Era un vecchio così strano e dall’aspetto così antico da parere fosse vissuto centinaia d’anni. Sedeva su una roccia, e, siccome poggiava le spalle al muro del castello, sembrava una cariatide incavata a sostenere chi sa quale colonna portata via dalla furia del tempo. Avea una fronte enorme, bozzacchiuta, d’un giallo vecchio scuro che sopravanzava come a far più profonde le buche delle occhiaie, dove si perdevano, in un’ombra cupa, gli occhi piccoli e neri, ma d’un nero opaco, smorto; gli zigomi sporgenti facevano più piccoli il naso e il mento acuti, sì che, vista da lontano, la testa, nell’insieme, prendea l’aspetto d’un cuneo di pietra gialla coperto al sommo da uno strato di calcina, cui somigliava la massa di capelli bianchi.
L’Addiminavinturi ricominciò: – Un’altra volta – sei volte era passato l’inverno da quando aveano fucilato Nicolò Garzilli e stava per cominciare l’altro inverno, e poco ci mancava alla festa dei nostri morti – un uomo di campagna (era di Corleone e si chiamava Ciccio Bentivegna) anche lui volle mettersi contro il gigante Borbone. Aiutato da molti paesani s’avanzavano armati.... Ma re Borbone e Maniscalco, il padrone di Palermo, mandarono soldati quanti ne vollero con cannoni e fucili e mezzo mondo, e li sterminarono. Ma Ciccio Bentivegna fu salvo. Zitto zitto, passa questo paese passa quell’altro, mangia e dorme in questa casa mangia e dorme in quell’altra, chè nessuno aveva paura di ospitare un fratello cercato dai birri. Camminava verso Sciacca, che è paese di marina e di dove poteva salpare per Malta o per il Piemonte, dove ci sono ancora tanti fratelli nostri colà rifugiati.
Cammina cammina cammina, era giunto a buon punto quando incontra un suo amico; ma amico di quando era piccolo. A vederlo gli si allargò il cuore; si gettò fra le sue braccia; e dicendogli: “Fratuzzu, sono nelle tue mani” gli contò tutto, ossia che i soldati del Borbone lo cercavano per ammazzarlo come Cristo in persona.
L’amico – si chiamava Milone – gli disse: “La mia casa è tua!” Ma quando l’infame lo ebbe chiuso dentro ben bene, corse a chiamare i birri e glielo consegnò tale quale fece Giuda. E i birri subito l’ammazzarono. E Milone se ne andò da re Borbone a Napoli e gli disse: “Maestà, ho fatto questo e questo”. E il Re disse: “Bravo!” e lo fece cavaliere e gli diede denari e mezzo mondo.
Il vecchio tacque e chiuse gli occhi.... ma tosto li riaperse e soggiunse:
- Ma re Ferdinando campò poco. Se non lo potè ammazzare Agesilao Milano con la baionettata che gli dette mentre si godeva tutti i soldati messi in parata, lo fece morire il Signore. E suo figlio Francesco (sta scritto nel libro del destino) non morirà Re come suo padre, perché Santa Rosalia, la vergine palermitana che salvò Palermo dal colera, la salverà dalla schiavitù dei Borboni e manderà un guerriero fatato. E tutti quelli che lavorano la terra e quelli che vanno pei monti come siete voi, scenderanno alla pianura, e Palermo sarà libera per secula et seculorum.
Poiché la bocca del vecchio si richiuse nuovamente, i giovani della montagna ricercarono la città nella quale il sole, per uno squarcio delle nubi, mandava un fascio di raggi vibranti come volesse svegliarla dal sonno. E i pastori si sentirono le anime investite da una ventata d’eroismo e si sentirono capaci di fare quello che il vecchio prediceva.
Giuseppe Ernesto Nuccio: Picciotti e garibaldini. Romanzo storico ambientato nella Palermo del 1860.
Il volume è la fedele riproduzione del romanzo originale pubblicato con la casa editrice Bemporad nel 1919 e arricchito dalle illustrazioni di Diego della Valle.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 523 - Prezzo di copertina € 22,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Disponibile su Amazon Prime, Ibs e tutti gli store online.
In libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Nuova Ipsa (Piazza Leoni), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi)
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