La polizia raddoppiò i rigori, che crebbero per la paura destata dalla rivolta di Cosenza nel marzo 1844, per cui vi furono sei fucilati, e che fu sprone alla infelice quanto eroica spedizione dei fratelli Bandiera. La fucilazione di questi e dei loro compagni sollevò tanta commozione, e apparve così inumana, che fece al Borbone più male di tutte le altre rivolte fino allora scoppiate; incoronò di gloria i nomi delle vittime, ed infiammò il lavorìo di propaganda segreta, non ostante che Palermo si effondesse in letizia per la venuta dei sovrani di Russia; e che la bellezza e la bontà della figlia Olga, cui dai medici era stato prescritto il clima di Palermo, facessero dimenticare le stragi di Polonia.
Ma nel resto dell’Italia le agitazioni crescevano; il Piemonte, già reazionario, andavasi temperando. Fra il 1843 e il 1845 Vincenzo Gioberti pubblicò il Primato e i Prolegomeni, che fecero gran rumore, ed eccitarono il sentimento nazionale degli Stati Italiani. Alla maggioranza l’idea di una federazione sembrò di più facile conquista e più adattabile, che l’idea unitaria del Mazzini; onde quella raccolse il maggior numero di seguaci; e in Sicilia, accordandosi col concetto di indipendenza da Napoli, diventò il programma delle cospirazioni; al quale anche i Mazziniani davano il loro contributo di forze, considerandolo come il primo passo per conseguire l’unità.
In questo fermento di idee salì al pontificato, il 16 giugno del 1846, Giovanni Maria Mastai col nome di Pio IX, che inaugurando il regno con l’amnistia politica e con riforme civili, suscitò entusiasmi ed esaltazioni generose, le quali costrinsero lo stesso Pio IX ad altre innovazioni; e con la concessione della Civica, l’istituzione della Consulta, l’assunzione di uomini non ecclesiastici a cariche dello Stato, la riforma della legislazione criminale, i provvedimenti finanziari, la permissione entro certi limiti di poter stampare giornali, non soltanto empì di grandi dimostrazioni di giubilo Roma, ma tutta l’Italia ebbe il suo nome come simbolo di rigenerazione politica. Però i duchi di razza borbonica e austriaca si mostrarono restii ad ogni nuova concessione, è più che restio fu avverso Ferdinando II. Allora Luigi Settembrini concepì l’idea di far pervenire direttamente al Re una voce di protesta. Infatti scrisse un opuscolo, che comunicato in segreto a pochi amici e dopo che Carlo Poerio e Giovanni Raffaele vi ebbero aggiunto qualche periodo, fu diffuso col titolo di Protesta del Popolo delle Due Sicilie. Le prime copie furono da Giuseppe Del Re ed Ercole Lanza di Trabia portate a Palermo, dov’era il Re per le feste di Santa Rosalia; ed una fu gettata, non si seppe da chi, nella sua carrozza.
Luigi Natoli: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo.
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Copertina di Niccolò Pizzorno
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