Cade ferito Raffaele De Benedetto; cadono morti, prime vittime della gloriosa giornata, il dottore Rocco La Russa, il cavaliere Pietro Lo Squiglio, Pietro Inserillo popolano; giovani, ardenti di fede, s’erano da tempo votati alla libertà della patria; compivano ora il voto, morendo dinanzi le mura della città, ove i destini della terza Italia si decidevano.
Tukory, il nobile ungherese, dinanzi ai suoi, dopo aver oltrepassato il ponte, si avanza; una palla gli rompe il ginocchio; cadono feriti lì presso Benedetto Cairoli, Giorgio Manin, Stefano Canzio, Daniele Piccinini; Bixio è ferito anch’esso. La Masa accorre, obliando l’alterco, gli domanda affettuosamente: – “Sei ferito?” – “Non è nulla, grazie;” – risponde Bixio sorridendo, si toglie da sé la palla e ritorna a combattere.
Ludovico Tukory, ferito il 27 al ponte dell'Ammiraglio, trasportato all’ospedale del principe di S. Lorenzo, dopo aver subito l’amputazione della gamba, vi moriva la sera del 6 per sopravvenuta cancrena. Garibaldi ne diede l’annuncio con commoventi parole. Il cadavere fu il giorno dopo accompagnato da tutti i garibaldini ancor validi, dal popolo, da’ signori; e non vi mancarono dame che vollero testimoniare il loro cordoglio per la morte del prode straniero. Lungo il tragitto, dai balconi della via Maqueda, le donne si inginocchiavano, bianche e silenziose, e gittavan fiori sulla bara.
Ludovico Tukóry di Koros Hadany in Ungheria, aveva trentadue anni; aveva combattuto sotto il generale Bem per la sua patria, poi era andato in Turchia. Nel ‘59 aveva con altri ungheresi seguito Garibaldi in Lombardia contro il comune oppressore; si era segnalato a Varese e a Como, ed era stato fra i primi a correre allo scoglio di Quarto. Impavido, avventuroso, audace, aveva nel pallido volto e negli occhi profondi tutti i sogni della sua razza.
Insieme a lui morì lo stesso giorno Michele del Mastro di Ortodonico che nel Cilento, aveva preso parte ai rivolgimenti di Napoli del 1848; esule in Genova, seguì Garibaldi e con lui combattè alla difesa di Roma. Venuto in Sicilia, semplice soldato nella 6a compagnia, fu ferito al braccio il 28, in quella stessa barricata ove cadevano i fratelli De Benedetto ed era ferito Francesco Cucchi, bergamasco. Riusciti vani i soccorsi dell’arte, Michele del Mastro morì il 9 giugno. La città e i compagni gli resero solenni onoranze, ed egli fu provvisoriamente deposto in una tomba accanto a quella di Tukory, nella chiesa di S. Antonino.
All’uno e all’altro diede con calda enfasi l’ultimo saluto fra Giovanni Pantaleo.
(Nella foto: lapide ai fratelli Salvatore e Pasquale De Benedetto, in corso Vittorio Emanuele)
Luigi Natoli: La rivoluzione siciliana nel 1860. Fa parte di: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento. Raccolta di scritti storici e storiografici dell’autore sul Risorgimento in Sicilia, costruita sulle opere originali. Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860 (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
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