...tutta quella parte che i nostri vi ebbero, la quale ordinariamente non apparisce nelle storie: le opere e i sacrifici dei nostri, che prepararono prima, e spianarono, resero possibile poi e vittoriosa la spedizione garibaldina dei Mille e l’Unità nazionale. - Luigi Natoli
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mercoledì 27 maggio 2020
Dal diario di Antonio Beninati, l'ingresso di Garibaldi a Palermo. Fa parte di: Documenti e memorie della Rivoluzione siciliana del 1860
27 maggio 1860, Domenica ore 6 1/2. - Da lontano si odono delle fucilate; il fuoco cessa per un poco di tempo: si risentono fucilate a grandi scariche: dopo un poco un fuoco ben nutrito. Vedo correre a passo di corsa una ventina di soldati, che venivano dalla via Montesanto e prendono per via S. Cristoforo: dopo ho saputo che quello era un picchetto che guardava la porta di Termini. Si sono ritirati, e unitisi al picchetto della Posta si sono rifuggiati al Carminello. Il fuoco di fucileria si sente ben nutrito.
Scorgo nella via Divisi un piemontese e altri nostri gridare: "Aprite! siamo i vostri fratelli, aprite, aprite!" Non vi è dubbio, i nostri sono entrati: in un minuto e fra due salti corriamo alla Fieravecchia; le campane della chiesa di Montesanto salutano per primi l'arrivo dei liberatori, con me corrono l'avv. Giovanni, Angelo e Luigi Muratori, questo ultimo, ragazzetto, s'era armato di un grosso coltello da cucina. Alla Fieravecchia trovo un popolo gridare: "Viva Italia! viva Garibaldi!" - Le sqadre entravano in ordine sparso; ogni squadra colla bandiera nella quale era attaccata l'immagine del Santo protettore del paese - Misilmeri: S. Giusto; Bagheria: S. Giuseppe; Marineo: S. Ciro; e così di seguito.
Era bello vedere le bonache dei nostri confuse colle camicie rosse - ed i nostri con lunghe lancie; il giubilo è incredibile. Mi avvicino alla Porta, scorgo una guida a cavallo; da noi si credette che quella fosse Garibaldi; quindi gridi assordanti di evviva, ma quello ci fa gesto che Garibaldi è dietro; ci avanziamo e vicino al quatrivio si vede una massa armata e nel mezzo Garibaldi sorridente, col sicaro in bocca, saluta il popolo. Dai balconi del palazzo Villafiorita le signore sventolano i fazzoletti.Si grida: "Viva Garibaldi! Viva S. Rosalia!"
Dalla nota del volume si legge che la "narrazione è tratta da appunti presi a matita dal signor Beninati, vecchio e modesto patriota, e da lui gentilmente favoritici".
Comitato cittadino pel Cinquantenario del 27 maggio 1860: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
A cura di Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Pipitone Federico, Alfonso Sansone, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga.
La prima parte del volume comprende i documenti della rivoluzione, anteriori e posteriori al 4 aprile 1860 fino al 27 maggio. La seconda, una scelta degli atti della Dittatura che propriamente riguardano il periodo rivoluzionario, il rinnovamento politico-amministrativo della Sicilia e uomini e fatti della rivoluzione; la terza, più varia, contiene atti della rappresentanza civica, memorie, rendiconti, poesie, diari del tempo fra le quali le memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese - Il diario inedito di Enrico Albanese - Le lettere di Giuseppe Bracco al conte Michele Amari - Il diario di Antonio Beninati.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile al sito www.ibuonicuginieditori.it, www.lafeltrinelli.it, Amazon Prime e tutti i siti vendita online.
Garibaldi a Palermo, ossia il più bel tratto della rivoluzione siciliana, narrata da un testimone oculare. Prima versione dall'inglese. Fa parte di: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
Palermo, 27 Maggio - Sono le due pomeridiane, e mentre vi scrivo le bombe fischiando per l'aria mi passano sul capo. Allorquando lo sbarco di Garibaldi primamente empì di terrore la corte di Napoli, il giovine Borbone alla sua valorosa flotta concentrata presso Palermo mandò l'ordine di bombardare i suoi fedeli Palermitani, e ridurre in cenere la città loro, quante volte osassero insorgere contro la sua paterna autorità.
I Palermitani avevano già provato simili carezze paterne dall'illustre genitore del presente Sovrano, il quale, come bene vi rammenterete, è conosciuto nella storia sotto il nome di re Bomba per aver largito così fatti ricordi del suo amore alle maggiori città del reame. Chiunque ne abbia fatto esperienza, potrebbe dirvi che il bombardare una città è un assai deplorevole trastullo, in ispecie quando non si abbiano i modi di rispondere in modo condegno; e nondimeno Palermo stamane è insorta.
Stamani Garibaldi allo spuntar del giorno apparì alle porte orientali di Palermo, e dopo una lotta comparativamente non sanguinosa, entrò in città: la più gran parte della quale verso le ore dieci antemeridiane era nelle mani di lui. I Napolitani furono rinculati in varie forti posizioni attorno al Palazzo Reale verso Sud-Ovest della città e a nord-ovest verso il molo...
Quasi tutte le nazioni civili in quest'acque sono rappresentate da legni da guerra per vedere ed approvare con la loro presenza questo nobile modo di procedere: Inglesi, Francesi, Sardi, Austriaci, nessuno vi manca. Che anzi essi hanno avuto la cortesia di gittare le ancore in luoghi tali da non potere impedire i movimenti della valorosa flotta napolitana. E fu detto ieri, nel campo di Garibaldi, che l'ammiraglio inglese avesse protestato contro ogni idea di bombardamento. Però le bombe che fischiavano nell'aria per ogni verso, chiaramente provano una di queste due cose: o che l'ammiraglio non protestò, o che i Napolitani non porsero ascolto a così fatta protesta. La prima supposizione è più probabile...
La mia relazione riposa sopra ogni autorità degnissima di fede; rispetto poi ai fatti seguiti da ieri in qua io posso riferirveli come testimonio oculare...
Comitato cittadino pel Cinquantenario del 27 maggio 1860: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
A cura di Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Pipitone Federico, Alfonso Sansone, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga.
La prima parte del volume comprende i documenti della rivoluzione, anteriori e posteriori al 4 aprile 1860 fino al 27 maggio. La seconda, una scelta degli atti della Dittatura che propriamente riguardano il periodo rivoluzionario, il rinnovamento politico-amministrativo della Sicilia e uomini e fatti della rivoluzione; la terza, più varia, contiene atti della rappresentanza civica, memorie, rendiconti, poesie, diari del tempo fra le quali le memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese - Il diario inedito di Enrico Albanese - Le lettere di Giuseppe Bracco al conte Michele Amari - Il diario di Antonio Beninati.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
Dalle memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese: Il 27 maggio 1860. Fa parte di: Documenti e memorie della Rivoluzione siciliana.
Era l'alba del 27 maggio tra quest'alba memoranda e lo spuntar del sole si metteva di mezzo la liberazione della Sicilia. Palermo città fortificata, da più mesi munita da due forti, difesa da tre fregate, presidiata da 22 mila soldati forti di ogni arma, cadeva in men d'un ora all'urto tremendo di un pugno di prodi! I valorosi che tanto operarono furono 800 italiani e 4000 uomini di squadre, ma con un Garibaldi. Tal fatto sublime merita al certo uno dei primi posti nelle storie moderne delle militari imprese.
Garibaldi la notte del 27 moveva da Gibilrossa, procedendo in gran silenzio verso Palermo. All'alba la sua avanguardia incontravasi con gli avamposti regi che accampavansi al bivio della Scaffa, un miglio distante dal Ponte dell'Ammiraglio. Attaccossi la mischia e i regi, piegando sull'ala sinistra che estendevasi al Camposanto, dopo brevissimo tratto disfatti, riparavano al quartiere di S. Antonio.
Gl'Italiani colle loro bajonette e le coraggiose squadriglie incalzandoli e non curando la mitraglia con cui una fregata regia bersagliavali, entravano vittoriosi dalla porta di Termini. Garibaldi il primi varcava la fatal porta; seguivano i prodi emigrati siciliani La Masa, Carini, Campo, Crispi, Mastricchi, Fuxa e La Porta trovavansi con Orsini; Oddo impegnato altrove. Allora i regi di Sant'Antonio, come ancora quei di tutte le caserme interne della città, precipitosamente ritiraronsi al palazzo reale...
Comitato cittadino pel Cinquantenario del 27 maggio 1860: Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
A cura di Giuseppe Pitrè, Luigi Natoli, Pipitone Federico, Alfonso Sansone, Salvatore Giambruno, Giuseppe Travalli, Cesare Matranga.
La prima parte del volume comprende i documenti della rivoluzione, anteriori e posteriori al 4 aprile 1860 fino al 27 maggio. La seconda, una scelta degli atti della Dittatura che propriamente riguardano il periodo rivoluzionario, il rinnovamento politico-amministrativo della Sicilia e uomini e fatti della rivoluzione; la terza, più varia, contiene atti della rappresentanza civica, memorie, rendiconti, poesie, diari del tempo fra le quali le memorie storiche di Filippo e Gaetano Borghese - Il diario inedito di Enrico Albanese - Le lettere di Giuseppe Bracco al conte Michele Amari - Il diario di Antonio Beninati.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
Luigi Natoli: Cadono ardenti patrioti... - Tratto da La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione.
Cade ferito Raffaele De Benedetto;
cadono morti, prime vittime della gloriosa giornata, il dottore Rocco La Russa,
il cavaliere Pietro Lo Squiglio, Pietro Inserillo popolano; giovani, ardenti
di fede, s’erano da tempo votati alla libertà della patria; compivano ora il
voto, morendo dinanzi le mura della città, ove i destini della terza Italia si
decidevano.
Tukory, il nobile ungherese, dinanzi ai
suoi, dopo aver oltrepassato il ponte, si avanza; una palla gli rompe il
ginocchio; cadono feriti lì presso Benedetto Cairoli, Giorgio Manin, Stefano
Canzio, Daniele Piccinini; Bixio è ferito anch’esso. La Masa accorre, obliando
l’alterco, gli domanda affettuosamente: – “Sei ferito?” – “Non è nulla,
grazie;” – risponde Bixio sorridendo, si toglie da sé la palla e ritorna a
combattere.
Ludovico Tukory, ferito il 27 al ponte dell'Ammiraglio,
trasportato all’ospedale del principe di S. Lorenzo, dopo aver subito l’amputazione
della gamba, vi moriva la sera del 6 per sopravvenuta cancrena. Garibaldi ne
diede l’annuncio con commoventi parole. Il cadavere fu il giorno dopo
accompagnato da tutti i garibaldini ancor validi, dal popolo, da’ signori; e
non vi mancarono dame che vollero testimoniare il loro cordoglio per la morte
del prode straniero. Lungo il tragitto, dai balconi della via Maqueda, le donne
si inginocchiavano, bianche e silenziose, e gittavan fiori sulla bara.
Ludovico Tukóry di Koros Hadany in Ungheria, aveva
trentadue anni; aveva combattuto sotto il generale Bem per la sua patria, poi
era andato in Turchia. Nel ‘59 aveva con altri ungheresi seguito Garibaldi in
Lombardia contro il comune oppressore; si era segnalato a Varese e a Como, ed
era stato fra i primi a correre allo scoglio di Quarto. Impavido, avventuroso,
audace, aveva nel pallido volto e negli occhi profondi tutti i sogni della sua
razza.
Insieme a lui morì lo stesso giorno Michele del Mastro di Ortodonico che nel Cilento, aveva
preso parte ai rivolgimenti di Napoli del 1848; esule in Genova, seguì Garibaldi
e con lui combattè alla difesa di Roma. Venuto in Sicilia, semplice soldato
nella 6a compagnia, fu ferito al braccio il 28, in quella stessa barricata ove
cadevano i fratelli De Benedetto ed era ferito Francesco Cucchi, bergamasco.
Riusciti vani i soccorsi dell’arte, Michele del Mastro morì il 9 giugno. La
città e i compagni gli resero solenni onoranze, ed egli fu provvisoriamente
deposto in una tomba accanto a quella di Tukory, nella chiesa di S. Antonino.
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e
altri scritti storici sul Risorgimento siciliano – Raccolta di scritti storici e
storiografici dell’autore sul Risorgimento in Sicilia, costruita sulle opere
originali. Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di
Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana
nel 1860
(Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti
sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile
"Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 -
XVI)
I più piccoli garibaldini
del 1860
(Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso
le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in
Treviso 1927)
Pagine 575 – Prezzo di
copertina € 24,00
Disponibile al sito www.ibuonicuginieditori.it, www.lafeltrinelli.it, Amazon Prime e tutti i siti vendita online.
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Palermo)
Luigi Natoli: L'ingresso a Palermo. Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860.
Ed ora
entriamo con Garibaldi e coi Mille nella “città dei morti”. Ho detto “entriamo?”.
Sbaglio; per seguire il signor Luzio, secondo il titolo del suo scritto, che ho
adottato per questo, dovevo dire “prendiamo”; giacchè si entra in una città che
apre le porte, ma trattandosi di conquiste, una città si prende.
E va benone.
Però.... Ecco, se si dovesse stare alla verità storica, poichè tra il ponte
dell'Ammiraglio e Porta di Termini non c'erano che poco più di 250 soldati
borbonici, e il combattimento, per questo, non fu in sostanza che una
scaramuccia d'avamposti, e la resistenza alla barricata di Porta di Termini
non durò che il tempo di qualche scarica, quella “presa” diventa un po'
esagerata. Ma tiriamo innanzi: queste son piccolezze.
“Palermo
– scrive, dunque, il Nievo – pareva una città di morti; non altra rivoluzione
che sul tardi qualche scampanio”. Intendente bene; sul tardi; sarà stato verso
le otto, verso le dieci, a mezzodì; infatti per un pezzo, secondo il Nievo, i
volontari andavano “uno qua, due là in cerca di Napoletani per farli sloggiare,
e dei Palermitani per far loro fare la rivoluzione, o almeno qualche barricata”.
Altri
scrittori garibaldini dicono che sul primo momento nella strada di Porta di
Termini e nella piazza della Fieravecchia non videro nessuno; ma poco dopo
incominciarono ad aprirsi finestre e porte, e a venir fuori la gente, e in
breve la piazza fu piena stipata.
Così
il Capuzzi, così l'Abba, così tutti quasi. L'Eber dopo aver descritto l'assalto
del Ponte e della barricata di Porta di Termini, racconta: “Presso la Porta di
Termini è la piazza della Fieravecchia. E fu lì che Garibaldi fece la prima
fermata. Bisogna ben conoscere i Siciliani per farsi un'idea della frenetica
acclamazione con cui accolsero l'eroe: ciascuno voleva baciargli le mani ed
abbracciargli le ginocchia; ad ogni momento arrivavano uomini che volevano fare
lo stesso”.
L'Eber, come ho detto, cavalcava accanto a Turr e a
Garibaldi, ed entrava con loro: osservatore più che attore. Egli dunque
assicura, non avendo nessuna Bice da sbalordire, che quando Garibaldi giunse
alla Fieravecchia, il popolo accorreva d'ogni parte. Il Luzio non dirà certamente
che Garibaldi entrò in Palermo a mezzodì. L'Eber, dice che erano le cinque del
mattino; ma non è esatto. Alle cinque si combatteva fra il ponte
dell'Ammiraglio e la porta: i primi legionari entrarono in città verso le
cinque e mezza. Garibaldi alle sei e mezza circa. Garibaldi entrò l’ultimo;
egli assistette all'entrata dei legionari e delle squadriglie, che avveniva in
gruppi, per poter superare, senza danno, fra una cannonata e l’altra, il
crocicchio di Porta di Termini. Infatti, su quel crocicchio e sulla porta non
si ebbe nessun ferito.
Ora può
darsi, anzi è così, che quando entrarono i primi volontari, e con loro il
Mondino, il Bavin-Pugliesi, il Mastricchi,
delle squadre, le strade fossero deserte. Racconta l'Abba, che domandato che
cosa facessero i Palermitani che non si vedevano, a un popolano sbucato “d'
una porta armato di daga” (qualcuno dunque si vedeva) n'ebbe questa risposta: “Eh,
signorino, già tre o quattro volte, all' alba, la polizia fece rumore e
schioppettate, gridando: Viva l'Italia, viva Garibaldi ! Chi era
pronto veniva giù e i birri lo pigliavano senza misericordia”. Questo
particolare è confermato dal diario di Antonio Beninati, il quale sotto la
data 25 maggio, nota.... “durante la notte, come al solito, forti scariche di
fucileria alle porte della città. Dico io perchè sprecare tanta polvere?
Nessuno crede che i nostri possono fare salve di gioia. Vedi un po' quanto son
minchioni! dopo le scariche le truppe gridano “viva il Re!”. Non ci colgono
no, no, e no!”.
Ma v'è un'altra ragione: nel pomeriggio del 26, il governo
faceva affiggere un bollettino dello Stato maggiore, nel quale si affermava
Garibaldi, sconfitto a Parco, in ritirata verso l’interno dell' isola, e
inseguito dalle truppe. Il Comitato o perchè non aveva avuto modo di
controllare la notizia, o perchè non credette di distruggerla, per non svelare
l'inganno in cui le truppe di Von Meckel eran cadute, tacque. La notizia quindi
ebbe credito nella maggioranza dei cittadini. Onde quella momentanea solitudine
silenziosa, che per altro durò che pochi minuti.
Ma quando Garibaldi entrò, la piazza era piena di gente.
L'Eber non era certo un visionario. Nelle Note di Salvatore Calvino, che
apparteneva allo stato maggiore di Garibaldi, si legge: “Entrati in città ci
trovammo subito nella piazza della Fieravecchia.... La piazza era gremita di
gente da non poter contenere una persona di più. È impossibile poter descrivere
le grida e lo entusiasmo di quell'immensa popolazione, in gran parte inerme....
io mi vidi a destra e a sinistra del mio cavallo due patrioti trapanesi, miei
amici, Innocenzo Piazza e Raimondo Amato” (131).
E nel diario Beninati, sotto la data 27 maggio domenica
ore 6.30, dopo alcune brevi note sulle fucilate che s'udivano e la fuga di una
ventina di soldati, si legge: “Scorgo nella via Divisi un piemontese (132), ed
altri dei nostri gridare: “Aprite, siamo i vostri fratelli! aprite!”. Non vi è
più dubbio; i nostri sono entrati; in un minuto, e fra due salti siamo alla
Fieravecchia; le campane della chiesa di Montesanto salutano per le prime
l'arrivo dei liberatori. Con me corrono l'avv. Giovanni, Angelo e Luigi
Muratori; questo ultimo ragazzetto si era armato di un grosso coltellaccio.
Alla Fieravecchia trovo un popolo inerme, gridare: “Viva Garibaldi, viva l’Italia!”
le squadre entrano in ordine sparso: ogni squadra con la bandiera, nella quale
era attaccata l’immagine del santo protettore del paese: Misilmeri S. Giusto;
Bagheria, S. Giuseppe; Marineo, S. Ciro; e così di seguito. Era bello vedere le
“bonache” (133) dei nostri confuse con le camicie rosse...
“Mi
avvicino alla Porta, scorgo una guida a cavallo; da noi si credette che quella
fosse Garibaldi, quindi grida assordanti di evviva; ma quella ci fa gesto che
Garibaldi è dietro; ci avanziamo e vicino al quadrivio si vede una massa armata
e nel mezzo Garibaldi, sorridente, col sigaro in bocca, saluta il popolo: dai
balconi del palazzo di Villafiorita, le signore sventolano i fazzoletti; si
grida: Viva Garibaldi! viva S. Rosalia! Si fa sosta alla Fieravecchia; vedo il
capitano Carini che abbraccia il suo figlio Ettorino; il capitano vestiva con
cappello molle, camicia rossa, ed un cappotto con maniche larghe ricamate con
laccio; il capitano La Masa, vestiva di velluto, con berretto alla spagnola.
“Abbraccio
i miei vecchi amici Vincenzo Capra, Giuseppe Càngeri, fratello di Cono fucilato
il 14 aprile, Giuseppe Naccari, venuto coi Piemontesi, Titta Marinuzzi.... Il
generale fa sosta nella piazza; la prima parola che egli disse fu: “Andate a
raccogliere i feriti”....
“Corriamo
pei feriti. Ma di questi già una buona porzione sono stati raccolti dai
facchini della piazza, e da alquanti cittadini, che privi di un'arma, prestano
la loro opera in sollievo dei sofferenti.... Garibaldi (ore 7) si muove dalla Fieravecchia,
Menotti che ha la mano fasciata tiene la briglia del cavallo.... Il generale
veste con piccolo cappello sugli occhi, camicia rossa, fazzoletto di seta,
color arancione scuro, laccio d'argento e sicari nella tasca della camicia,
calzoni color grigio.... Percorre la via Divisi, via Maqueda, Arco di S.
Giuseppe, e si dirige verso il Carminello....” (134).
Per
una “città di morti” non c’è male: se non altro eran morti che gridavano,
applaudivano, correvano a raccogliere i feriti, sotto la mitraglia, suonavano
le campane; morti-vivi, insomma, e così vivi, che Garibaldi, alle 7 del
mattino, poteva far stampare il suo ordine del giorno, col quale annunziava il
suo ingresso in Palermo; e poteva costituire il Comitato provvisorio, con le
sue varie sezioni.
Prima
di muoversi per andare a Piazza Bologni, Garibaldi, mandò esploratori. Il
Calvino si spinse dalla parte di via Cintorinai; e tutti riferirono che le
truppe regie si erano ritirate nelle caserme, nel forte, e nel palazzo reale. “Il
generale allora – notò il Calvino – ordinò
di marciare dentro la città, ed egli occupò la piazza Bologni”.
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e
altri scritti storici sul Risorgimento siciliano – Raccolta di scritti storici e
storiografici dell’autore sul Risorgimento in Sicilia, costruita sulle opere
originali. Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di
Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana
nel 1860
(Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti
sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile
"Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 -
XVI)
I più piccoli garibaldini
del 1860
(Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso
le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in
Treviso 1927)
Pagine 575 – Prezzo di
copertina € 24,00
Disponibile al sito www.ibuonicuginieditori.it, www.lafeltrinelli.it, Amazon Prime e tutti i siti vendita online.In libreria presso La Feltrinelli Libri e musica (Via Cavour - Palermo)
Luigi Natoli: La discesa cominciò al tramonto... Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860.
La discesa cominciò al tramonto. L'Eber nelle sue
corrispondenze la descrisse minutamente, e salvo in qualche particolare, con
una certa esattezza. Ma con maggior precisione è descritta da Pasquale
Mastricchi. L'Eber infatti credette che le guide siciliane avessero sbagliata
la strada: e invece si tratta di una diversione voluta da Garibaldi. Il Mastricchi,
con otto uomini scelti, marciava alla testa delle squadre, (che formavano, come
si sa, la testa dell'esercito) per sollecitarle. Arrivato a Rappallo,
Garibaldi lo raggiunse, lo fermò, gli fece accendere un fiammifero e guardò l’orologio.
Segnava l’una. Domandò al Mastricchi, al “vecchio di Gibilrossa”, qual era la
strada più corta dal punto dove si trovavano. Il Mastricchi la
indicò. Ma dopo mezzo miglio Garibaldi per abbreviare ancora, fece piegare per
un sentiero che conduceva alla Favara. Lì dinanzi al fondo Guccia, avvenne un
diverbio fra alcuni picciotti che s'eran fermati per bere, e Bixio, sedato e
dalla prudenza del La Masa e dall'intervento del Sirtori. Ma se il Mastricchi,
come siciliano può sembrare sospetto, lasciamolo lì; tanto più che ci
avviciniamo a un'altra seconda fuga, consacrata dal Guerzoni che non c'era; e
teniamoci all’Eber, che se ne stava a osservare, da buon reporter.
Egli
dunque dopo aver narrato che le squadre alle prime case, per un equivoco,
invece di correre in silenzio “cominciarono a gridare Evviva!” svegliando i
soldati di guardia al ponte dell'Ammiraglio e mettendo sulla difesa le
compagnie accessorie a S. Antonino e appostate dietro la barricata di Porta di
Termini, dice:
“L'avanguardia
(dei nostri) invece di sorprendere il posto militare del ponte fu ricevuta da
un ben nutrito fuoco non solo di fronte, ma ai fianchi, dalle vicine case: la
qual cosa gettò una certa confusione fra i Picciotti, che non avevano mai fatta
la guerra”.
Una
certa confusione; non dice altro l’Eber che stava a fianco di Garibaldi e di Turr,
e osservava: non fughe, non sparizioni, o altra simil cosa, inventata per
sciocca esaltazione del valore altrui: e della confusione egli, che non ne
risparmia nessuna alle squadre, dà anche la spiegazione. Dimenticò dire, però,
e forse nol seppe allora, che ciò non ostante i picciotti sostennero il primo
fuoco dei regi e che i primi caduti furono precisamente alcuni capi
squadriglia, Rocco La Russa, Pietro Lo Squiglio e Pietro Inserillo.
“Mentre
i trenta o quaranta uomini dell' avanguardia” (quelli di Tukory) – continua l’Eber – “sostenevano il fuoco,
giunse in fretta il primo battaglione dei Cacciatori, e poichè neanche questo
potè espugnare celermente la posizione, vi fu spedito anche il secondo. I
Napoletani all'impeto dei nostri retrocedono: i Picciotti “ (senta, senta anche
questa il Luzio) “i Picciotti si rinfrancano alla voce dei capi e in ispecie
del Generale e affrontano il fuoco che partiva dalla Porta di Termini”. E qui poteva
aggiungere quali altri delle squadre furon feriti, e ricordare per lo meno Raffaele
Di Benedetto: ma non monta.
“....
Oramai era necessario che tutte le forze di Garibaldi entrassero nella città,
a fine di evitare d'esser aggrediti alle spalle dai regi che stavano al piano
dei Porrazzi. Per ovviare a tale pericolo fu dato ordine che alcune delle bande
si appostassero dietro i muri dei giardini.... Queste diversioni e forse anche
la ripugnanza a combattere in aperta campagna, furono bastevoli a far fronte al
pericolo....; finchè la maggior parte degli uomini delle squadre furono dentro.
Nel tempo stesso fu innalzata una barricata per guardarsi le spalle; il che
piacque tanto ai Picciotti che ne vollero fare un'altra di rimpetto.... Onde
animare i Picciotti, un carabiniere genovese prese quattro o cinque seggiole,
vi piantò sopra una bandiera tricolore e vi sedette tranquillamente per
qualche tempo. L'esempio fece meraviglioso effetto e i Picciotti furono visti
fermarsi nello stradale, intrepidamente, scaricando i fucili”.
Come
mai il Luzio non lesse questo racconto dell'Eber? O forse perchè mandava all'aria
un altro pezzo della verità pura e semplice del Nievo, si consigliò di
sopprimerlo? Ma poichè nè egli lesse tutto Eber, nè questi, e con lui gli altri
storici, approfondirono le loro ricerche, racconterò io alcuni altri
particolari, che attingo alla narrazione del Mastricchi (130) e a documenti.
La
prima compagnia che passò il ponte fu quella di Carini, della quale facevano
parte Alessandro Ciaccio, Giuseppe Campo e Giuseppe Bracco-Amari, mandata
avanti con fra Pantaleo, perchè essendovi molti siciliani, potevan meglio
riordinare e guidare i Picciotti. I quali vergognandosi di quell'istante
d'incertezza, seguirono e si confusero coi volontari, ed entrarono con loro in
città. E questo dice anche l'Abba.
Uno dei primi ad entrare
fu Leopoldo Mondino, come risulta da documenti del 1860, firmati dal Cenni.
Dopo
Nullo, che a cavallo, d'un balzo, attraversò il crocicchio di Porta di Termini,
passò Luigi Bavin Pugliesi, che piantò la bandiera sulla barricata di Porta di
Termini, dopo di lui, Pasquale Mastricchi.
Chi
fu mandato pei giardini per proteggere alla sinistra i volontari, fu l'abate
Rotolo, con la squadra dei Lercaresi, il quale costrinse la
cavalleria appostata nella strada del Secco, a fuggire: a destra fu mandato Vincenzo
Fuxa, alla testa di altre squadre, che attraversati gli orti, si gittò nella
Villa Giulia, donde superando lo stradone di S. Antonino, ora Via Lincoln,
spazzato dalla mitraglia, entrò in città dalla porta Reale, quasi nel tempo
stesso che Garibaldi entrava da Porta di Termini.
Queste
non sono lettere inviate ad alcuna Bice, sono storia, testimoniata dall'Eber;
suffragata dai documenti, dinanzi alla quale le allegre bravate del Nievo, e
quella “verità pura e semplice”, e quelle squadre “addestrate più a fuggire,
che a combattere” non fanno far certo una bella figura a chi le ha inventate.
Povere squadre, le quali per sessantacinque giorni osteggiarono i borbonici;
combatterono tre dì per le strade di Palermo; lasciarono centinaia di morti
sparsi e sui monti e tra le barricate, ignoti, umili, silenziosi, per non aver
altra ricompensa che la calunnia e il dispregio da coloro stessi che, via! pur
si avvantaggiarono dei loro sangue!
Oh
no, questo non è generoso, non è bello, e sopratutto non è giusto; e
il Luzio ripubblicando e dando valore di storia alla sciagurata lettera
del Nievo, ha, creda pure, diminuito la gentilezza di cui coloravamo la figura
del poeta soldato. Con un po' di prudenza e con maggior serenità egli ci
avrebbe risparmiata la pena di vedere in uno dei gloriosi compagni di
Garibaldi, in uno di coloro al cui petto Palermo con fraterna riconoscenza
apponeva il simbolo tricuspide della Sicilia, qualcosa tra il Lelio goldoniano
e il Miles plautino.
Nella foto: Raffaele De Benedetto (ritratto esposto al Museo di Storia Patria - Palermo)
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e
altri scritti storici sul Risorgimento siciliano – Raccolta di scritti storici e
storiografici dell’autore sul Risorgimento in Sicilia, costruita sulle opere
originali. Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di
Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana
nel 1860
(Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti
sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile
"Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 -
XVI)
I più piccoli garibaldini
del 1860
(Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso
le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in
Treviso 1927)
Pagine 575 – Prezzo di
copertina € 24,00
Disponibile al sito www.ibuonicuginieditori.it, www.lafeltrinelli.it, Amazon Prime e tutti i siti vendita online.
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Palermo)
Luigi Natoli: Il raduno delle squadre a GIbilrossa (26 maggio 1860) Tratto da La Rivoluzione siciliana del 1860. Narrazione
Garibaldi chiamò a sé i capi delle squadriglie e i più
noti liberali: v’erano Raffaele De Benedetto, l’abate Agostino Rotolo, Luigi
Bavin-Pugliesi, Giovanni Forceri, il barone Di Marco, Ignazio Quattrocchi,
Liborio Barrante, molti altri, ai quali domandò se fidavano nei loro uomini.
Essi lo assicurarono. Stavano adunati sotto un olivo, e la notte magnifica
stendeva sopra di loro la sua volta costellata; e pareva che le stelle col
tremolìo delle loro fiamme si gloriassero dell’alta impresa che si maturava
nell’ombra silenziosa e corruscante. Garibaldi si fece innanzi sul ciglio del
colle, e mirò l’ampia valle che si allargava, la città dormente o vegliante,
forse pavida del prossimo evento, e i monti in giro fiammeggianti, e disse:
“Domani, dunque a Palermo”. Le quali parole semplici e senza enfasi, ripetè
poco dopo Nino Bixio alle sue compagnie schierate, aggiungendovi, come
riferiscono, un altro motto: “Andremo a Palermo o all’inferno!”.
Stabilito ciò, il Generale spedì la
guida Stassi al Corrao accampato all’Inserra, con l’ordine di fare ogni sforzo
per entrare in Palermo, dal lato nord, la notte sopravegnente.
E intanto quel giorno medesimo lo stato
maggiore borbonico pubblicava il seguente bollettino:
La banda di Garibaldi incalzata sempre si ritira in disordine,
traversando il distretto di Corleone. Gli insorti che l’associavano, si sono
dispersi e vanno rientrando nei rispettivi comuni scorati e abbattuti per essersi
lasciati ingannare dagli invasori stranieri venuti per suscitare la guerra in
Sicilia. Le reali truppe l’inseguono.
Il Capo dello Stato Maggiore
V. Polizzy
E partiva per Napoli il colonnello
Nunziante, portando, come un trofeo della vittoria, le spoglie tolte al povero
Carlo Mosto, dei carabinieri genovesi, morto nella fazione di Parco!... E il
generale Lanza se ne andava a dormire tranquillamente lieto di aver distrutto
con tanta facilità il nemico, né dubitando punto della tempesta che fra poche
ore gli sarebbe scoppiata sul capo.
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana del 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano.
Raccolta
di scritti storici e storiografici dell’autore sul Risorgimento in Sicilia,
costruita sulle opere originali. Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di
Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana
nel 1860
(Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti
sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile
"Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 -
XVI)
I più piccoli garibaldini
del 1860
(Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso
le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in
Treviso 1927)
Pagine 575 – Prezzo di
copertina € 24,00
Disponibile al sito www.ibuonicuginieditori.it, www.lafeltrinelli.it, Amazon Prime e tutti i siti vendita online.
In libreria presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour - Palermo)
giovedì 7 maggio 2020
I 65 giorni della rivoluzione in Palermo dal diario dei fratelli Borghese.
I 65 giorni della rivoluzione in Palermo dal diario dei fratelli Borghese. Fa parte di:
Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.Raccolta di documenti e diari a cura di: Luigi Natoli, Giuseppe Pitrè, Giuseppe Pipitone Federico.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibile sul sito La Feltrinelli.it, Amazon e tutti i siti vendita online.
Disponibile in libreria presso La Feltrinelli libri e musica.
I 65 giorni della Rivoluzione di Palermo nell'anno 1860. Diario dei fratelli Borghese
I fratelli Filippo e Gaetano Borghese da Novara di Sicilia, nell'anno 1860, si trovavano in Palermo; il primo come professore di filosofia e lettere, il secondo quale studente di medicina. Essi presero viva parte nei memorandi fatti di quell'anno, tanto nel periodo della cospirazione quanto in quello della Rivoluzione, ed ebbero la felice idea di notare giorno per giorno quanto avvenne d'importante.
Il diario di questi fratelli borghese ora viene ripubblicato nella sua integrità e porta il titolo: I 65 giorni della rivoluzione a Palermo nel 1860.
Nel libretto, contro l'usanza, gli autori vollero mettere, oltre che l'anno (1860) anche il mese (Giugno) onde far vedere la precocità dell'opera.
Palermo, Marzo 1910.
I 65 giorni della Rivoluzione in Palermo fa parte di:
Documenti e memorie della rivoluzione siciliana del 1860.
Raccolta di documenti e diari a cura di: Luigi Natoli, Giuseppe Pitrè, Giuseppe Pipitone Federico.
Pagine 475 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibile sul sito La Feltrinelli.it, Amazon e tutti i siti vendita online.
Disponibile in libreria presso La Feltrinelli libri e musica.
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