolini, dall’Ondes.
Protetti dalla flotta sarda, giunsero a Cagliari, dove aspettarono per quattro giorni l’Utile, su cui s’era imbarcata una nuova spedizione: indi salparono per la Sicilia, e approdarono a Castellammare del Golfo, dove Garibaldi si recò a incontrarli. La colonna Medici, attraversate come in una marcia trionfale Alcamo, Partinico, Monreale, entrò in Palermo sotto una pioggia di fiori e fra gli applausi della popolazione.
Altre spedizioni avvennero, comandate dai maggiori Gualtieri, Curcì e Siccoli: quest’ultimo, un veterano dell’America, aveva raccolto gli avanzi della colonna Zambianchi da Garibaldi mandata, senza profitto nello Stato Pontificio; e ad essa si unirono altri esuli siciliani, che non eran potuti partire con le spedizioni Agnetta e Prinzi e con quella di Medici, e tra essi Paolo Paternostro. Altri gruppi di volontari venivano alla spicciolata, e uno notevole di circa quattrocento col piroscafo The City of Aberdeen.
L’esercito meridionale oltrepassava oramai i novemila uomini; aveva cannoni, armi, denari, ed aveva il consentimento di tutta l’isola e la rivoluzione in ogni città, in ogni villaggio, in ogni palmo di terra: le truppe conservavano ancora i nomi originari, o pigliavan nome dai comandanti; ed eran vari di uniformi. 
I Cacciatori delle Alpi, ingrossati dalle nuove spedizioni e che formavano la brigata Medici, vestivano una specie di camiciotto rosso, stretto alla vita dal cinturino, calzoni neri, cappello alla calabrese con piccola piuma: la fanteria di linea camicia rossa calzoni di tela, berretto rosso, con mostre verdi; i carabinieri genovesi avevano l’uniforme turchino; i Cacciatori dell’Etna, quasi tutti siciliani, avevano camiciotto color caffè con mostre rosse, berretto rosso, calzoni di tela; la cavalleria giubbetto rosso, calzoni bigi, berretto rosso con ricami d’argento; il reggimento toscano del Malenchini vestiva il camiciotto turchino delle guardie nazionali: il battaglione Dunn detto dei “Figli della Libertà” vestiva di bianco con le rivolte viola scuro, in capo piccolo berretto tondo senza visiera, rosso con un ricamo bianco; l’artiglieria e il genio avevan le stesse uniformi dell’esercito piemontese.
Ma oltre a queste truppe altre se ne venivano ordinando e organizzando per completare altre brigate di fanteria; si formava la cavalleria, al cui comando era preposto il marchese della Cerda: sei nuovi battaglioni di Cacciatori dell’Etna; e s’erano aperti gli arruolamenti pei battaglioni Badia, Ponesberg e Bolza, tutti di siciliani. E v’erano anche dodicimila uomini di guardia nazionale, in colonne mobili, col La Masa; i quali con le duecento guardie di sicurezza interna e lo squadrone dei compagni d’arme avevano l’incarico di ristabilire e tutelare l’ordine.
Quanto alla marina essa contava già tre navi; una era il Veloce, ribattezzato col nome del valoroso Tuköry, le altre due erano l’Alba e il Duca di Calabria, anch’esse navi napoletane, catturate dai nostri.
Non tutte queste milizie, formatesi fra il giugno e i primi di luglio si agglomeravano in Palermo...
(Nella foto Giovanni Corrao) 


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Pagine 544 prezzo di copertina € 24,00
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
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