Il 27 aprile moriva Francesco Riso. Trasportato sopra un carretto all'ospedale, vi subiva un primo interrogatorio dal commissario di polizia Carrega, che al cavaliere Balsano, deputato del pio luogo, testimoniava essersi il Riso “battuto come un leone”. Interrogato il domani dal giudice Uzzo, onesto magistrato, serbò il silenzio: la polizia tentò aver nelle mani il ferito, per sottoporlo chi sa a quali torture, non l’ebbe per la ferma resistenza di quei sanitari. Ciò non distolse il Maniscalco dal tormentare il Riso, non solo con gli interrogatori processuali, ma con mentite promesse e tristi lusinghe di liberargli il padre, già fucilato. E il 16 lo sottopose a lungo stanchevole esame, in segreto; col quale fece di poi compilare in ufficio un verbale dal giudice Prestipino, uomo di pochi scrupoli, sostituito all' Uzzo, giudicato onesto: il qual verbale allora e poi, diffusa ad arte la voce di gravi rivelazioni, offuscando il nome dell'eroico popolano, servì a discreditare gli uomini della rivoluzione.
Il Riso ebbe sentore delle dicerie, e qualche giorno prima di morire, se ne dolse amaramente, dicendole infamie; e si afferma aver richiesto una pistola per uccidere Maniscalco appena ripresentatosi. Ora, poichè, non ostante un vano divieto, del processo furono già estratte alcune copie, e qualcuna pubblicata, non sarà inutile fermarsi a parlarne con serenità. Gli interrogatori che figurano nel processo sono tre: il primo è del 5 aprile, e il Riso serbò un rigoroso silenzio; l'ultimo è del 17, compilato, cioè, dopo il colloquio col Maniscalco dal giudice Prestipino, per ordine del governo, come si rileva da una lettera del luogotenente generale dello stesso 17. Ora tra la relazione del direttore di polizia, riprodotta nella citata lettera, e il verbale del giudice Prestipino vi sono notevoli differenze: e soltanto si accordano nei nomi dei creduti componenti del comitato segreto; i quali, si noti bene, erano già noti alla polizia, ed erano quelli delle persone arrestate già fra il 7 e il 12, prima ancora, cioè, che il Riso avesse fatte le volute rivelazioni. Nessun altro nome vi figura; pure il Riso avrebbe potuto denunziare il Bruno-Giordano, il Tondù, i De Benedetto, il Marinuzzi, il Corteggiani, l'Albanese, avrebbe potuto rivelare come e dove s'eran preparate le armi; avrebbe potuto dire il nome di chi aveva ferito il Direttore di Polizia. Le rivelazioni non aggiungevano nulla a ciò che la polizia sapeva da altre fonti; e principalmente da G. Battista d'Angelo uno dei congiurati, che, preso il 4, non resistendo alle torture, fece propalazioni, indicò dov'erano nascoste le armi, fu cagione che la polizia mettesse a prezzo la testa del Bruno; e di lì a non molto fu trovato impiccato alla inferriata del carcere. Rimorso o giustizia.
Il documento e per le singolari condizioni onde venne redatto, e per la mancanza di forme legali e soprattutto della firma dell'interrogato, che pur sapeva leggere e scrivere, dà adito a non ingiustificati sospetti sulla sua autenticità e veridicità, in un tempo in cui la polizia creava anche documenti; e con uomini, conte il Maniscalco, che anelavano raccogliere prove o fabbricarne, per procedere con estremi rigori contro gli arrestati, e segnatamente i nobili.
Ho voluto indugiare su queste accuse per scrupolosità di storico, e per ristabilire la verità; non stimando equo, per altro, il rigido giudizio di chi, credendo alle confessioni del Riso od esagerandone la portata, vorrebbe anche disconoscerne il sacrificio. Nessuno di coloro che all'ospedale gli stettero vicini lo credette propalatore, anzi il cav. Balsano, il cappellano Chiarenza e i medici curanti, che avevano stabilito intorno al ferito un servizio di quasi spionaggio, negano con testimonianze scritte, che il Riso abbia fatto le rivelazioni che gli si attribuiscono.
La città, più sicura nei giudizi, ne pianse la morte, e allora e poi l'onorò pel martirio, che segnò la irrevocabile caduta dei Borboni e l'unità della patria.
(Nella lapide in foto nel cortile della Gancia, via 4 aprile:
A FRANCESCO RISO
ED AI PRODI
CHE LA RIVOLUZIONE ITALIANA IN SICILIA
IL 4 APRILE 1860
IN QUESTO LUOGO INIZIARONO
LA SOCIETA' NAZIONALE ITALIANA
IN PALERMO
IL 4 APRILE 1861
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Il volume raccoglie gli scritti:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" (I Buoni Cugini editori)
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Pagine 544 - Prezzo di copertina € 24,00
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Disponibile su Amazon Prime, La Feltrinelli.it, Ibs e tutti gli store online.
Disponibile presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour 133) e nelle migliori librerie.
Nessun commento:
Posta un commento