Prima però ch’io incominci a narrarvi nei suoi particolari la storia del tentativo rivoluzionario del Novembre 1856 mi permetterete ch’io a larghi tratti vi delinei la figura austera, e nobile, e gloriosa del martire Bentivegna, nonché quella del giovane ardimentoso Cavaliere Nicola Dimarco.
Francesco Bentivegna, figlio di Giliberto, e della Marchesa Teresa De Cordova da Palermo, era nato in Corleone nel 1820, aveva fatto gli studi in Palermo, i suoi genitori lo tenevano presso di loro occupandolo nell’agenda di campagna possedendo essi molte terre.
Nel 1848, scoppiata la rivoluzione in Palermo il Francesco Bentivegna, ed il fratello Filippo valoroso tiratore di fucile, formarono in Corleone una numerosa guerriglia di valorosi ed arditi giovani, si recarono in Palermo a combattere le milizie Borboniche: fu in quel tempo ch’io ebbi il piacere di conoscere ed apprezzare il valore dei fratelli Bentivegna.
Quando si diede principio ad organizzare la milizia siciliana, il Francesco Bentivegna ebbe il grado di Maggiore.
Aperto il Parlamento Siciliano nel giorno 25 marzo 1848, Francesco Bentivegna fu eletto rappresentante di Corleone, e fu tra i primi che nella seduta del 13 Aprile dello stesso anno che si decretò la decadenza dei Borboni del Regno della Sicilia.
Nel 1849 quando le truppe Borboniche comandate dal Generale Principe di Satriano vincitore di Messina e Catania, si erano avvicinate presso Palermo, il Francesco Bentivegna coi colonnelli Giacinto Carini e Francesco Ciaccio, di carissima rimembranza, sostennero varii attacchi nei Monti di Menzagno Belmonte, e nelle vicinanze di S.a Maria di Gesù pugnando con molto sangue freddo, dando prova di valore e coraggio.
Firmata la capitolazione della resa di Palermo col Principe Satriano, ed i traditori della patria, che da molto tempo erano in segreta corrispondenza col Borbone, il povero mio amico Bentivegna, mentre le regie truppe entravano in Palermo dalla parte orientale, ne usciva dalla parte occidentale pigliando la via di Monreale, maturando sempre nel suo pensiero di giungere alfine di liberare la Sicilia del Borbonico giogo.
Egli aveva congiurato pure con Nicolò Garzilli nel tentativo rivoluzionario nella sera del 27 Gennaio del 1850 nella piazza della Fieravecchia, oggi piazza della Rivoluzione, che il Garzilli pagò col proprio sangue quel movimento ardimentoso e non ancora maturo, e che il giorno 28 Gennaio venne moschettato nello stesso sito con altri cinque suoi compagni.
Il Bentivegna non cessava mai di congiurare, tanto è così vero che nel 1854 si univa spesso, quasi ogni sera, nella Farmacia di certo Don Carlo Romano in via Castro in Palermo. Una sera la detta farmacia venne circondata da numerosa forza, e nella dietro bottega venne trovato il Bentivegna con Luigi La Porta ed altri amici, i quali sotto buona scorta coi ferri ai polsi furono condotti nel carcere del Forte Castellammare languendo per molto tempo a pane ed acqua.
Il Giudice della Corte Criminale di Palermo, certo Antonio Calabrò che era l’anima del Ministro di Polizia Maniscalco istruì un voluminoso processo contro gli arrestati, la difesa fece delle proteste, e per conflitto giuridico il processo fu rimandato alla Corte Criminale di Trapani.
Nel mese di Maggio del 1856, questa Corte rimetteva tutti gli accusati in libertà, non vedendo bene assodata la loro colpabilità. Un elogio a quei Magistrati siciliani integerrimi dei tempi passati, i quali disprezzando le pressioni che loro venivano imposte dal Governo, emanarono una sentenza conforme alla legge e alla propria coscienza.
Spiridione Franco: Storia della rivolta del 1856 in Sicilia organizzata dal barone Francesco Bentivegna in Mezzojuso e da Salvatore Spinuzza in Cefalù. Entrambi traditi, vennero arrestati e fucilati. Altre 24 persone ebbero sentenza di morte. Prefazione del prof. Santo Lombino, direttore del Museo delle Spartenze in Villafrati.
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