V’era fra i nostri esuli il fior dell’ingegno, del sapere, del valore, del patriottismo di Sicilia; e molti illustravano la terra natale, o insegnando o nei civili negozi o con la virtù della vita austera, quali Francesco Ferrara, Emerico e Michele Amari. Francesco Paolo Perez, Michele Amari lo storico, Giuseppe La Farina, Filippo Cordova, Vincenzo Errante, Mariano Stabile, Ruggero Settimo, il marchese Torrearsa, Rosolino Pilo, Francesco Crispi, Giacinto Carini ed altri. Tra i quali alcuni conservavano il loro antico ideale della indipendenza di Sicilia e della confederazione degli stati italiani; altri affinando le menti e modificando i primi ideali di autonomia, venivano convertendosi all’idea unitaria di Giuseppe Mazzini; ma non tutti convenivano nei mezzi; giacché alcuni, stringendosi al Piemonte, aspettavano dalla diplomazia la libertà e unità della patria; altri invece, più schiettamente democratici, speravano nella pronta azione rivoluzionaria e seguivano il Mazzini. Tutti però cospiravano e corrispondevano coi patrioti dell’isola, concertando, incoraggiando, promettendo.
La polizia intercettava le lettere, sorprendeva i segreti, procedeva ad arresti: tuttavia la parola del grande Apostolo penetrava e costituendo nuovi centri della Giovine Italia, infiammava gli spiriti. Il prete Domenico Mastruzzi compose un fervido proclama, che venne in potere della polizia; onde egli fu preso, e martoriato dal tenente dei gendarmi De Simone, maestro di crudeltà; e mandato a giudizio con altri, ne avevano condanna ai ferri. Ciò non impedì che si costituisse un comitato centrale esecutivo, in relazione col comitato di Londra di cui era anima il Mazzini, e fedeli interpreti Francesco Crispi e Rosolino Pilo, infaticabili sempre; e coi comitati degli esuli di Genova, Marsiglia, Parigi e Malta: e già concertata ogni cosa per insorgere, si provvedevano i mezzi finanziari, quando per la troppa fiducia di uno dei cospiratori e di un prete, la polizia ebbe nelle mani le fila della vasta trama: il prete, un tal Papanno, ottuagenario, ne morì di cordoglio nelle prigioni, dove molti altri marcirono. Ma per venti cospiratori arrestati, altri cinquanta sorgevano a prenderne il posto; ché i processi mostruosi imbastiti su semplici indizi, e le prigionie crudeli e le torture non sgomentavano e non intiepidivano i cuori.
Le carte degli archivii contengono i nomi di questi generosi, molti dei quali noi conoscemmo vecchi, semplici e modesti, vivere dimenticati nell’ombra, senza vanterie e senza lamentele. Il governo di Sicilia mostravasene soddisfatto, ma non così da non riconoscere i pericoli dell’occulto lavoro delle associazioni segrete “conventicole tenebrose”, dice un documento ufficiale, “ove si temprano le armi per le rivoluzioni”. Le relazioni della luogotenenza al governo di Napoli sono in quegli anni piene di preoccupazioni, e rappresentano le varie provincie dell’isola, quale più, quale meno, in un perenne e pericoloso stato di agitazione latente: e difatti si costituivano qua e là comitati, e uno più numeroso in Palermo, con antichi e nuovi elementi: del quale faceva parte G. Vergara di Craco, Luigi La Porta, Salvatore Spinuzza, Francesco Bentivegna, Vittoriano Lentini, Enrico Amato, Pietro Lo Squiglio, Mario Emanuele di Villabianca; e molti altri; v’entravan pure i fratelli Sant’Anna, i fratelli Botta e di Termini il dottor Arrigo e Giuseppe Oddo, da Girgenti i fratelli Grammitto. Mazzini incorava con le sue lettere di fuoco; e l’opera di propaganda e di preparazione era andata così alacremente innanzi, che s’aspettava per insorgere l’invio di quattrocento uomini, dal Mazzini promessi per guidare la rivoluzione.
Mentre la democrazia, animata dalla voce di Giuseppe Mazzini, fecondava col sangue la rivoluzione e cementava nell’unità ideale le genti d’Italia da secoli divise, la diplomazia piemontese andava sempre più stringendo legami con l’impero francese; e il Piccolo Corriere, giornale fondato e scritto da Giuseppe La Farina, messinese, esule, grande ingegno, ma fiero partigiano, da Mazzini passato a Cavour, cercando di convertire gli spiriti alla politica del Piemonte, diffondeva l’idea nazionale anche fra i timidi e gli irresoluti.
L’inaspettato armistizio di Villafranca, voluto da Napoleone III, che temeva complicazioni a suo danno, arrestando il corso delle vittorie, e lasciando Venezia nelle mani dell’Austria, parve a tutti un tradimento, che ritardava il compimento dell’unità nazionale; e dissipando le speranze degli uomini d’azione, che avevano dato alla monarchia di Savoia il loro leale concorso, li persuase che nulla più era da aspettare dalla diplomazia, tutto invece dalla rivoluzione della Sicilia, alla quale i tempi erano già maturi. E questo riconoscevano anche gli uomini di parte più moderata: se non che il partito d’azione, ritornato al verbo di Giuseppe Mazzini, voleva far da sé, anche contro la monarchia di Piemonte; mentre quelli volevan sì la rivoluzione, ma di concerto e con l’aiuto del Piemonte. Comunque, gli sguardi d’ogni parte si volgevano in Sicilia, donde lo spirito profetico di Mazzini presentiva che sarebbe venuta la salvezza dell’ideale unitario.
“Salvo casi imprevisti – scriveva a Nino Bixio in quei giorni – avremo insurrezione siciliana; sarà regia, unitaria; abbandonarla, lasciarla sola contro le forze tutte del re, è un condannarla a essere schiacciata”; e nell’agosto dello stesso anno scriveva al Ricasoli: “otto o diecimila uomini e il nome di Garibaldi e il moto di Sicilia preparato da lunga mano sono l’insurrezione del regno. La salute d’Italia è nel Sud”. E ciò intendevano gli esuli siciliani o no, che a quelli del Maestro univano i loro incitamenti; e Rosolino Pilo e Francesco Crispi da Genova e Nicola Fabrizi e Giorgio Tamaio da Malta, spronavano questo o quel patriotta dell’isola, perché si affrettasse il lavoro dei comitati segreti.
Luigi Natoli: La rivoluzione siciliana del 1860. Narrazione. Fa parte di:
Rivendicazioni. La Rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento siciliano – Raccolta di scritti storici e storiografici dell’autore sul Risorgimento in Sicilia, costruita sulle opere originali. Il volume comprende:
Premessa storica tratta da "Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo" ed. Ciuni anno 1935
La rivoluzione siciliana nel 1860 (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910)
Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille (Estratto dal mensile "Rassegna storica del Risorgimento anno XXV - Fasc. II Febbraio 1938 - XVI)
I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto "La Sicilia nel Risorgimento italiano - Anno 1931)
Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848 - 1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927)
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 575 – Prezzo di copertina € 24,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicuginieditori.it (Consegne a mezzo corriere in tutta Italia) Invia un messaggio al whatsapp 3894697296 o alla mail ibuonicugini@libero.it
On line su Amazon, Ibs e tutti gli store
In libreria a Palermo presso La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele), Nuova Ipsa editore (Piazza Leoni), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15)
Nessun commento:
Posta un commento