Fin dal novembre del 1848, da Malta, Giovanni Corrao aveva scritto a Rosolino Pilo, proponendogli di accompagnarsi a lui per uno sbarco nell’isola, ad accendervi e capitanarvi la rivoluzione. Tutti e due repubblicani e mazziniani, esuli, noti per la parte presa nella rivoluzione del 1848, prodi, audaci, fervidi nel cospirare, pronti nell’agire, fidenti l’un dall’altro, si intesero.
Rosolino Pilo e Gioeni, dei conti di Capaci, biondo e bello e di gentile aspetto, cuor di leone in gracile petto, aveva sempre caldeggiato una spedizione in Sicilia, o per lo meno in qualche parte del regno di Napoli; e d’accordo con Mazzini, aveva sul proposito da Londra, da Genova, da Malta, spronato con lettere i patriotti dell’isola. A Genova, come narrammo, aveva già fin dal 1855 concertato con gli altri esuli e con Garibaldi uno sbarco in Sicilia, che la timidezza o se vuolsi la prudenza di molti non fece mandare a effetto: onde, accolto con calore il disegno di Carlo Pisacane, gli si era fatto compagno, e gli era stato valido aiuto nella preparazione. Ma, per colpa non sua, gli era fallito accompagnarlo nella spedizione finita così tragicamente a Sapri: forse perché il fato riserbavagli morire nella terra natale, sotto il sole che lo scaldò giovinetto. Costretto a fuggire in Malta, perché temuto dal governo piemontese come pericoloso mazziniano, e poi a Londra, s’era dato a concertare col Mazzini, col Crispi e con altri di parte democratica i mezzi per promuovere l’insurrezione siciliana.
Giovanni Corrao, popolano, nerissimo di capelli e di barba, volto tagliente e fiero; rude, incolto; coraggio senza pari, risolutezza ignara di indugi, aveva durante la rivoluzione del 1848 meritato onorevole decreto dal Parlamento siciliano. Esule dopo la caduta di Palermo, ritornato poco dopo illuso, come il Garzilli, che si potesse ritentare una insurrezione, era stato arrestato e relegato in Ustica; donde, dopo un tentativo fallito di evasione, fu trasportato in Messina. Ed ivi aveva languito fino al 1855, quando liberato ed espulso aveva ripreso la via dell’esilio e delle cospirazioni.
Incalzando gli avvenimenti, e stimandosi prossima la insurrezione di Palermo, Rosolino Pilo chiese a Garibaldi armi, munizioni e denaro, per correre in Sicilia e mettersi alla testa del movimento; sperando che il Comitato nazionale pel Milione di fucili, avrebbe fornito ogni cosa; che a lui si sarebbero associati Nino Bixio e Giacomo Medici; e che Garibaldi, cui facevano capo gli esuli siciliani, a un avviso, sarebbe corso in Sicilia, come aveva promesso. Ma Garibaldi, non credendo maturi i tempi, lo dissuase. La sua lettera è del 15 marzo 1860. Rosolino Pilo non ebbe nulla dal Comitato, né un fucile né un soldo; e non ebbe il concorso degli amici: ebbe invece lettere da Palermo che l’avvertivano tutto esser pronto. E il 26 marzo egli e Giovanni Corrao, soli, senz’altre armi che le loro rivoltelle, delle bombe tascabili e pochi fucili; con poco denaro fornito da Mazzini e dagli Orlando; soli col loro coraggio, con la loro fede, con la virtù del sacrificio; nella paranza di Silvestro Palmarini, pilota Raffaele Motto, salparono argonauti della libertà, da Genova, affrontarono le tempeste del Tirreno, videro la piccola nave minacciata, rischiarono di cadere su le spiagge napoletane; stettero quindici giorni tra cielo e mare con la morte sospesa sopra di loro. Rosalia Montmasson moglie di F. Crispi, era andata in Messina prima di loro, per avvertire e concertare con gli Agresta ogni cosa per lo sbarco; ma per ragione delle tempeste, sbarcati con grande ritardo, il 10 di aprile, a Grotte sul lido messinese non vi trovarono chi secondo il convenuto doveva aspettarli. Videro però i cannoni regi della cittadella bombardare Messina.
Già alla notizia della insurrezione di Palermo, la città aveva con grandi dimostrazioni minacciato di insorgere: ignorando ancora che quel movimento era fallito, e credendo a esagerate notizie di vittorie popolari, ora si levava; avvenivano conflitti con la sbirraglia; le truppe prendevano posto di combattimento; i forti cannoneggiarono; e senza le vigorose proteste di consoli, il Borbone avrebbe forse scritto nella storia della sua casa un’altra pagina di sangue. Il Pilo e il Corrao veduto qualcuno del comitato messinese, sbarcate e nascoste le poche armi in luogo sicuro, raccolte notizie da Catania e dai dintorni, mossero alla volta di Palermo...
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
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