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mercoledì 26 giugno 2024

Luigi Natoli: L'arresto di Giuseppe Badia e la rivolta del Sette e Mezzo. Tratto da: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo.

Nel 1865 fu arrestato Giuseppe Badia, ex colonnello garibaldino repubblicano che si diceva a capo delle bande. Ma i tumulti si rinnovarono e crebbero con la legge di soppressione delle corporazioni religiose, che, spostando interessi, gettava sul lastrico nuove famiglie avvezze a vivere su di essa.
Parve agli anonimi oppositori del regime giunto il momento della rivolta, ma prevalse il concetto di aspettare che il Governo fosse impegnato nella guerra, che pareva imminente, per potere essere più sicuri della riuscita. Scoppiò la terza guerra per l’indipendenza nazionale contro l’Austria; e Palermo, approfittando che le truppe erano occupate sul campo nell’Alta Italia, insorse.
Le cause della rivolta sono da ricercare nella profonda insofferenza della popolazione; difficile è però trovarne gli autori: i borbonici da soli, pel loro fine, non potevano, i repubblicani non avevano seguito; la notizia che una loggia massonica avrebbe coordinato il moto di Palermo con quello che sarebbe scoppiato a Genova, è molto incerta. Certo si è che la vigilia del 16 settembre 1866 le bande della campagna erano già pronte e che quel giorno si presentarono al prefetto Torelli alcuni egregi cittadini per scongiurarlo di «battere la generale» e chiamare la Guardia nazionale alle armi, perchè le bande erano alle porte della città. Il prefetto disse che non valeva la pena di disturbare tanti padri di famiglia per un attacco di contrabbandieri. 
Le stesse cose dichiarò il questore Pinna, con assoluta incomprensione del momento.
L’indomani all’alba le bande entrarono in Palermo e per sette giorni la tennero. C’era un comitato di persone presieduto dal principe di Linguaglossa, costretto dalle bande, c’erano degli uomini di nessuna autorità che facevano sventolare una bandiera al grido di Viva la Repubblica, ma senza averne coscienza.
Il giovane marchese Rudinì, sindaco di Palermo, tentò di opporsi con poche guardie che accorsero spontaneamente, ma fu costretto a ritirarsi al Palazzo Reale. Gli insorti saccheggiarono qualche casa, ma in verità non sapevano e non vedevano dove la rivolta giungesse; e all’ultimo quelli che credevano capi fuggirono e li lasciarono soli contro i rinforzi, che, dato l’assalto alle barricate, domarono la città.
Non mancarono le fucilazioni senza processo; undici cittadini presi a caso furono addossati al muro e passati per le armi. Ma furono i soli. Cominciò la reazione; il generale Cadorna accusò il cardinale Naselli; furono arrestati cittadini illustri come Benedetto d’Acquisto, vecchio ottantenne, filosofo, il principe De Spuches, traduttore di Euripide, e altri cittadini come componenti del moto; si imbastì una relazione firmata dal Cadorna che riversava tutta la responsabilità sui borbonici e sui frati. Il moto di Palermo rimase isolato e non ebbe seguito in nessuna parte della Sicilia. Gli atti di crudeltà attribuiti a qualche comune sono leggenda.


Luigi Natoli: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo. L'opera è la fedele trascrizione del volume originale pubblicato dalla casa editrice Ciuni nel 1935.
Pagine 509 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
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