Angelo Coppola: La vita di Giuseppe La Masa nella storia del Risorgimento italiano.
Prefazione del prof. Pietro Zambito.
Pagine 439 - Prezzo di copertina € 22,00
Nel 1848 una delle canzoni popolari più in voga, cautamente canticchiata in famiglia, aveva le parole di questa poesia dialettale:
‘Na palummedda bianca
Si mancia la cirasa
Evviva Peppino La Masa
Ca detti la libertà.
La canzone, nascostamente cantata per tutto il periodo della restaurazione borbonica, si ridestò nel 1860 con sincero entusiasmo.
Nel 1919 l’ing. Angelo Coppola, autore di questa accurata biografia su Giuseppe La Masa, conclude il suo studio sull’eroe siciliano facendone il seguente ritratto:
Si può affermare, senza tema di essere smentiti che, nei fatti del 1848 ed in quelli del 1860, nessuno può vantare di avere ottenuto con le proprie influenze, con il proprio entusiasmo, con le proprie attitudini, con la propria fede, con il proprio intuito e con la propria iniziativa, quei meravigliosi risultati ai quali pervenne Giuseppe La Masa, senza le dande delle quali ebbero bisogno tutti, indistintamente, gli altri eroi di cappa o di spada che sogliono pullulare in mezzo al groviglio dei popolari rivolgimenti.
Il suo carattere focoso e intraprendente lo portò in varie circostanze a incomprensioni dalle quali scaturirono vivaci polemiche e screzi financo con lo stesso Garibaldi, che non volle seguire nella campagna continentale. Oggetto di azioni diffamatorie sul suo ruolo ricoperto nella guerra di liberazione dell’Italia meridionale, passò gli anni sessanta e settanta alla difesa del proprio onore. Un giurì appositamente istituito sentenziò a suo favore ma tuttavia lasciò impregiudicata la questione storica.
Di certo Giuseppe La Masa si oppose con fierezza alla tirannide, combattendola sia con le armi nei campi di battaglia, sia con le parole nelle sue numerose pubblicazioni, mostrando sempre il coraggio e la lealtà dei patrioti fedeli alle idee liberali e all’amore per la propria nazione.
Nel 1848 una delle canzoni popolari più in voga, cautamente canticchiata in famiglia, aveva le parole di questa poesia dialettale:
‘Na palummedda bianca
Si mancia la cirasa
Evviva Peppino La Masa
Ca detti la libertà.
La canzone, nascostamente cantata per tutto il periodo della restaurazione borbonica, si ridestò nel 1860 con sincero entusiasmo.
Nel 1919 l’ing. Angelo Coppola, autore di questa accurata biografia su Giuseppe La Masa, conclude il suo studio sull’eroe siciliano facendone il seguente ritratto:
Si può affermare, senza tema di essere smentiti che, nei fatti del 1848 ed in quelli del 1860, nessuno può vantare di avere ottenuto con le proprie influenze, con il proprio entusiasmo, con le proprie attitudini, con la propria fede, con il proprio intuito e con la propria iniziativa, quei meravigliosi risultati ai quali pervenne Giuseppe La Masa, senza le dande delle quali ebbero bisogno tutti, indistintamente, gli altri eroi di cappa o di spada che sogliono pullulare in mezzo al groviglio dei popolari rivolgimenti.
Il suo carattere focoso e intraprendente lo portò in varie circostanze a incomprensioni dalle quali scaturirono vivaci polemiche e screzi financo con lo stesso Garibaldi, che non volle seguire nella campagna continentale. Oggetto di azioni diffamatorie sul suo ruolo ricoperto nella guerra di liberazione dell’Italia meridionale, passò gli anni sessanta e settanta alla difesa del proprio onore. Un giurì appositamente istituito sentenziò a suo favore ma tuttavia lasciò impregiudicata la questione storica.
Di certo Giuseppe La Masa si oppose con fierezza alla tirannide, combattendola sia con le armi nei campi di battaglia, sia con le parole nelle sue numerose pubblicazioni, mostrando sempre il coraggio e la lealtà dei patrioti fedeli alle idee liberali e all’amore per la propria nazione.
Vivo e combatto per la libertà e per l’indipendenza, non per la repubblica, né per la monarchia; perché la scelta della forma di governo deve sentirla e volerla un popolo, non un partito.
Giuseppe La Masa.
L'opera è la ristampa anastatica del volume originale pubblicato dalla Tipografia Nazionale nel 1919.
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