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mercoledì 12 giugno 2024

Luigi Natoli: Il governo della dittatura di Garibaldi, validamente consigliato da Francesco Crispi. Tratto da: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860.


Fra le cure di guerra, Garibaldi non trascurò di occuparsi dell’amministrazione,validamente aiutato e consigliato da Francesco Crispi, la cui mente di statista si rivela in quel complesso di leggi e provvedimenti intesi a rinnovare la Sicilia, e i difetti d’uomo appaiono nelle animosità delle lotte di partito. 
Già alcuni decreti Garibaldi aveva emanato lungo la sua marcia da Salemi a Palermo, oltre quello della Dittatura, base e fondamento di tutti gli atti di governo posteriori; e fra essi uno sulla formazione delle milizie distinte in tre categorie; un altro per abolire la tassa sul macinato, invisa alle moltitudini. A riordinare i comuni, inviava emissari siciliani conosciuti e autorevoli, con facoltà di nominare governatori provvisori, per amministrare, e nel tempo stesso provvedere armi e armati, viveri, munizioni. In Palermo appena entrato, costituiva il Comitato provvisorio, come si è detto; e il 28, sciolto il magistrato municipale eletto dal governo borbonico, ne nominava uno nuovo, al quale conservò per allora il titolo di Senato; e pretore elesse il duca Giulio Benso della Verdura, che, non estraneo alle cospirazioni, aveva patito arresti e prigionia. 
Con decreto del 2 giugno Garibaldi istituì una Segreteria di Stato, con sei dicasteri, chiamandovi a reggerli uomini reputati per dottrina e noti per la parte avuta nelle vicende della rivoluzione. Destinò il Giordano-Orsini alla guerra, l’avvocato Andrea Guarneri alla giustizia, il dotto canonico Ugdulena all’istruzione, Casimiro Pisani agli esteri e al commercio, Crispi all’interno e alle finanze. Il Ministero si pose alacremente all’opera di riordinamento dello stato; e se si pensa che esso si insediava fra le rovine di una città bombardata, e ancora in potere di un nemico numeroso e forte; e lavorava tra l’agitarsi di tutte le passioni che in quei momenti si scatenavano, l’opera sua e più la serenità degli atti, appare veramente grande e degna di un gran popolo. Che se talvolta gli effetti non corrisposero agli intendimenti, più che la volontà degli uomini è da accusarne il lungo servaggio, la dissuetudine a liberi reggimenti, l’ignoranza delle popolazioni e la loro facilità ad accendersi, e anche l’acerbità dei contrasti di partito. 
Il Dittatore per ricompensare coloro che per la patria avevano combattuto decretava che loro, se non eran possessori di poderi, fosse assegnato un lotto di terra sui beni comunali, e se i comuni non avessero terre, sui beni della corona o dello stato; che i figli dei caduti combattendo venissero adottati dalla patria ed educati e dotati a sue spese, e secondo la loro condizione, e le vedove pensionate. E questi benefizi furono estesi alle famiglie dei tredici fucilati del 14 aprile. 
Fu abolito il bacia-mano e il titolo d’eccellenza, segni esteriori di servaggio e disuguaglianza, che però la terza Italia rimise in moda, e i ministri sorti dalla rivoluzione estesero anche a chi non s’eran mai dati. 
Altri provvedimenti furon presi d’indole amministrativa e finanziaria: aboliti alcuni dazi su derrate di prima necessità; disposte norme per la riscossione dei beni demaniali e pel pagamento delle tratte e della rendita. Inoltre fu vietato il vagabondaggio e la mendicità; gli accattoni di professione espulsi da Palermo; i poveri validi adibiti ai lavori di sgombro delle macerie e alla nettezza pubblica. 
Nel rinnovamento di tutti gli ordini non fu trascurata l’istruzione: un decreto ordinò lo scioglimento e la espulsione delle congregazioni religiose dei Gesuiti e dei Liguorini, e la devoluzione dei loro beni, circa sei milioni di lire, a beneficio delle tre università di Sicilia; le scuole normali, che erano allora scuole di cultura popolare, furon trasformate in ginnasi; fu nominata una commissione per l’accertamento di tutte le opere d’arte, quadri, statue, arredi, vasi e altro; nel timore che, approfittando dei trambusti, qualche cosa venisse involata. 
Il 13 giugno, poiché l’opera delle squadre era inutile e anzi inceppava, Garibaldi le sciolse con un proclama, che era un saluto e una lode: “Voi che tanto contribuiste alla liberazione di questa terra... che conservaste il fuoco sacro di libertà sulle vette dei vostri monti... Voi potete oggi tornare alle vostre capanne, con la fronte alta, con la coscienza di avere adempito a un’opera grande... Io vi seguirò col cuore nel tripudio delle vostre messi, delle vostre vendemmie; e nel giorno in cui la fortuna mi porgerà l’occasione di stringere ancora le vostre destre incallite, sia per narrare delle nostre vittorie o per debellare nuovi nemici della patria, voi avrete stretto la mano d’un fratello”. 
Altro proclama dirigeva lo stesso giorno ai Cacciatori delle Alpi, avvertendoli non essere ancora tempo di riposo, e che ognuno di loro era chiamato a condurre la gioventù a nuove pugne, a nuove vittorie. “In rango dunque! – In rango tutti i soldati di Calatafimi e prepariamoci ad ultimare l’opera magnifica che abbiamo cominciato”.
Intanto l’annuncio delle riportate vittorie, propagatosi fra lo stupore, l’ammirazione e la gioia per tutta la penisola; esagerato anche dai giornali, che pubblicavano entusiastiche lettere di quei volontari, aveva destato nuovi fervori...


Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento. 
Pagine 544 prezzo di copertina € 24,00
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
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